Bagdad, strage delle donne Freddate con i silenziatori

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«Questa è la fine delle prostitute in Iraq», si legge sulle scritte in vernice nera lasciate minacciose sul retro delle porte. A terra tracce di sangue. Tanto sangue, segni di corpi trascinati sul pavimento. E buchi di sventagliate di proiettili sui muri. Sono le immagini del nuovo massacro di civili nel centro della capitale irachena. Ma questa volta le vittime sono soprattutto donne, apparentemente prostitute in uno dei tanti bordelli segreti di Zayouna, uno dei quartieri oggi a maggioranza sciita nelle zone orientali di Bagdad. I numeri della strage sono riportati in modo confuso dai media locali, per lo più concentrati invece sullo scontro con le milizie sunnite nel nord-ovest e sulla crisi di governo che paralizza il Paese. Ma sembra che i morti siano almeno 29, di cui 25 o 27 donne. «Le morte sono prostitute che erano state avvisate. Già in passato ci sono stati attacchi contro i bordelli. Sono avvenuti due mesi fa nello stesso luogo. E sempre a Zayouna nel maggio 2013, quando vennero uccise almeno 12 donne», ci raccontano dalla popolare televisione Iraqia .
L’attacco è avvenuto sabato sera. Un folto gruppo di uomini armati, alcuni vestiti con uniformi militari, altri in civile, sono arrivati nella strada delle due palazzine sembra sparando in aria. Secondo almeno una versione, i loro mitra e pistole erano dotati di silenziatori. L’azione è stata rapida. Il commando conosceva il quartiere. Non è difficile. Anche se le donne e i loro clienti sono discreti. Le nuove leggi irachene vietano espressamente la prostituzione. Tutto diverso dai tempi della dittatura di Saddam Hussein, quando era formalmente perseguita, ma nei fatti tollerata. Le donne col velo nero arrivavano a offrirsi per la strada persino nei quartieri centralissimi di Karrada e Mansour. I club privati proliferavano. Ci venivano anche i ricchi dei Paesi del Golfo, gli sceicchi del petrolio.
Oggi sanno che rischiano grosso. Sul tavolo non è la condanna a una forte multa, o al massimo qualche mese di prigione. Ora rischiano la vita. Ma Zayouna è nota per i suoi bordelli. Gli assassini non hanno dato alle donne alcuna possibilità di fuga. Pare siano stati rinvenuti i cadaveri anche di quattro o cinque uomini. «Abbiamo trovato le donne morte già sul ballatoio e lungo le scale. Negli appartamenti i loro corpi erano dovunque, riversi sui sofà, nei bagni, sui tappeti, nelle camere. Una ha provato a nascondersi nell’armadio della cucina. Ma non ha avuto scampo», raccontano gli agenti accorsi sul posto. Chi sono gli assassini? La polizia e il ministero degli Interni non si sbilanciano. Ma i media locali puntano il dito contro le milizie sciite, specialmente i «sadristi» legati all’imam Muqtada al Sadr, o ancora più facilmente gli estremisti dello Asab Ahl al-Haq, un gruppo armato cresciuto negli ultimi tempi grazie alla mobilitazione degli sciiti per fronteggiare le sempre più aggressive milizie sunnite legate al «nuovo Califfato». «Zayouna è abitato anche da una piccola minoranza di cittadini sunniti, ma è controllata solo dalle milizie sciite», osservano. Probabilmente non è un caso che il massacro avvenga in concomitanza della crescita di zelo religioso che caratterizza il Ramadan.
Ma un secondo motivo sarebbe molto più terreno: è oggi in atto una forte competizione tra le milizie sciite per raccogliere volontari e finanziamenti tra la popolazione. La guerra alla prostituzione sarebbe dunque un sistema semplice e poco pericoloso per dimostrare la propria presenza sul territorio e la volontà di agire. In ogni caso, quest’ultimo massacro rimarca il caos violento in cui sempre più precipita l’Iraq. Nelle ultime ore le strade e le cittadine attorno alla capitale sono state insanguinate da auto bomba e sparatorie che hanno lasciato a terra una trentina di cadaveri. Il Parlamento ha intanto rinviato per la terza volta consecutiva le votazioni per la formazione del nuovo governo. La paralisi politica interna non può che facilitare l’indipendenza anarchica delle milizie.
Lorenzo Cremonesi


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