Cento morti a Tripoli, esplode deposito di greggio
La Libia è fuori controllo. Una forte esplosione ha distrutto ieri il più grande deposito di greggio di Tripoli, che ospita 6,6 milioni di litri di carburante. Un incendio ha coinvolto due cisterne all’interno del deposito. Secondo la National Oil Company (Noc), le fiamme sono fuori controllo. Il deposito appartiene alla compagna petrolifera Berga e si trova sulla strada che conduce all’aeroporto di Tripoli, controllata dai miliziani di Zintan.
Dopo l’esplosione, il governo ad interim dell’ex ministro della Difesa Abdullah al-Thinni ha fatto appello all’«assistenza internazionale» per contenere l’esplosione. Il governo uscente ha parlato di imminente disastro umanitario e ambientale. Nei mesi scorsi, il fallito tentativo di raggiungere un accordo per la messa in sicurezza dei terminal petroliferi tra governo di Tripoli e separatisti della Cirenaica, è culminato nella vendita illegale di greggio al cargo nord coreano Morning Glory da parte dei miliziani di Bengasi. E così, come nella battaglia per il controllo dell’aeroporto di Tripoli, andata avanti per oltre 15 giorni, causando 97 morti e 404 feriti, secondo le autorità libiche, gli scontri tra le milizie di Zintan, vicine all’ex generale e agente Cia Khalifa Haftar, e i jihadisti, Scudo di Misurata e i Libya Revolutionaries Operations Room (Lror), sarebbero all’origine dell’esplosione di ieri.
I vigili del fuoco hanno tentato di domare le fiamme mentre raggiungevano una prima cisterna del deposito di greggio, ma hanno dovuto evacuare la zona quando l’incendio ha travolto nuovamente l’area. La stampa locale ha riferito della testimonianza di Mohamed Al-Harrai, portavoce della Noc. «Dei proiettili hanno colpito la seconda cisterna che ha preso fuoco», ha spiegato Harrai. Le autorità libiche hanno chiesto ai residenti, entro cinque chilometri dall’area dell’esplosione, di lasciare la zona per il timore di nuovi incendi. Tuttavia, per le precarie condizioni di sicurezza, l’evacuazione è ancora in corso. Domenica, 38 persone sono rimaste uccise nel centro di Bengasi in scontri tra milizie filo-governative e jihadisti. Da giorni, sono continui i black-out elettrici nella capitale, mentre i cittadini di molte città libiche denunciano la mancanza di acqua e gas.
Stati uniti, Gran Bretagna, Arabia Saudita, Olanda, Francia e Nazioni unite hanno ritirato nei giorni scorsi il personale delle rispettive ambasciate e uffici di rappresentanza dal paese. Il segretario di Stato John Kerry aveva parlato di «rischio reale», soprattutto per «diplomatici e cittadini americani». Ieri anche Berlino e Vienna hanno deciso di chiudere le ambasciate in Libia. La Farnesina ha trasferito oltre 100 italiani nei paesi vicini. Il Cairo ha avvertito gli egiziani di non partire per la Libia, chiedendo a chi si trova nel paese di cercare di spostarsi verso il confine con la Tunisia. 23 egiziani sono morti ieri a Tripoli quando un razzo ha colpito la loro abitazione durante gli scontri tra milizie rivali per il controllo dell’aeroporto della capitale.
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