Eni, a Gela si ferma il petrolchimico

Eni, a Gela si ferma il petrolchimico

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PALERMO . Gela si ferma per difendere il petrolchimico che rischia di essere abbandonato dall’Eni. A nulla servono le rassicurazioni dell’amministratore delegato Claudio Descalzi sul futuro della raffineria. In migliaia manifestano per le vie del centro: per i sindacati almeno 20 mila persone, 4 mila per la Questura. Ma oggi si replica in tutto il gruppo: in programma lo sciopero dei 30 mila dipendenti dell’Eni in Italia e a Roma previsto un sit-in davanti a Palazzo Montecitorio. La tensione rimane altissima e i sindacati chiedono «chiarezza sul piano industriale».
Ad aprire il corteo che si snoda per le strette vie di Gela la leader della Cgil Susanna Camusso, il vescovo di Piazza Armerina Rosario Gisana, il sindaco Angelo Fasulo e il governatore siciliano Rosario Crocetta. Comizio di chiusura nella centralissima piazza Umberto, stracolma di operai, studenti e persone arrivate da tutta l’Isola a dare il loro sostegno alle tute blu. «È indubbio che il piano che l’Eni ha presentato è particolarmente pesante oltre che sbagliato rispetto a tutto il Mezzogiorno — dice la Camusso — non si capisce perché in un Paese che ha un drammatico problema d’infrastrutture si cominci ad abbandonare proprio chi le infrastrutture le ha». «Sta
saltando il sistema industriale e non possiamo permettere che i gruppi controllati dallo Stato, a partire dall’Eni, non investano e non difendano l’occupazione nel nostro Paese», aggiunge Maurizio Landini, segretario generale della Fiom Cgil.
Sul palco anche il segretario generale della Uiltec, Paolo Pirani: «Non possiamo restare a guardare di fronte a promesse non mantenute e appaiono poco credibili anche le rassicurazioni di Descalzi sul mantenimento dei livelli occupazionali di Gela, come è poco credibile che un paese che estrae petrolio lo faccia poi raffinare in giro per il mondo».
Ad arringare la piazza è però soprattutto il governatore Crocetta, gelese ed ex sindaco della città: «Non permetteremo assolutamente lo smantellamento dello stabilimento e la riduzione dei posti di lavoro —
— l’Eni non può pensare assolutamente di spremere Gela come un limone». Crocetta è convinto che l’Eni voglia chiudere la raffineria «per poi raffinare il petrolio estratto in Sicilia in altri siti: allora spiegateci perché volete il petrolio siciliano? — urla dal palco — Perché volete autorizzazioni per i pozzi, e perché pensate che il petrolio siciliano non debba essere lavorato in Sicilia ma nelle raffinerie della Padania, come mi è stato detto da un dirigente Eni. Mercoledì saremo a Roma, e se la linea dell’Eni dovesse essere dura noi saremo ancora più duri».
A Gela il timore, nemmeno tanto velato, è che un intero territorio venga consegnato al malaffare e alla mafia: «L’alternativa al petrolchimico sarebbe la disperazione, significherebbe affidare alla delinquenza fasce importanti della nostra città» dice il sindaco Fasulo. Intanto oltre tremila famiglie che vivono dei fumi della raffineria rimangono con il fiato sospeso.



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