Hamas fa saltare la tregua Israele: ora azione più vasta

GERUSALEMME — Hamas dichiara di non essere stato consultato e si comporta come tale. Il cessate fuoco proposto dagli egiziani viene accettato da Israele che dalle 9 di ieri mattina smette di bombardare la Striscia di Gaza. Da dove invece continuano a partire missili, razzi, colpi di mortaio, alla fine della giornata quasi 130 proiettili verso le città israeliane. La raffica contro Tel Aviv, nel pomeriggio, viene rivendicata insieme da Hamas e dalla Jihad islamica: il messaggio è rivolto ai mediatori del Cairo, le fazioni palestinesi sono unite.
Dopo aver fermato per qualche ora i raid, il premier Benjamin Netanyahu dà ordine ai generali di ricominciare. Alla sera parla alla nazione: «La decisione da parte di Hamas di respingere la tregua non ci lascia alternativa. Pagheranno per questa scelta. L’offensiva verrà allargata e intensificata». In otto giorni di conflitto i morti a Gaza sono quasi duecento, per la maggior parte civili. Ieri la prima vittima israeliana: un uomo di 38 anni non è sopravvissuto alle ferite per un colpo di mortaio, era un volontario che distribuiva cibo e dolci ai soldati posizionati attorno alla Striscia.
I capi di Hamas non possono permettersi — dopo la morte e la distruzione a Gaza — di accettare l’offerta egiziana, che in sostanza ristabiliva le condizioni fissate nel novembre 2012 dopo otto giorni di guerra. Adesso chiedono che gli israeliani tolgano il blocco economico (improbabile che succeda) e che gli egiziani aprano il valico di Rafah (è un punto in discussione). Tra le richieste anche la scarcerazione di 56 detenuti arrestati in Cisgiordania dopo il sequestro-omicidio dei tre ragazzi israeliani. In questo caso i giudici verrebbero in soccorso alla mediazione: potrebbero decidere nei prossimi giorni che la detenzione non può proseguire, i prigionieri erano stati già liberati nell’accordo-scambio per il caporale Gilad Shalit.
Oggi al Cairo arriva Abu Mazen, il presidente palestinese, e dovrebbe cercare con Abdel Fattah al Sisi una proposta che Hamas possa accettare. Gli egiziani sarebbero pronti ad aprire la frontiera a sud della Striscia, se il controllo venisse affidato alle forze di sicurezza del presidente palestinese. Che rientrerebbe in gioco a Gaza, dopo averne perso il controllo nel 2007. Netanyahu cerca invece di riprendere il controllo della coalizione di governo. Ha licenziato Danny Danon, viceministro della Difesa, per aver criticato pubblicamente le sue decisioni militari. Danon, che rappresenta l’ala oltranzista nel partito del primo ministro, se n’è andato strepitando: «Non accetterò lo spirito flaccido e sinistrorso del premier». Anche Avigdor Liberman preme perché la campagna contro Hamas si trasformi in una vera e propria invasione: «Non ha senso puntare al cessate il fuoco, dobbiamo rioccupare la Striscia e liberarci dei terroristi una volta per tutte».
I fondamentalisti avrebbero deciso di aprire a intermittenza il punto di passaggio verso Israele a nord: il valico — dicono — tornerà a funzionare quando verrà garantita la sicurezza, l’esercito ha bombardato la loro postazione. Così rischiano di restare bloccati i pochi feriti che vengono lasciati passare, gli operatori umanitari e i giornalisti.
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Arabia Saudita, continua la repressione silenziosa
Proteste e repressione in Arabia Saudita – Foto: Amnesty ©REUTERS/Z.Ghawas
Si parla troppo poco di Arabia Saudita. Certamente alcune notizie importanti giungono anche sui nostri mezzi di comunicazione (meglio fanno quegli esteri) ma sono spesso avvolte, anche quando si tratta di avvenimenti molto tragici, da un velo favolistico oppure da un esotismo folkloristico. Lo sciopero delle donne che finalmente vogliono poter guidare, la morte del principe ereditario Sultan (che aveva almeno 84 anni) che doveva succedere all’anziano (88 anni) e malato Re Abd Allah, qualche esecuzione di condanna a morte decapitando con la sciabola d’oro, sono narrati come se fossimo in “Mille e una notte” oppure con la supponenza un po’ ilare di chi si ritiene superiore ai barbari beduini del deserto, divenuti casa regnante nel 1932. Basta che i pozzi di petrolio dei sultani funzionino e ci facciano arrivare costantemente fiumi di oro nero per far funzionare le nostre economie e le nostre città .