Indesit lava all’americana i Merloni vendono il gruppo al colosso Usa Whirlpool

Indesit lava all’americana i Merloni vendono il gruppo al colosso Usa Whirlpool

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Margherita bye bye. La storica lavatrice a marchio Ariston che negli anni novanta è entrata nelle case di tutti gli italiani è stata appena acquisita dall’americana Whirlpool. Indesit Company, colosso europeo degli elettrodomestici nato a Fabriano intorno alla Ariston, entra così a far parte del colosso Usa che in Italia controlla già Ignis. La famiglia Merloni – che ha fondato il gruppo e che congiuntamente controlla il 60,8% del capitale ha accettato di vendere il pacchetto di maggioranza a 11 euro per azione (758 milioni in tutto), mettendo gli interessi dell’azienda prima del proprio tornaconto e rifiutando un’offerta ben più generosa, ricevuta dai cinesi di Sichuan. «La nostra priorità è stata identificare un partner che avesse le caratteristiche per continuare ad assicurare a Indesit e alle sue persone una storia di successo spiega Aristide Merloni, nipote del fondatore e figlio di Vittorio che ha trasformato un’azienda familiare in una multinazionale -. Whirlpool è un leader mondiale e un gruppo solido, che ha già dimostrato di saper valorizzare le competenze che il nostro Paese è in grado di esprimere anche attraverso un forte radicamento territoriale». Oltre agli eredi di Vittorio Merloni che gestiscono l’azienda e attraverso Fineldo hanno il 42,7% di Indesit, anche gli altri rami della famiglia come la sorella Ester (13,2%) e la nipote Claudia (4,4%) hanno ceduto le loro azioni a Whirlpool, rinunciando a spuntare un prezzo superiore, per assicurare al gruppo di Fabriano un futuro più brillante. Dal matrimonio tra Indesit e il colosso che capitalizza 11 miliardi di dollari, nascerà il leader europeo degli elettrodomestici con circa 5 miliardi di fatturato e una quota di mercato superiore a Bosch-Siemens. «Questa operazione posiziona il nostro business europeo su un percorso di crescita e di continua creazione di valore – ha spiegato Jeff Fettig, presidente e ad del gruppo Usa, che finora ha incontrato notevoli difficoltà a emergere nel Vecchio continente -. Un risultato che otterremo insieme a una società di riconosciuto standing come Indesit».
Nonostante le rassicurazioni di Whirlpool – che peraltro si è impegnata a investire altri 280 milioni in Italia – i sindacati ieri erano in allerta. «Esistono i presupposti perché l’acquisizione di Indesit da parte di Whirlpool – fa notare Rocco Palombella, segretario generale della Uilm – avvantaggi la società acquirente a scapito della acquisita». La Fiom esprime invece «preoccupazione» facendo notare come «non una parola riguardo i dipendenti, le produzioni, gli stabilimenti, gli uffici sia stata spesa nel comunicato che annunciava l’operazione». Il presidente delle Marche, Gian Mario Spacca, che aveva incontrato i vertici di Whirlpool, non si aspettava un’intesa a stretto giro, mentre il sindaco di Fabriano, Giancarlo Sagramola, ha richiesto il rispetto degli accordi presi a fine 2013 tra Indesit e i suoi dipendenti. E la vertenza firmata lo scorso dicembre, stabilisce che fino al 2018 non si può fare ricorso a nuove forme di licenziamenti collettivi, pertanto Whirlpool non potrà intervenire per almeno cinque anni. Fatte queste premesse resta l’amarezza che una grande azienda italiana, che negli ha collezionato successi e riconoscimenti sia in termini di brevetti che di design, non è riuscita a mantenere il passaporto italiano.
In Borsa, le azioni (in rialzo del 3%) si sono adeguate ai valori dell’Opa che l’azienda Usa si è impegnata a lanciare allo stesso prezzo riconosciuto al 60,4% posseduto dai Merloni, ma nessuno festeggiava. «Nè la famiglia Merloni né il cda di Indesit avrebbero mai accettato un’offerta ostile a 11 euro fa notare un investitore – non si tiene conto del premio di controllo e per vendere hanno scelto un momento di estrema debolezza, senza guardare alle prospettive attese per il 2015». Vero perché tra debiti e capitale Whirlpool ha valutato Indesit solo 1,5 miliardi, la metà del suo fatturato e meno degli investimenti fatti negli ultimi anni dal gruppo per ammodernare gli stabilimenti in Italia, Inghilterra Polonia e Russia.


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