Kerry arriva in Israele e Palestina «Passi avanti» verso una tregua

by redazione | 24 Luglio 2014 8:29

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GERUSALEMME — I leader di Hamas esultano: «Il blocco dei voli è una grande vittoria». Michael Bloomberg rinuncia al jet privato, sfida loro e i timori dell’ente federale americano. Si è imbarcato a New York, la città di cui è stato sindaco, su un aereo della El Al: «Le restrizioni decise dagli Stati Uniti sono un errore che regala ai fondamentalisti un premio immeritato».
La compagnia di bandiera israeliana sta cercando di aumentare il numero di collegamenti con il resto del mondo per sopperire alle decisioni delle linee internazionali che hanno prorogato la sospensione di altre ventiquattro ore, dopo che martedì un razzo sparato dalla Striscia di Gaza aveva colpito una casa a un paio di chilometri dalle piste.
All’aeroporto di Ben Gurion è atterrato anche John Kerry, il segretario di Stato americano. Assieme a Ban Ki-moon, segretario generale delle Nazioni Unite, sta cercando di mediare il cessate il fuoco. È convinto siano stati fatti «passi in avanti», ha incontrato Benjamin Netanyahu, il premier israeliano, e Abu Mazen, il presidente palestinese. Che ha annunciato di sostenere le condizioni poste da Hamas per arrivare a una tregua, compresa la richiesta a Israele di togliere l’embargo e di liberare i prigionieri già rilasciati nello scambio per il caporale Gilad Shalit e riarrestati di recente.
Khaled Meshaal, uno dei capi del movimento fondamentalista, invita Kerry a visitare Gaza perché «le decisioni finali vengono prese lì» e dichiara dal Qatar che l’organizzazione sarebbe pronta a una calma umanitaria temporanea: «Per ritornare al cessate il fuoco, vogliamo però che le nostre rivendicazioni vengano accettate». Le parole potrebbero indicare l’apertura verso il piano proposto dai leader palestinesi a Ramallah: prima fermare i combattimenti, poi negoziati per l’intesa finale.
La guerra va avanti da oltre due settimane. I morti palestinesi a Gaza sono ormai oltre 680, per la maggior parte civili. I soldati israeliani caduti sono 32, i miliziani uccisi sarebbero quasi 200. I soccorritori che hanno cercato di raggiungere l’area di Shajaiya — sotto bombardamento da quando sei giorni fa è iniziata l’offensiva di terra — descrivono un quartiere distrutto, i palazzi in macerie. Gli israeliani hanno bersagliato ancora l’ospedale Wafa dopo aver avvertito di evacuarlo, la struttura ospita però anche pazienti in coma. Da lì vicino — dicono i portavoce dell’esercito — vengono lanciati i razzi verso le città dall’altra parte. Il fuoco più intenso ieri è finito su Khuzaa, una zona agricola verso Khan Yunis nel sud della Striscia. I testimoni parlano di decine di morti.
Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite ha deciso di istituire una commissione incaricata di indagare sui crimini di guerra che Israele potrebbe aver commesso a Gaza. Netanyahu bolla l’iniziativa come una parodia: «Dovrebbero indagare su Hamas che commette un doppio crimine di guerra lanciando missili contro i civili israeliani e nascondendosi dietro i civili palestinesi». Ieri un colpo ha ucciso un lavoratore straniero in un campo attorno alla Striscia, i civili morti in Israele dall’inizio degli scontri sono tre.

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