L’Onu: “A rischio di infibulazione 4 milioni di donne in Siria e Iraq”

L’Onu: “A rischio di infibulazione 4 milioni di donne in Siria e Iraq”

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NON basta dover fuggire perché sei cristiana, né dover pagare o convertirti per restare, o essere costretta a dare “conforto” sessuale ai combattenti: ora ogni donna, musulmana o di altra fede che sia, rischia una mutilazione finora poco diffusa in Iraq e Siria, se non in certe aree. Infibulazione per le bambine e le adulte fra gli undici e i 46 anni: questo ordina un editto dell’Isis per tutto il territorio fra Iraq e Siria in mano ai jihadisti. Segnalato da giorni ma messo in dubbio da alcune fonti ed esperti, l’ordine del “califfo” Abu Bakr Al Baghdadi ieri è stato citato dalla coordinatrice umanitaria dell’Onu in Iraq Jacqueline Badcock, che ha lanciato l’allarme: le donne che potrebbero subire la mutilazione sono almeno quattro milioni. Le reazioni non mancano, a cominciare dall’ Osservatore Romano che già due giorni fa, dando credito alla notizia, titolava «Il califfato della brutalità», citando fonti proprie secondo le quali «circa 30 bambine sarebbero state già sottoposte alla pratica negli ultimi giorni, mentre due donne sarebbero state lapidate», senza che fossero rese note le accuse.
«Il peccato e il vizio», sono questi i nemici citati dall’editto, dove si spiega: «nel timore che si propaghino tra gli uomini e le donne della nostra società islamica, il nostro signore e principe dei fedeli Abu Bakr Al Baghdadi ha deciso che in tutte le regioni dello Stato islamico le donne debbano essere cucite». Le prime conferme sono arrivate dal portavoce del Partito democratico curdo dell’area di Ninive (che include Mosul) Sa’eed Memozini, che ha segnalato, oltre all’imposizione della mutilazione femminile, come ogni famiglia con tre figli ne debba mandare uno a combattere con l’Isis o pagare una multa e che a tutti i curdi è stato ingiunto di lasciare la città, pena la morte. Ieri, poi, Jacqueline Badcock, collegata con Ginevra dalla capitale della provincia curda Erbil, ha confermato a sua volta e dichiarato che sta cercando ulteriori dettagli: «Si tratta di una cosa del tutto nuova per l’Iraq, le donne non la vogliono certo », ha spiegato, «è gravissimo, bisogna affrontare il problema con la massima urgenza ». L’editto, datato 21 luglio e postato su Twitter, è stato finora respinto da siti e account vicini all’Isis. Colei che è attualmente la numero due dell’Onu sul terreno in Iraq ha però chiarito che l’organismo internazionale, pur non avendo contatti diretti con l’autoproclamato Stato islamico, lavora tramite i capi tribali dell’area, per poi concludere: «Non posso fornire altri dettagli finché non saremo stati sul terreno per avere altre informazioni. Abbiamo già, intanto, anche rapporti che riguardano donne violentate e matrimoni forzati».
Molte le condanne dall’Italia, dove il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e vari gruppi di senatrici e deputate, dal Pd a Forza Italia e Lega, hanno chiesto di «fare
chiarezza» su questa possibile estensione della mutilazione genitale femminile che già riguarda fra 100 e 140 milioni di donne e bambine nel mondo, per la maggior parte in 29 Paesi africani e mediorientali, ma anche fra i migranti, con in Europa 500mila casi stimati e in Italia 40mila. I critici della veridicità dell’editto segnalano che contiene citazioni dei profeti di solito non usate per sostenere la validità della pratica nelle tante parti del mondo dove continua a essere considerata normale o quasi, nonostante la condanna internazionale. Contestano anche l’intestazione e il timbro. L’Onu però mostra di avere fondati motivi per indagare. La cacciata dei cristiani e il resto dei provvedimenti dell’Isis contro la popolazione dei territori dove comanda spingono a credere che l’allarme sia giustificato.



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