Poveri record, un esercito di 6 milioni
Effetto-recessione: un italiano su dieci vive in povertà assoluta. Un record. Ormai gli indigenti sono oltre 6 milioni, il 9,9% dell’intera popolazione, secondo dati Istat del 2013. Rispetto all’anno prima, coloro che vivono sotto una certa soglia che non gli consente neppure di acquistare beni e servizi considerati di prima necessità, sono circa un quarto in più e la metà è al Sud. I poveri relativi superano i 10 milioni.
Al di là delle fredde statistiche, nella fotografia dell’Istat viene fuori una Italia piegata dalle conseguenze della crisi. La povertà assoluta, infatti, aumenta anche tra chi ha un reddito operaio e nelle coppie con due figli. Nel primo caso, solo tra un anno e l’altro, si è passati dal 9,4% all’11,8; nel secondo dal 7,8% al 10,9%: Tra i disoccupati è salita dal 28% (dal 23,6%); tra chi ha tre o più figli dal 16,2 al 21,3%. Nel Mezzogiorno il quadro si fa ancora più allarmante: agli oltre 3 milioni di poveri assoluti, ben 725 mila in più nel periodo considerato, si accompagna un aumento dell’intensità della cosiddetta povertà relativa (dal 21,4% al 23,5), calcolata anch’essa sulla base di una soglia convenzionale che individua il valore di spesa per consumi al di sotto del quale scatta la definizione di povertà relativa Ebbene, Le famiglie meridionali relativamente povere sono il 12,6%, dal 9,8 del 2012. In Calabria e Sicilia si registra un picco: qui un terzo dei nuclei familiari è in questa condizione. Percentuali poco confortanti anche in Sardegna (24,8%), Campania (23,1%) e Puglia (23,9%). Dall’altro lato della classifica, spicca il Trentino Alto Adige, la regione con il tasso di povertà relativa più basso: 4,3%. Seguono Emilia Romagna (4,5%) e Toscana (4,8%). Come sempre la crisi colpisce i più vulnerabili: secondo i dati del 2013 un milione 434 mila minori risultano poveri in termini assoluti; nel 2012 erano un milione 58 mila.
La recessione morde, le famiglie fanno fatica a tirare avanti e altri «nuclei» potrebbero incappare nell’indigenza: il 6,4% rischia ora di diventare «quasi povero», con livelli di consumo superiori di non oltre il 20% rispetto alla soglia di povertà relativa.
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