Suad Amiry “Questa guerra è contro i bambini E il mondo tace”

Suad Amiry “Questa guerra è contro i bambini E il mondo tace”

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« A GAZA si è superato ogni limite umano». Di solito Suad Amiry, scrittrice palestinese e architetto, misura le parole. Stavolta, nonostante un passato da negoziatrice nella delegazione palestinese a Washington tra 1991 e 1993, non è così. Perché l’autrice del celebre Sharon e mia suocera (Feltrinelli) da Ramallah scaglia il suo j’accuse contro il governo israeliano e il premier Netanyahu, a 23 giorni dall’inizio dell’operazione “Margine protettitivo” che sinora a Gaza ha provocato quasi 1.400 morti. «Un quarto delle vittime sono bambini. Questa è una guerra contro i bambini. Bombardano ospedali, scuole, parchi giochi: non ci sono scuse».
Anche Hamas, però, ricorre spesso agli “scudi umani”. Non è allo stesso modo responsabile di questa strage di bambini?
«Io credo innanzitutto che Israele abbia perso il senso della realtà: il suo esercito dice di essere il migliore e il più preciso del mondo, ma qui si stanno attaccando deliberatamente i civili. Anche l’Onu ha condannato i bombardamenti contro le scuole. A Gaza ci sono due milioni di persone sotto assedio, stritolate in una prigione a cielo aperto. E poi ci stupiamo dei morti. È agghiacciante. Questo, sinora, nel silenzio criminale della comunità internazionale. Stati Uniti ed Europa devono saper dire basta a questi crimini di guerra».
Secondo lei la pace è possibile con in gioco un gruppo “terrorista”, a detta di Usa e Ue, che continua con il lancio dei razzi?
«Sia chiaro: io non ho mai sostenuto Hamas. Ma il suo è un governo eletto democraticamente e Israele deve rispettare il voto popolare, soprattutto per poter affrontare meglio la realtà. Dopo decenni di occupazione contro ogni legge internazionale, il blocco totale della Striscia e le offensive degli anni passati, cosa voglia che facciano gli abitanti di Gaza, lanciare fiori a chi li opprime? Quello di Netanyahu è il governo più razzista e di destra che Israele abbia mai avuto».
Israele però ha anche il diritto di difendersi, soprattutto nei confronti di chi ha più volte invocato la sua distruzione, non crede?
«Questo non giustifica un’offensiva così devastante a Gaza nei confronti dei civili. Netanyahu sostiene che il problema siano i “tunnel del terrore”. Ma l’Egitto ha lo stesso problema e non invade la Striscia. Il punto è un altro».
Quale?
«Israele non vuole la pace, né l’unione tra Hamas e Fatah. Cerca sempre un pretesto per conservare lo status quo, accentuare la divisione del popolo palestinese e non restituire i territori occupati, come ha confermato lo stesso Netanyahu due settimane fa. Prima per Israele il presidente palestinese Abu Mazen non era un interlocutore opportuno perché non rappresentava Gaza. Poi, dopo l’ultima alleanza tra Fatah e Hamas, sono stati creati altri pretesti. In 23 anni di negoziati i palestinesi hanno perso sempre più terra. È un governo di bugiardi. Israele oggi ha paura dei moderati come Abu Mazen».
Ma la guerra e gli estremismi fanno comodo anche ad Hamas, non trova?
«È ovvio che negli ultimi tempi Hamas fosse in crisi di consenso a Gaza, anche perché ha perso il sostegno dell’Egitto. Non a caso, di recente ha stretto nuovamente un’alleanza con Abu Mazen. Ma la reazione militare di Israele è immorale. E non funzionerà, affatto. Perché genererà sempre più estremismi, purtroppo».
Anche nella più moderata Cisgiordania, dove lei vive?
«Assolutamente sì. E questo è inquietante. Qui la stragrande maggioranza dei giovani oramai è per la resistenza di Hamas e per rompere il blocco di Gaza che dura dal 2007. Fino a qualche anno fa non era così. Anche perché, dopo Sharon e i muri costruiti negli anni, i due popoli non si conoscono più. E così i cittadini, di entrambe le parti, sono estremamente manipolabili dai governi».
C’è ancora uno spiraglio per la pace in Medio Oriente?
«Israele deve capire che non può tenere i palestinesi sotto assedio per sempre. Noi non ce ne andremo mai da qui. Quindi, l’unica soluzione è arrivare a un accordo tra noi e gli israeliani. Ma l’accordo presuppone un do ut des. Purtroppo, però, Israele sinora ha dimostrato di non voler trattare. L’Olp nel 1993 ha riconosciuto il diritto di esistenza dello Stato di Israele. Israele non ha fatto ancora lo stesso nei confronti della Palestina».



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