Due attentati scuotono Gerusalemme

Due attentati scuotono Gerusalemme

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GERUSALEMME — «Abbiamo altre missioni da portare a termine. Non lasciamo Gaza». Il generale Moti Almoz, portavoce dell’esercito, va in televisione per annunciare che Tsahal considera l’operazione ancora in corso. Nelle stesse ore gli egiziani lasciano filtrare invece che le fazioni palestinesi avrebbero accettato un cessate il fuoco di tre giorni a partire da questa mattina, un’intesa che anche gli israeliani sono pronti a rispettare: in questo periodo — è stato promesso ad Hamas e alla Jihad Islamica dai generali che comandano al Cairo — verranno discusse le richieste delle organizzazioni fondamentaliste.
Tsahal avrebbe raggiunto l’obiettivo proclamato dal governo di Benjamin Netanyahu: distruggere le gallerie scavate dai miliziani sotto la sabbia del deserto per attaccare dall’altra parte del confine. Il premier ribadisce che l’operazione va avanti fino a quando «non verrà ristabilita la calma e la sicurezza». Le città del sud sono state bersagliate anche ieri dai lanci di razzi, intercettati dal sistema Cupola di ferro.
Avigdor Lieberman, il ministro degli Esteri, propone di affidare Gaza a una forza internazionale. Il governo per ora si rifiuta di inviare una delegazione al Cairo, qualunque decisione sarà unilaterale. Abdel Fattah al Sisi, il capo dello Stato egiziano, spera di riuscire a riportare Abu Mazen nella Striscia: il presidente ne ha perso il controllo sette anni fa, dopo un golpe di Hamas. I poliziotti di Abu Mazen dovrebbero diventare i garanti degli accordi, come la riapertura del valico di Rafah, verso l’Egitto, dove Sisi non vuole vedere stazionati i miliziani fondamentalisti.
Ieri gli israeliani e Hamas ancora una volta si sono accusati a vicenda di aver violato la tregua umanitaria entrata in vigore alle 10 del mattino per sette ore. L’aviazione ha colpito una casa nel campo rifugiati di Shati a Gaza, una bambina di otto anni è rimasta uccisa, i portavoce negano che ci siano stati raid durante la pausa nei combattimenti.
La violenza a Gaza è tracimata a Gerusalemme. Un palestinese ha investito e ammazzato con una ruspa un passante ebreo ultraortodosso: prima che un poliziotto lo uccidesse, è riuscito a ribaltare un autobus che però era vuoto, l’autista è solo ferito. Poche ore dopo, un uomo ha sparato da una moto a un soldato israeliano vicino all’ingresso dell’università ebraica: il militare è grave. Gli investigatori li considerano attacchi solitari, non organizzati, come reazione ai ventotto giorni di guerra. Anche a Tel Aviv è stata dichiarata un’allerta terrorismo, quando la polizia ha ricevuto una telefonata che minacciava un attentato al vecchio porto della città, pieno di locali e negozi. I posti di blocco sono stati rimossi nella notte.
La maggior parte delle truppe ha lasciato le zone di Gaza dove i carrarmati e i blindati erano entrati. Le famiglie palestinesi sono tornate alle case devastate, oltre tremila edifici sono stati distrutti o danneggiati, i morti sono quasi 1.900, per la maggior parte civili. Dall’Italia parte oggi un volo umanitario con aiuti di emergenza (trenta tonnellate tra tende, coperte, generatori di emergenza, potabilizzatori per l’acqua) che saranno distribuiti nella Striscia dalle Nazioni Unite: «In attesa che maturino le condizioni per un cessate il fuoco permanente — dice Lapo Pistelli, vice-ministro degli Esteri — facciamo sentire in modo tangibile la vicinanza e la solidarietà al popolo palestinese, che paga le conseguenze più gravi delle ostilità in corso».



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