Baby boomers, il lungo addio della generazione infinita

Baby boomers, il lungo addio della generazione infinita

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NEW YORK. «OGNI 24 ore in America diecimila babyb boomers stanno andando in pensione». A dare le dimensioni di questo esodo generazionale è la Social Security, l’agenzia federale che gestisce la previdenza Usa. È allarme per l’equilibrio delle finanze previdenziali, naturalmente. Ma quella cifra ha anche un altro significato molto più vasto. E’ iniziato il “lungo addio” della generazione più popolosa della storia. Solo negli Stati Uniti i baby boomers — chiamati così perché nacquero nel ventennio eccezionale di boom delle nascite post-bellico, tra il 1946 e il 1964 — sono quasi 80 milioni. Due presidenti aprono e chiudono questa fascia di età: Bill Clinton è il baby boomer anziano; Barack Obama che ha appena festeggiato i suoi 53 anni rappresenta la “coda” dei più giovani. Insieme rappresentano una generazione anomala, irripetibile, non a caso protagonista di tante rivoluzioni: politiche, sociali, sessuali, tecnologiche. Unica nella storia per la sua dimensione: prima dei babyboomers vennero generazioni decimate dalle guerre, e con una longevità più breve; dopo di loro vennero dei figli poco numerosi, assottigliati dalla denatalità (coi baby-boomers nasce anche la pillola anticoncezionale).
Il fatto che i più anziani tra loro comincino ora ad andare in pensione, apre una fase di transizione non solo demografica ed economica. Inizia il passaggio delle consegne, anche se i baby boomers continueranno ad esercitare il potere a lungo. Nel 2016 una di loro, Hillary Clinton, potrebbe diventare la prima donna presidente degli Stati Uniti. Ma per riuscirci sarà essenziale per lei conquistare i consensi della generazione di sua figlia Chelsea, i cosiddetti Millennials (perché hanno raggiunto l’età adulta nel terzo millennio). L’ascesa di Hillary alla Casa Bianca potrebbe rappresentare l’ultimo capitolo nella lunga egemonia dei baby-boomers, ma anche quello conclusivo. Dalla politica all’economia, dalla cultura alla tecnologia, vivremo in un mondo molto diverso quando la maggioranza dei baby boomers sarà in pensione. Un mondo dove Bill Gates sarà stato dimenticato e Mark Zuckerberg sarà il “decano” della generazione Millennio.
Il trapasso è denso di implicazioni in ogni campo dei comportamenti umani: i baby boomers sono stati il mercato trainante dei computer, mentre la Generazione Millennio accede a Internet sullo smartphone; i coetanei dei Clinton e di Obama sono forse gli ultimi “divoratori di carta” (libri e giornali) mentre i loro figli sono “nativi digitali”.
Uno dei più acuti studiosi di questa transizione storica è Paul Taylor, già autorevole reporter, che ha lasciato il giornalismo per lavorare al Pew Research Center, uno dei più grandi istituti demoscopici americani. “The Next America” e` la sintesi delle sue ricerche. La prossima America, dunque, con un sottotitolo eloquente: “Baby boomers, generazione Millennio, e l’imminente sfida tra generazioni”. Il futuro è già in mezzo a noi, spiega Taylor: «Le due vittorie di Obama non si spiegano senza guardare all’impatto enorme del passaggio generazionale ». Se avessero votato solo i baby-boomers, Obama non ce l’avrebbe fatta, nonostante sia uno di loro. Decisivo è stato il voto della nuova nazione: i giovani, e le minoranze etniche. Due categorie che crescono di pari passo: tra la Generazione Millennio ci sono molti più ispanici, asiatici, neri. Più giovane e più multietnica, la Next America è quella che ha compiuto in pochi anni degli strappi valoriali inauditi, come il ribaltamento di posizioni sui matrimoni gay plebiscitati dai giovani.
All’ora in cui anche i capelli di Obama sono diventati tutti grigio- bianchi, i baby boomers
guardano con ambivalenza ai propri sogni di gioventù. I più anziani tra loro furono educati alla musica dai Beatles e da Bob Dylan, scoprirono il sesso pre-matrimoniale e il femminismo insieme alla minigonna, la marijuana e la rivolta antiautoritaria. Ma gli stessi protagonisti dei turbolenti anni Sessanta e Settanta, oltre a contestare i padri, i professori, la guerra del Vietnam e l’imperialismo Usa, furono i veri protagonisti del primo boom consumistico, sostenuto da un’etica dell’individualismo sfrenato. E quindi divennero le cavie consenzienti del grande esperimento neoliberista. Fino a sposare, in percentuali tutt’altro che irrisorie, il riflusso conservatore e la riscoperta della religione.
I baby boomers consegnano ai propri figli un’America molto più diseguale di quella in cui sono nati e cresciuti loro. Gli anni Sessanta e Settanta furono l’ultima Età dell’Oro della crescita economica in Occidente: pieno impiego, sindacati forti, vigorosi aumenti salariali, alte tasse sui ricchi, differenziali retributivi modesti tra top manager e dipendenti. “Ceto medio”, sta diventando un’espressione quasi obsoleta, priva di senso per la Generazione Millennio.
Perciò lo stesso shock pensionistico ha un impatto cruciale su questa transizione generazionale, nel momento in cui quattro milioni di baby boomers all’anno stanno “passando all’incasso”. Un esaurimento del “trust fund” della Social Security, la dotazione in capitale della previdenza, è ormai una possibilità concreta, quasi una certezza a meno di svolte drastiche. La data di quell’Apocalisse finanziaria dista appena un quindicennio, l’anno-chiave sarà il 2030, quando i più giovani dei baby boomers (gli attuali 49enni) lasceranno il lavoro.
L’America si scopre vulnerabile nonostante abbia una demografia molto più virtuosa di quella europea. Grazie all’immigrazione, infatti, la popolazione Usa continua a crescere, la natalità resta superiore alla media dei paesi ricchi. Ma non basta più neanche l’afflusso di nuovi residenti, dall’America latina e dall’Asia. I baby boomers lasciano comunque dietro di sé delle generazioni più sottili. E mediamente più povere.
La capacità di risparmio, che ancora negli anni Settanta e Ottanta consentiva agli americani di accantonare più del 10% dei loro redditi, oggi si è dimezzata. I nuovi posti di lavoro che vengono creati in questa ripresa (non pochi: oltre 200.000 al mese, da cinque anni), sono soprattutto in aziende medio-piccole che non offrono fondi pensione integrativi. Il salario medio è regredito in termini reali sotto il livello di 30 anni fa. Cresce il precariato, il lavoro part-time, l’universo dei free-lance, tutte figure professionali dove i datori di lavoro risparmiano sui versamenti previdenziali. Il risultato, è sintetizzato in un vademecum per la sopravvivenza che pubblica il magazine Time. Primo imperativo, Work Longer : lavorare più a lungo è già oggi una necessità per molti baby boomer che non possono permettersi di vivere di sola pensione; diventerà praticamente obbligatorio per le generazioni successive, Generation X o Millennials. Seconda regola, Live Together : la convivenza sotto uno stesso tetto di nonni, genitori e figli adulti, sta già tornando ad essere un fenomeno diffuso, e lo sarà sempre di più per l’esigenza di risparmiare sui costi fissi delle abitazioni, le bollette, ecc. Una vera rivoluzione, per un paese come l’America dove i figli erano abituati a spiccare il volo al compimento del 18esimo anno di età, e le loro vite si svolgevano a grande distanza dai genitori. Il ritorno alla famiglia pluri-generazionale riunita in una sola abitazione, era un fenomeno impensabile fino a pochi anni fa. Terzo consiglio di Time: Tap into Equity ovverosia “attingete al patrimonio”. Molti pensionati dovranno rassegnarsi a vendere le case per andare in affitto, i risparmi di una vita andranno usati per finanziare le spese correnti.
Un’alternativa ben più positiva e solida ci sarebbe: una ripresa economica che crei posti di lavoro pagati molto meglio per la Generazione Millennio; il ritorno di aumenti salariali consistenti e superiori all’inflazione; una lotta decisa contro le diseguaglianze che soffocano la crescita. Questo consentirebbe alle nuove generazioni di recuperare una capacità di risparmio, e anche di rifinanziare la Social Security con le loro buste paga. Nelle indagini del Pew Research Center illustrate da Paul Taylor, c’è un raggio di speranza: intervistati sul loro futuro, i ventenni della Generazione Millennio esibiscono un ottimismo quasi stupefacente. Quasi il 90% si dice sicuro che «raggiungerà il livello di reddito a cui aspira, la posizione economica adeguata per soddisfare tutte le proprie necessità». E magari anche quelle dei genitori, convertitisi con l’età ad un pessimismo apocalittico.



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