«La droga nel Pil, una fotografia più realistica»

ROMA — «Serve ad avere un quadro più aderente e reale del funzionamento di un sistema economico. Tutto qui». Era stato lui, da direttore delle statistiche dell’Ocse, a sollecitare a Onu, Fmi, Banca Mondiale ed Eurostat, nel 2002, l’ammodernamento dei sistemi di contabilità nazionale. E oggi che la rivalutazione del prodotto interno lordo è alle porte, davanti al vespaio di polemiche sollevate, il professor Enrico Giovannini, ex presidente dell’Istat, e ministro del Lavoro del governo Letta, la difende. «Non si fa altro che rendere il prodotto interno lordo un indicatore più aderente al circuito dell’economia», dice. «Anche se — sottolinea — l’indice del Pil si allontana sempre di più dalla misura del benessere».
Come si fa a calcolare il reddito delle attività illegali? A stimare quanto porta al Pil la prostituzione?
«C’è una metodologia ben definita, che parte dai dati reali, (come i sequestri e i reati connessi) e ci sono le linee guida che Eurostat ha dato ad ogni Paese per elaborarli. Naturalmente è una stima statistica, come quella relativa alle attività legali, ma sommerse».
Ed era una revisione necessaria?
«È un’operazione che nasce da lontano, concordata a livello internazionale, che ha richiesto anni di discussioni e di approfondimenti. L’obiettivo è quello di migliorare la qualità dei dati e delle informazioni che se ne ricavano».
Mi faccia un esempio.
«Gli Stati Uniti hanno già inserito nel Pil le spese di ricerca e sviluppo e quelle militari, che prima non erano conteggiate. Per gli Usa noi oggi possiamo calcolare esattamente l’impatto della spesa per la ricerca sulla crescita economica, e così l’impatto delle spese militari. L’importante è che l’Istat pubblichi i dati relativi a tutte le nuove componenti, così da consentire analisi più dettagliate, ad esempio, sulla produttività».
La rivalutazione del Pil ci renderà un po’ più «ricchi»?
«Probabile, ma stiamo parlando di poca cosa. Eurostat indicava una possibile crescita del Pil, nella media Ue, tra l’1 e il 2%. Ma questo non muterà il giudizio sull’andamento economico perché oltre a quello del 2013 sarà ricalcolato il Pil degli anni precedenti. Sul confronto tra un anno e l’altro non dovrebbe cambiare quasi niente».
L’1-2% per l’Italia potrebbero essere tra 15 e 30 miliardi di Pil in più.
«Vedremo i dati. L’effetto più importante deriverà dall’inclusione delle spese per la ricerca, che prima erano considerate dei costi, e di quelle militari, prima escluse, e sarà molto più importante nei Paesi europei che investono molto in ricerca, come quelli nordici, che non da noi».
Non ci guadagniamo niente.
«Anche questo non è detto. Chi rivaluta di più, domani, verserà un contributo maggiore al bilancio Ue. E teoricamente potrebbero esserci effetti anche sull’allocazione dei fondi strutturali. Se aumenta il divario con le altre economie del Nord, le regioni italiane più svantaggiate potrebbero avere più fondi».
Almeno migliorerà il rapporto con debito e deficit?
«Tutti se lo aspettano, ma non è scontato neanche questo»
Ma il Pil aumenta. ..
«Con questa revisione si stabiliscono nuovi criteri anche per definire l’appartenenza di un ente alla pubblica amministrazione, alcune società, oggi fuori, potrebbero essere riportate nell’alveo dello Stato. E, se vanno male, i loro numeri impatteranno sul deficit e sul debito».
Secondo alcune stime tra il 10 e il 20% della variazione complessiva deriverà dal calcolo delle attività illegali. Per l’Italia, si potrebbe dire tra 2 e 5 miliardi. Ma il fatto di calcolarli nel Pil non è un disincentivo al loro contrasto?
«E perché? Avere una sua stima, come si fa per l’economia sommersa, aiuta solo a capire se l’economia illegale cresce o si riduce. E poi torniamo al discorso di prima: se elimini un’attività illegale come la produzione e il consumo di droga il Pil si riduce, ma altre dimensioni del benessere sicuramente migliorano».
Dunque legalizzare le droghe o la prostituzione, ridurrebbe il Pil?
«Dipenderebbe dall’effetto finale sui prezzi e sui consumi. Se i prezzi scendessero e i consumi aumentassero, a parità di altre condizioni, gli effetti sul Pil sarebbero positivi. Il contrario se i prezzi aumentassero e i consumi diminuissero».
Mario Sensini
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