Il grande gioco delle sanzioni tra Usa, Russia e Unione europea

by redazione | 21 Agosto 2014 9:57

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Dif­fi­cile dire se, come sosten­gono alla Banca cen­trale di Dani­marca, l’Ue abro­gherà le sanzioni con­tro la Rus­sia già tra un paio di mesi, oppure se que­ste segui­ranno la crisi ucraina, lungo il pen­dio trac­ciato oltreo­ceano per l’assalto a Mosca. In tal caso, dice l’economista Usa Mark Wei­sbrot rife­ren­dosi al decreto fir­mato da Vla­di­mir Putin lo scorso 6 ago­sto sulle «misure eco­no­mi­che spe­ciali per garan­tire la sicu­rezza» della Rus­sia, «non sarà così male per la Rus­sia essere auto­suf­fi­ciente in ter­mini ali­men­tari, se gli Stati uniti hanno lan­ciato una nuova guerra fredda».

L’embargo russo sui pro­dotti ali­men­tari – alla lista è stato aggiunto ora il pesce fre­sco, ma sono stati tolti alcuni lat­ti­cini e vita­mine — mette in ginoc­chio i pro­dut­tori euro­pei e dan­neg­gia ame­ri­cani, austra­liani, giap­po­nesi. Però il Mini­stro dell’Agricoltura russo Niko­laj Fëdo­rov annun­cia lo stan­zia­mento di «alcune decine di miliardi di rubli» per lo svi­luppo della pro­du­zione agri­cola nazio­nale, nello stesso tempo in cui Putin non esclude l’estensione dell’embargo a pro­dotti indu­striali se le san­zioni occi­den­tali continueranno.

In ogni caso, come scrive Maxim Sha­ly­gin in «Forza minore. Dalla Rus­sia con amore», la Rus­sia è ancora pronta al dia­logo con l’Europa e sem­bra invi­tare a non seguire «la scia poli­tica degli Stati uniti», ma «ad aprire la pro­du­zione diret­ta­mente in Rus­sia». Negli ultimi giorni, capi di Stato e impren­di­tori, can­cel­lieri e capo­re­dat­tori occi­den­tali, hanno levato voci som­messe per dire che le sanzioni Usa-Ue e le con­tro­mi­sure russe «met­tono a repen­ta­glio l’economia» e, quindi, la «Ue non pia­ni­fica nuove sanzioni », anche per­ché, con le attuali, «per euro­ma­so­chi­smo» la Ue «si è tirata la zappa sui piedi», men­tre si è inte­res­sati a «rap­porti ragio­ne­voli e costrut­tivi» con Mosca.

Come scrive l’austriaco Wir­ts­chafts Blatt, la Rus­sia, «con il boi­cot­tag­gio dei pro­dotti ali­men­tari occi­den­tali, ha col­pito nel segno: l’agricoltura è un set­tore chiave della Ue». Al di là di que­sto, inqua­drare la poli­tica verso la Rus­sia nei piani ame­ri­cani per con­ser­vare la pro­pria supre­ma­zia mon­diale, non è cosa che si possa pre­ten­dere dai lea­der occi­den­tali che, sinora, hanno seguito docil­mente le orme di Washing­ton, anche sul fronte pro­pa­gan­di­stico ucraino.

Vero­nica Kra­sce­nin­ni­kova, diret­trice del Cen­tro ana­li­tico «Rus­sia oggi», basan­dosi sulle memo­rie di Roger Robin­son (ex con­si­gliere di Ronald Rea­gan), trac­cia un paral­lelo tra i piani ame­ri­cani che negli anni ’80 con­tri­bui­rono al tra­collo eco­no­mico dell’Urss e la stra­te­gia di Obama verso la Rus­sia. L’attacco rea­ga­niano all’Urss con­si­steva in osta­coli alla sua espor­ta­zione di gas per minarne gli introiti in valuta; sanzioni con­tro i Paesi che con­ti­nuas­sero a com­mer­ciare in tec­no­lo­gia con l’Unione sovie­tica o a con­ce­derle cre­diti; e, dopo averne così dimi­nuito le entrate, avviare la corsa agli arma­menti per aumen­tarne le spese. In paral­lelo c’era la guerra ideologica.

Oggi Washing­ton punta all’indebolimento e smem­bra­mento della Rus­sia con san­zioni eco­no­mi­che, divieto di for­nirle tec­no­lo­gie mine­ra­rie e di per­fo­ra­zione, impe­di­menti alla costru­zione del gasdotto «South stream».
Tra le atti­vità sov­ver­sive ai con­fini occi­den­tali: i cor­tei di Soli­dar­nosc in Polo­nia hanno lasciato il posto ai mor­tai di «Pra­vyj sek­tor» in Ucraina; con Obama che, come Rea­gan, obbliga gli euro­pei a seguirlo. Quali spe­ranze ha la Rus­sia, si chiede Kra­sce­nin­ni­kova, di non finire come l’Urss? I passi più urgenti sono: stima dei punti deboli russi; valu­ta­zione delle misure che gli Usa adot­te­ranno per col­pirli e prov­ve­di­menti per neu­tra­liz­zarle; cogni­zione di chi, in Rus­sia, stia con Mosca o con Washington.

In que­sto senso, sem­bra che il citato edi­to­riale di Maxim Sha­ly­gin sia orien­tato a insi­nuare un cuneo tra Washing­ton e i suoi alleati euro­pei, senza con ciò chi­nare la testa di fronte a Bru­xel­les: «l’Europa ha scelto il corso avviato dagli Usa. La Rus­sia con­ti­nua a con­si­de­rare l’Europa pro­prio part­ner stra­te­gico, ma il punto di vista di Bru­xel­les non sarà più rite­nuto così impor­tante». Nel 2010 «Putin pro­pose alla UE un’alleanza eco­no­mica da Vla­di­vo­stok a Lisbona» quale «unione di poten­zia­lità in mate­rie prime e capa­cità tec­no­lo­gi­che». La Rus­sia, disse allora Putin «non è inte­res­sata a una fram­men­tata Ue. Ma Mosca rico­no­sce solo rap­porti ami­che­voli e pari­tari e non con­sen­tirà che qual­cuno conti sul fatto che noi, pur di man­te­nere que­sti buoni rap­porti, dob­biamo sem­pre rinun­ciare a difen­dere i nostri interessi».

Nel 2014, sem­bra che l’Ue sia giunta ad appro­vare «l’idea di una comune eco­no­mia; ma solo alle con­di­zioni di Bru­xel­les. Vale a dire che la Rus­sia, sull’esempio di Ucraina e Mol­dova, dovrebbe aprire com­ple­ta­mente il pro­prio mer­cato e ade­guarsi ai rego­la­menti dell’Unione Euro­pea. E ciò si chiama «part­ner­ship ami­che­vole». Per la sal­vezza della pro­pria eco­no­mia, con­ti­nua Sha­ly­gin, «gli Stati Uniti cer­cano di subor­di­nare l’economia euro­pea a Washing­ton. Ma a tal fine è neces­sa­rio osta­co­lare l’obiettivo cinese di una «via della seta» in Europa, il cui per­corso può tran­si­tare solo per Rus­sia e Ucraina: per l’esattezza, in Cri­mea». Non è casuale che Maj­dan sia divam­pata pro­prio nel momento della visita di Yanu­ko­vich a Pechino. «In que­sto schema ecco l’ordine Usa di sgom­bero di Maj­dan. Ma il gioco viene rovi­nato agli ame­ri­cani dalla Cri­mea, che vota per l’unione alla Russia».

La cor­nice in cui si inqua­dra l’intero gioco sono dun­que i timori ame­ri­cani per la per­dita della pro­pria supre­ma­zia eco­no­mica — il dol­laro ame­ri­cano ha perso dal 1999 l’80% del suo valore rispetto all’oro. Il primo passo sarebbe quello di atti­rare la Rus­sia nella con­trap­po­si­zione alla Cina, pun­tando su un cam­bio di potere a Mosca pilo­tato da Washing­ton. Riu­scirà il Crem­lino a tagliare l’ossigeno euro­peo — come quello Brics – al degente americano?

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