Obama ammette: non ho una strategia

Obama ammette: non ho una strategia

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NEW YORK — Obama ha parlato a lungo di Iraq, di Siria e di Ucraina l’altro ieri, in una conferenza stampa alla Casa Bianca, ma una sua singola frase infelice ha dominato il dibattito politico per le 24 ore successive: «Non abbiamo ancora una strategia». Questa frase ha scatenato i critici, soprattutto repubblicani (con commenti come: «La strategia di Obama? Non avere strategia in politica estera») mentre la Casa Bianca si è subito precipitata a contenere i danni, inviando ripetutamente il portavoce Josh Earnest in tv a spiegare che il presidente si riferiva solo ai piani militari per la Siria. Per l’Iraq, invece, la strategia c’è, ha insistito Earnest: include i raid aerei (arrivati a 106 in due settimane), l’appoggio al nuovo governo di Bagdad, la ricerca — compito del segretario di Stato John Kerry — di una coalizione con i Paesi sunniti.

In realtà, la frase di Obama rivela una verità politica che era già nota a tutti. Il comandante riluttante è restio a farsi invischiare nella sanguinosa guerra civile siriana che va avanti da oltre tre anni e che, tra varie linee rosse oltrepassate, ha prodotto ad oggi tre milioni di profughi — la più grande crisi umanitaria della nostra epoca. Dopo il video della decapitazione del reporter James Foley e l’immediata promessa di Obama di «sradicare il cancro dell’Isis» — il che richiederebbe di agire sia in Iraq che in Siria, come confermato dagli stessi vertici del Pentagono — la stampa si aspettava un’escalation delle operazioni e si domandava se il presidente avrebbe o meno chiesto l’autorizzazione al Congresso. È in questo clima che è arrivata la frenata di Obama: la priorità — ha detto l’altro ieri — resta l’Iraq.
La cautela fa parte dell’approccio complessivo del presidente: anche rispetto alla crisi ucraina, pur assicurando che allo studio ci sono nuove sanzioni, ha evitato il termine «invasione» nel definire l’avanzata russa e ha usato parole meno dure di quelle della sua ambasciatrice all’Onu Samantha Power. In politica estera, i conservatori lo accusano di «non accettare il fatto che siamo in guerra», come ha scritto William Kristol sul Weekly Standard , e dunque di non poter «organizzare una guerra, articolare una strategia e impegnarsi per vincere». C’è anche chi lo difende, dicendo che una strategia ce l’ha: è un approccio minimalista che limita l’intervento militare e punta sull’anti-terrorismo. «Non è di ampio respiro, non è idealistica. Ma è quello che vuole la gente», argomenta Peter Beinard sull’Atlantic . Inoltre, secondo il sito Daily Beast , sono divisi gli stessi consiglieri di Obama: una fazione — che include funzionari del dipartimento di Stato, dell’intelligence e delle forze armate — spinge a bombardare il nord della Siria fino ad Aleppo, con raid aerei contro le posizioni militari, i leader, ma anche gli oleodotti che assicurano finanziamenti all’Isis; un fronte opposto, più cauto, guidato da consiglieri della Casa Bianca e da un’altra parte di servizi e forze armate, chiede raid limitati solo al confine iracheno per tagliare le linee di rifornimento. Anche la possibilità di lavorare con i ribelli moderati in Siria è oggetto di divisioni.
Quanto all’opinione pubblica, un sondaggio di Usa Today e Pew Center osservava ieri che, nonostante la stanchezza per la guerra, un numero crescente di americani (il 54%) crede che Obama debba essere più duro in politica estera — in netto contrasto con l’anno scorso, quando il 51% disse che «faceva troppo». Mentre Londra ha elevato ieri il livello di allerta anti-terrorismo, il discorso di Obama non aveva lo stesso livello di urgenza. La Casa Bianca ha assicurato che sta monitorando la situazione e avrebbe identificato una dozzina del centinaio di americani reclutati dall’Isis. Ma mentre le tv mostrano le immagini di un secondo americano di Minneapolis ucciso mentre combatteva in Siria, quel conflitto che sembrava così remoto è diventato improvvisamente troppo vicino. E una parte dell’America sembra volere un presidente duro più di quanto non voglia un presidente franco.
Viviana Mazza


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