La parentesi della Costituzione

La parentesi della Costituzione

Loading

C’è un fatto, acca­duto in que­sti giorni e appa­ren­te­mente secon­da­rio, che mette a nudo l’anomalia della situa­zione poli­tica e isti­tu­zio­nale del paese e delle ini­zia­tive che la accom­pa­gnano, a par­tire dalla «riforma» costi­tu­zio­nale e da quella della legge elet­to­rale. È la man­cata ele­zione, da parte del par­la­mento in seduta comune, dei com­po­nenti di sua spet­tanza del Con­si­glio supe­riore della magi­stra­tura, con la con­se­guente pro­roga senza limiti pre­de­ter­mi­nati del Con­si­glio sca­duto (della cui inte­gra­zione si ripar­lerà, forse, a settembre).

Sarebbe come dire — per capirci — che un organo elet­tivo (per esem­pio il par­la­mento) resta in carica, ancor­ché sca­duto, per­ché non sono state indette nuove ele­zioni: lo dico som­mes­sa­mente, spe­rando che l’affermazione venga con­si­de­rata un para­dosso e non un’idea utile per il futuro… È la prima volta che ciò accade nella nostra sto­ria costi­tu­zio­nale (salvo un remoto e diverso pre­ce­dente) e — si noti — l’elezione non è stata nep­pure tentata.

La paren­tesi di rap­pre­sen­ta­ti­vità di un organo di rile­vanza costi­tu­zio­nale non è cosa da poco e, infatti, c’è chi ne ha subito — e stru­men­tal­mente — tratto argo­menti a con­ferma della neces­sità di cam­biare le regole. È vero esat­ta­mente il con­tra­rio! In tutte le pre­ce­denti con­si­lia­ture, anche nei momenti di più aspra con­flit­tua­lità poli­tica, l’elezione dei com­po­nenti di spet­tanza del par­la­mento è avve­nuta nei ter­mini (e spesso con l’indicazione di giu­ri­sti di prim’ordine). È, dun­que, evi­dente che il difetto non sta nelle regole (rima­ste inal­te­rate) ma nelle forze poli­ti­che e, in par­ti­co­lare, nella mag­gio­ranza par­la­men­tare, all’apparenza inca­pace e disin­te­res­sata a pro­muo­vere con­fronto e con­ver­genze. Ma è solo un’apparenza, ché non si tratta di ina­de­gua­tezza ma dell’ennesima dimo­stra­zione della cul­tura che per­mea la mag­gio­ranza poli­tica (quella palese e quella allar­gata di sup­porto): una cul­tura che rifiuta il con­fronto e la ricerca di solu­zioni con­di­vise e cono­sce solo le ragioni della forza e dei numeri, anche a costo di sfa­sciare il sistema. Non è cosa nuova, nep­pure nella sto­ria repub­bli­cana. Ma con­viene segna­larne gli ascendenti.

All’inizio dell’epoca ber­lu­sco­niana lo teo­rizzò in maniera bru­tale il costi­tu­zio­na­li­sta di rife­ri­mento della destra, Gian­franco Miglio, che, in un’intervista del marzo 1994 affermò testual­mente: «È sba­gliato dire che una Costituzione deve essere voluta da tutto il popolo. Una Costituzione è un patto che i vin­ci­tori impon­gono ai vinti. Qual è il mio sogno? Lega e Forza Ita­lia rag­giun­gono la metà più uno. Metà degli ita­liani fanno la Costituzione anche per l’altra metà. Poi si tratta di man­te­nere l’ordine nelle piazze». Non c’è riu­scito Ber­lu­sconi; oggi ci prova Renzi, per di più senza il con­senso della metà più uno degli ita­liani, ma solo — come ama ripe­tere — di 11 milioni di votanti, dimen­ti­cando quei 38 milioni di cit­ta­dini che nes­suna delega o soste­gno gli hanno dato.

Qual­cuno — tra gli altri i migliori costi­tu­zio­na­li­sti ita­liani — ha pro­vato a segna­lare l’anomalia di que­sta dop­pia «riforma» (costi­tu­zio­nale ed elet­to­rale), dei suoi con­te­nuti e delle sue moda­lità. Subito è arri­vata la severa e sprez­zante rispo­sta del pre­si­dente del Con­si­glio e della mini­stra delle riforme che, con un’eleganza degna di miglior causa, hanno iro­niz­zato sull’età e sulle com­pe­tenze dei soliti «pro­fes­so­roni». Anche qui, non è inu­tile ricor­dare i pre­ce­denti: que­sta volta si tratta di Mario Scelba — esperto sia di isti­tu­zioni che di ordine nelle piazze… — il quale, nel giu­gno 1949, si sca­gliò con­tro il «cul­tu­rame» degli intel­let­tuali di cui la poli­tica dovrebbe libe­rarsi. Allora non man­ca­rono le prese di distanza e le rea­zioni poli­ti­che. Oggi tutto tace. E, se non sor­pren­dono le parole di Renzi (la cui con­si­de­ra­zione per la cul­tura è dimo­strata dalla con­ces­sione degli Uffizi come tram­po­lino per sfi­late di moda), spicca il silen­zio miope e com­plice dei (pochi) resi­dui intel­let­tuali del suo partito.

C’è di che pre­oc­cu­parsi, e non poco. Ma, men­tre tutto que­sto accade, il pre­si­dente del Senato gigio­neg­gia sul ter­mine «can­guri» e il capo dello Stato, in serena vacanza in Tren­tino, si scan­da­lizza che taluno evo­chi derive auto­ri­ta­rie (sic!). Un tempo, per molto meno (la cosid­detta legge truffa), si dimi­sero ben due pre­si­denti del senato men­tre l’onorevole Togliatti, nella seduta della camera dell’8 dicem­bre 1952, citava nien­te­meno che parole di Camillo Cavour: «Io lo dichiaro alta­mente. Amico della realtà, nemico delle illu­sioni, ame­rei meglio vedere la libertà sop­pressa che vederla fal­sata e vedere ingan­nato il paese e l’Europa». Certo erano altri tempi ma, anzi­ché esor­ciz­zarli, sarebbe meglio cer­care di ripri­sti­narli. Anche a costo di tur­bare la tran­quilla vacanza del pre­si­dente della Repubblica.



Related Articles

Damasco, missili di Israele contro un big di Hezbollah Gli sciiti: “Sarà vendetta”

Loading

Caccia in volo, centrato e distrutto un palazzo di sei piani Ucciso Samir Kuntar, per 30 anni in carcere nello Stato ebraico

Cina, se mezzo miliardo di maiali cambia l’Amazzonia (e il mondo)

Loading

Simbolo del benessere, consumi esplosi. E l’agricoltura globale ne è stravolta

Il Papa: “Non lasciate sola la Grecia”

Loading

Appello per i profughi Referendum in Svizzera respinte le espulsioni facili degli stranieri

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment