Il «Piano Merkel» per l’Ucraina: aiuti, niente partizioni

by redazione | 24 Agosto 2014 17:05

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BERLINO — Il «piano Mer-kel», invocato dal governo di Kiev per la ricostruzione delle infrastrutture distrutte durante il conflitto con i separatisti russi, è pronto. Saranno 500 milioni di euro, che verranno stanziati da una conferenza di donatori, cui si aggiungono 25 milioni da destinare agli aiuti per i 330.000 profughi costretti a fuggire durante i sanguinosi combattimenti che hanno provocato duemila vittime nell’est del Paese. Berlino tende la mano all’Ucraina. E lo fa significativamente, come la stessa cancelliera ha ricordato, nel settantacinquesimo anniversario del patto Molotov-Ribbentrop, il trattato di non aggressione tra il regime nazista e l’Unione Sovietica che servì a definire le rispettive zone di influenza in Europa. «La Germania — sono state le sue parole — non vuole creare nuovi disastri politici e ha imparato bene la lezione della Storia».

La visita di Angela Merkel ha rappresentato quindi un forte gesto di sostegno politico al governo di Kiev, alla vigilia delle celebrazioni per l’indipendenza, in un clima reso più teso dall’ingresso del convoglio umanitario inviato da Vladimir Putin. I veicoli sono ripartiti ieri, ma quella del leader del Cremlino è stata una scelta che il presidente americano Barack Obama e la cancelliera, durante una conversazione telefonica svoltasi venerdì sera, non hanno esitato a definire «una provocazione». Secondo Angela Merkel un cessate il fuoco è possibile, ma è necessario lavorare per una soluzione che può realizzarsi solo «rafforzando il controllo» del confine tra Ucraina e Russia con la presenza di un contingente di osservatori dell’Osce. «C’è bisogno di entrambe le parti per arrivare ad un risultato positivo. La pace non si fa da soli», ha detto, guardando all’incontro in programma martedì a Minsk, in Bielorussia, tra Putin e il presidente ucraino Petro Poroshenko. Nel caso, invece, di un ulteriore aggravamento della situazione, nuove sanzioni contro Mosca, che adesso non sono all’ordine del giorno, potrebbero essere prese in esame.
I colloqui di Kiev sono serviti inoltre a liberare il campo, almeno per il momento, dall’ipotesi di una «federalizzazione» dell’Ucraina, suggerita dal vice cancelliere Sigmar Gabriel, secondo cui sarà indispensabile, nel quadro del processo di riconciliazione, «un’offerta» per i territori dove la popolazione è a maggioranza russa. Le anticipazioni dell’intervista del leader socialdemocratico alla Welt am Sonntag sono state lette con grande sorpresa sia a Berlino che a Kiev, dove quel concetto è ritenuto appartenere alla propaganda dei separatisti filo-russi. «Quello che noi definiamo federalismo è la decentralizzazione», ha cercato di correggere il tiro la cancelliera, esprimendo l’appoggio del suo governo al progetto, su cui sta lavorando la leadership ucraina, di attribuire maggiori responsabilità alle autorità locali nell’est del Paese come parte di una soluzione diplomatica del conflitto. «L’integrità territoriale dell’Ucraina — ha ribadito — è uno degli obiettivi essenziali della politica tedesca». Su integrità territoriale, sovranità e indipendenza, «che non sono prezzi da pagare per la pace», ha insistito molto anche Poroshenko, che ha accolto la cancelliera, giunta in jeep al palazzo presidenziale, regalandole un grande mazzo di fiori.
Il leader ucraino va a Minsk munito di buone intenzioni (e convincerlo era uno degli scopi del viaggio di Angela Merkel) ma ha messo in chiaro che il problema è quello dei «mercenari stranieri». «Allontaniamo gli uomini armati dal nostro territorio e la pace verrà ristabilita rapidamente», ha aggiunto. Ma intanto la guerra continua. A Donetsk, la roccaforte dei separatisti, i bombardamenti hanno ucciso sei persone, tra cui un bambino.
Paolo Lepri

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