Il 3 ottobre per non dimenticare
Il Comitato 3 ottobre, nato subito dopo il naufragio che ha portato alla morte di almeno 366 migranti a poche miglia dalla costa di Lampedusa, ha tra i suoi obiettivi l’istituzione di un Giorno della memoria e dell’accoglienza per gli stranieri. Qualche mese fa, ho presentato un disegno di legge, sottoscritto da decine di senatori di diversi gruppi politici, il cui titolo recita così: «Giornata nazionale per la memoria dei migranti vittime del mare»..
Una ricorrenza per promuovere, all’interno dell’opinione pubblica nazionale, la consapevolezza di quell’immane tragedia, rappresentata dalle stragi che si susseguono nel Mediterraneo da ormai un quarto di secolo.
Non va mai dimenticato, infatti, che prima e dopo quel maledetto 3 ottobre 2013 si sono ripetuti naufragi e decessi. Prima, al ritmo di circa 6–7 morti per ogni giorno che Dio manda in terra, e dopo — nonostante la benemerita operazione Mare nostrum — ancora circa 2500, nel corso degli ultimi otto mesi. Anche da questa ragione, così dolente e crudele, e dalla proposta degli abitanti di Lampedusa e delle tante associazioni che, di immigrazione, si occupano quotidianamente, nasce il mio disegno di legge.
Si prevede che la Giornata nazionale per la memoria dei migranti venga dedicata non solo al ricordo delle tante vittime, ma anche alla riflessione sul diritto inalienabile alla libera circolazione degli esseri umani, alla dignità di quanti cercano lontano dalla propria terra un’opportunità di vita e di futuro e alla ineludibile necessità di tutelare i fuggiaschi, i richiedenti asilo, i rifugiati. Si dispone, inoltre, che Lampedusa — testimone accorata e partecipe di tante tragedie del mare — sia sede di una commemorazione annuale, che trasformi la sofferenza in un impegno attivo e che solleciti politiche pubbliche adeguate, affinché quanto è accaduto non abbia a ripetersi. Un atto simbolico, certo, ma riferito a un campo di conflitti ideologici e di battaglie culturali, dove pregiudizi anti-immigrati e pulsioni xenofobe tendono ad affermarsi e a diffondersi. E dove, di conseguenza, anche i gesti a forte intensità emotiva e i messaggi che trasmettono senso e valori giocano un ruolo importante. Tanto più in un paese che ha dissipato — senza trasformarla in identità rivendicata e in narrazione condivisa — la storia grandiosa e dolorosa di decine di milioni di italiani che, nel corso di un secolo, sono emigrati in tutto il mondo.
In questa prospettiva la Giornata per la memoria dei migranti può avere una sua funzione. Ed è, dunque, una prima piccola buona notizia il fatto che, proprio ieri, quella proposta è stata assegnata alla Commissione Affari costituzionali. C’è solo da augurarsi che, alla vigilia dell’anniversario del naufragio, il Senato trovi il passo spedito per approvare tempestivamente quella legge. Certo, c’è tutto il resto da fare ed è qualcosa di enorme. All’indomani del 3 ottobre, unitamente al sindaco di Lampedusa Giusi Nicolini, abbiamo elaborato un Piano di ammissione umanitaria: una proposta concretissima e ragionevolissima per arginare il ripetersi inesorabile di quelle morti nel Mediterraneo.
Il piano è stato presentato alle più alte cariche dello Stato, ai membri del Governo che hanno competenza sulla materia, ai parlamentari italiani ed europei, alle principali organizzazioni internazionali e alle grandi associazioni umanitarie. Questi i punti essenziali: l’urgenza di una politica comune europea per l’asilo e la necessità di tradurla in azioni condivise; l’urgenza di porre fine alla lunga teoria di morti nel Mediterraneo e di garantire a migranti e richiedenti asilo viaggi legali e sicuri fino al continente europeo; l’urgenza di distribuire in maniera più equa e razionale l’afflusso di fuggiaschi e profughi sull’intero territorio della Ue.
Ciò può essere perseguito attraverso una strategia di avvicinamento/anticipazione della richiesta di protezione internazionale in quei paesi dove i movimenti di fuggiaschi e profughi si addensano e transitano (Algeria, Marocco, Tunisia, Giordania, Libano, Egitto); e attraverso un sistema di presidi assicurato dalla struttura del Servizio europeo per l’azione esterna, dalla rete diplomatico-consolare dei paesi dell’Unione, dall’Unhcr e dalle organizzazioni umanitarie. Un Piano per l’ammissione umanitaria da affiancare ed eventualmente combinare e integrare con altre proposte, quale il programma di re-insediamento, i progetti di corridoio umanitario, le misure di ingresso protetto e ricongiungimento, di cui si discute nel nostro paese e in Europa.
É un piano, ovviamente, che può essere modificato e migliorato, ma di cui pensiamo sia essenziale ciò che ne rappresenta il cuore: ovvero l’avvicinamento/anticipazione della richiesta di protezione internazionale nei paesi dove ciò sia oggi possibile; e la garanzia di viaggi legali e sicuri che consentano di evitare quella trappola mortale che è ormai il cimitero sottomarino del canale di Sicilia. Realizzare questo piano è certamente un’impresa ardua, ma la sua ragionevolezza e la sua concretezza dovrebbero indurci a farne oggetto di battaglia politica. Ne vale la pena.
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