Carcere, le due riforme del governo. E Renzi «commissaria» Orlando

by redazione | 30 Settembre 2014 9:20

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Sul rias­setto dell’amministrazione peni­ten­zia­ria la schi­zo­fre­nia del governo Renzi/Alfano è all’apice. “Com­mis­sa­riato” – si potrebbe dire – il Guar­da­si­gilli Andrea Orlando, a com­pe­tere ora con la sua riforma del sistema car­ce­ra­rio ci sarebbe anche un altro pro­getto, uguale e con­tra­rio, for­mu­lato da una com­mis­sione di magi­strati nomi­nata a luglio dal pre­mier Mat­teo Renzi. Capi­ta­nata dal pro­cu­ra­tore aggiunto di Reg­gio Cala­bria, Nicola Grat­teri (che aveva già fatto parte di un’altra task-force ana­loga nomi­nata dal governo Letta), la com­mis­sione è for­mata da una doz­zina di docenti uni­ver­si­tari, magi­strati, giu­ri­sti e avvo­cati (chia­mati a titolo gra­tuito) tra cui il con­si­gliere della corte di Cas­sa­zione Pier­ca­millo Davigo e il pro­cu­ra­tore aggiunto di Mes­sina, Seba­stiano Ardita, ex diret­tore gene­rale del Dap.

Que­sta sorta di “governo ombra” della Giu­sti­zia sta­rebbe lavo­rando, secondo indi­scre­zioni fatte tra­pe­lare da Palazzo Chigi, tra le altre cose anche sul car­cere, ipo­tiz­zando di abo­lire il Dap e di tra­sfor­mare la poli­zia peni­ten­zia­ria in un corpo che operi mag­gior­mente sul ter­ri­to­rio, in modo da sgra­vare di alcune incom­benze le altre forze dell’ordine. Una sorta di «poli­zia di giu­sti­zia» addetta anche al con­trollo delle per­sone sot­to­po­ste a misure alter­na­tive al car­cere o degli ex dete­nuti, o che ese­gue gli ordini di arre­sto dei con­dan­nati in via defi­ni­tiva, o che ricerca i lati­tanti, pro­tegge i col­la­bo­ra­tori di giu­sti­zia, e così via. Una strada, que­sta, che sarebbe pure accolta «con favore» — con­fida al mani­fe­sto Donato Capece, segre­ta­rio gene­rale del Sappe, ma che dovrebbe allora tenere conto della neces­sità di «poten­ziare gli orga­nici» della poli­zia peni­ten­zia­ria. Ed è evi­dente che una tale richie­sta rischie­rebbe di vani­fi­care gli obiet­tivi di razio­na­liz­za­zione e rispar­mio della com­mis­sione Gratteri.

In tutt’altra dire­zione si muove invece il mini­stro Orlando che si pre­figge di por­tare in Con­si­glio dei mini­stri, entro il 15 otto­bre pros­simo, una revi­sione del Dap basata sem­pli­ce­mente sul decen­tra­mento e sull’accorpamento di fun­zioni in modo da dimi­nuire le spese. Il Guar­da­si­gilli, che oggi rice­verà in via Are­nula i sin­da­cati dei com­parti fun­zione pub­blica, sicu­rezza e poli­zia peni­ten­zia­ria, sta pen­sando all’eliminazione delle dire­zioni gene­rali “Beni e ser­vizi”, sia presso il Dap che nel Dipar­ti­mento giu­sti­zia mino­rile, non­ché alla sop­pres­sione della Dire­zione gene­rale bilan­cio del Dap e alla ridu­zione da 16 a 10 dei Prov­ve­di­to­rati regio­nali dell’amministrazione peni­ten­zia­ria. Ma soprat­tutto, per distin­guere net­ta­mente i per­corsi di ria­bi­li­ta­zione del con­dan­nato fuori e den­tro le mura del car­cere, vor­rebbe tra­sfe­rire l’esecuzione penale esterna, alter­na­tiva alla deten­zione, dal Dap al Dipar­ti­mento giu­sti­zia mino­rile, sia per i minori sia per gli adulti.

Due visioni gene­rali diverse dun­que — quella di Renzi e quella del mini­stro Orlando — del car­cere e della fun­zione del Dap. Pro­ba­bil­mente incon­ci­lia­bili. Tanto più per­ché non è chiaro se, nel pro­getto della com­mis­sione Grat­teri, gli agenti peni­ten­ziari pas­se­reb­bero alle dipen­denze del mini­stero degli Interni. E nep­pure, una volta lique­fatto il Dap, chi andrebbe a gestire tutto il resto del per­so­nale che opera nelle carceri.

E infine diventa sem­pre più pres­sante un ultimo inter­ro­ga­tivo: quale tipo di figura si imma­gina a diri­gere la nuova ammi­ni­stra­zione peni­ten­zia­ria, sia pur così ristrut­tu­rata? Chi sarà il nuovo capo, posto vacante dal 28 mag­gio scorso? Un com­pito che finora è stato affi­dato soprat­tutto a magi­strati, mal­grado in molti auspi­cano che la scelta ricada su una per­sona capace di valo­riz­zare tutte le altre pro­fes­sio­na­lità del mondo car­ce­ra­rio, troppo tra­scu­rate. Potrà cam­biare nome, il Dap, ma la fun­zione ine­vi­ta­bil­mente resterà. Si spera con retri­bu­zioni api­cali infe­riori a quelle fin qui per­ce­pite, se è vero che fino al 2013 l’indennità del capo del Dap ammon­tava a 500 mila euro, come riporta l’interrogazione par­la­men­tare pre­sen­tata dal sena­tore del Psi Enrico Buemi. Atten­dendo una rispo­sta, e la con­clu­sione dei lavori del “governo ombra”, nel frat­tempo le car­ceri sono senza un governo.

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