Dieci morti e trenta dispersi migranti, è ancora strage

PALERMO . Altri morti, altre croci senza nome in quella fossa comune che è diventata il Canale di Sicilia. Sono dieci i corpi recuperati nell’ennesimo naufragio di migranti, ma le vittime potrebbero essere molte di più, visto che i 55 sopravvissuti raccontano di trenta persone sparite tra le onde.
L’ultima tragedia del Mediterraneo ha come scenario un tratto di mare a circa trenta miglia dalle coste della Libia. Erano un centinaio i migranti stipati a bordo di un gommone che ben presto ha cominciato a imbarcare acqua. Qualcuno è riuscito a lanciare l’allarme con un telefono satellitare: da Roma il Comando generale delle Capitanerie di porto ha diramato un avviso “circolare” a tutte le imbarcazioni che incrociassero nella zona, e all’appello ha risposto un mercantile con bandiera di Singapore che si è diretto verso il punto del naufragio. Il gommone era già capovolto e molti migranti in acqua. Uno dopo l’altro, in 55 sono riusciti a salire a bordo del mercantile. Per altri dieci era troppo tardi.
Recuperati i cadaveri, è continuata fino al tramonto la convulsa ricerca di naufraghi, vivi o morti. A sera, quando la speranza si andava spegnendo, la contabilità della morte per migrazione indicava trenta dispersi. Un numero approssimativo, dettato dalle testimonianze dei superstiti, e che nessuno potrà mai confermare con esattezza. Un numero — dieci o quaranta — che si somma a quello dei duemila migranti che da gennaio a oggi hanno perso la vita attraversando il Canale di Sicilia. Il calcolo lo ha fatto l’agenzia Habeshia, che raccoglie e diffonde segnalazioni sulla sorte delle maree umane in fuga da guerra e miseria. Il 2014 è l’anno più tragico delle migrazioni, ben più del 2011 che lasciò dietro di sé una scia di 1.800 cadaveri.
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