La Francia periferica vota estrema destra

La Francia periferica vota estrema destra

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Secondo l’inverificabile affer­ma­zione con­te­nuta nel vele­noso libro dell’ex com­pa­gna Valé­rie Trier­wei­ler, Fra­nçois Hol­lande avrebbe defi­nito i poveri dei “senza denti”. Il neo-ministro dell’Economia, Emma­nuel Macron, che è stato ban­chiere da Roth­schild (ma anche assi­stente del filo­sofo Paul Ricoeur), qual­che giorno fa ha dovuto pre­sen­tare pub­bli­ca­mente le sue “più sin­cere scuse” agli ope­rai del macello di polli Gad, in Bre­ta­gna, per aver affer­mato che la mag­gior parte delle per­sone che lavo­rano lì (soprat­tutto donne) sono degli “anal­fa­beti di ritorno” e per que­sto hanno meno pos­si­bi­lità di tro­vare un nuovo lavoro dopo la chiu­sura annun­ciata degli impianti in crisi. Alle ultime ele­zioni euro­pee il Fronte nazio­nale è arri­vato in testa ed è stato il primo par­tito votato dagli ope­rai, dopo l’astensione. Le classi popo­lari vol­tano da anni le spalle ai par­titi di sinistra.

Non solo il Par­tito socia­li­sta fran­cese, ma anche il Front de Gau­che non sem­brano più capaci di rap­pre­sen­tare que­sta parte della popo­la­zione. Qual­che anno fa, Terra Nova, un think tank vicino al par­tito socia­li­sta, ha teo­riz­zato che il Ps deve abban­do­nare que­sto elet­to­rato, tanto non è più il suo.

Un libro sta facendo discu­tere in que­sti giorni la Francia. Lo ha scritto il geo­grafo Chri­sto­phe Guil­luy. Parla della France péri­phé­ri­que (edi­tore Flam­ma­rion), non delle ban­lieues delle grandi città, che a volte arri­vano in prima pagina dei gior­nali, ma di quelle zone, tra i pic­coli cen­tri e la cam­pa­gna, abi­tate dagli “invi­si­bili” (La France invi­si­ble era il titolo di un libro di qual­che anno fa, curato dal socio­logo Sté­phane Beaud), diven­tati, ci ha spie­gato Robert Castel, degli “eccedenti”.

Lei spiega come le classi popo­lari siano state sacri­fi­cate sull’altare della mon­dia­liz­za­zione. Ma il suo libro sta susci­tando pole­mi­che per­ché le classi popo­lari a cui lei si inte­ressa sono quelle che abi­tano al di là delle ban­lieues, sono cit­ta­dini in gran mag­gio­ranza di ori­gine franco-francese, che spesso si rifu­giano, oltre­ché nell’astensione, nel voto di estrema destra. Come un geo­grafo rende conto del divor­zio con la sinistra?

Per la prima volta nella sto­ria le cate­go­rie popo­lari non vivono più dove si crea la ric­chezza. Una volta que­ste per­sone vota­vano il par­tito comu­ni­sta, Pcf, ed erano inte­grate poli­ti­ca­mente e cul­tu­ral­mente. Ma ora non c’è più biso­gno di loro. Si rifu­giano nell’astensione o votano per i par­titi popu­li­sti di estrema destra, que­sto vale per tutta l’Europa. In Fran­cia, il Fronte nazio­nale ha adat­tato il suo discorso a que­sti per­denti della mon­dia­liz­za­zione: negli anni ’80 il par­tito di estrema destra era libe­ri­sta, rea­ga­niano, con­tro il wel­fare, oggi Marine Le Pen è a favore dello stato sociale, della pro­te­zione, per la lai­cità. È la gente che influenza i par­titi e non viceversa.

La sini­stra, Ps o Front de gau­che, non ha capito il males­sere di que­sta popolazione?

A livello intel­let­tuale, certo che lo hanno capito. Ma la que­stione è che que­sto non è più il loro elet­to­rato. L’elettorato della sini­stra vuole una società aperta, mul­ti­cul­tu­rale, men­tre le cate­go­rie popo­lari che vivono nella peri­fe­ria chie­dono pro­te­zione, meno immi­gra­zione ecc. Tutti argo­menti che la sini­stra non può fare pro­pri, come del resto non può farlo la destra liberista.

Come la mon­dia­liz­za­zione ha spac­cato la società?

Dov’è il busi­ness oggi? Dove ven­gono creati posti di lavoro e ric­chezza? Tutto è con­cen­trato nelle grandi metro­poli, che in Francia pro­du­cono i due terzi del pil. Nelle grandi città il mer­cato del lavoro è molto ine­guale, c’è una forte pre­senza di cate­go­rie supe­riori molto qua­li­fi­cate con accanto dei lavo­ra­tori sotto-qualificati, spesso immi­grati. Poi c’è la Fran­cia peri­fe­rica, tutti i ter­ri­tori che non sono grandi metro­poli, pic­cole e medie città, zone rurali. Ter­ri­tori abi­tati da cate­go­rie mode­ste. Ma dove vive ancora il 60% della popo­la­zione fran­cese, e l’80% appar­tiene alle classi popo­lari. In que­ste aree il lavoro è diven­tato fra­gile, resta qual­cosa, qual­che ser­vi­zio pub­blico, qual­che pic­cola e media impresa, ma quando una fab­brica chiude non ci sono altre alter­na­tive occu­pa­zio­nali. E que­ste per­sone non hanno mobi­lità, per­ché nella grandi città la casa costa troppo cara, hanno dif­fi­coltà a spo­starsi per­ché la ben­zina costa cara e sono lon­tani da tutto. Si è vista l’esplosione dei Bon­nets rou­ges (i ber­retti rossi, ndr), in Bre­ta­gna. È una popo­la­zione che vive lon­tano da dove suc­ce­dono le cose. Così, siamo di fronte a due France: da un lato, quella dei qua­dri diri­genti, che vive tra Parigi, New York, Lon­dra ecc. e gli immi­grati, che sono anch’essi mobili e dall’altro i seden­ta­riz­zati. Torna il vec­chio schema nomadi/sedentari. Que­sto ha spac­cato i par­titi al loro interno. Il Ps pari­gino non ha nulla a che vedere con il Ps rurale. Lo schema mondializzazione/sedentari lo ritro­viamo in tutte le carte poli­ti­che. La con­te­sta­zione viene dalla peri­fe­ria: in Sviz­zera, per esem­pio, nel refe­ren­dum sulle quote di immi­gra­zione, hanno votato con­tro le grandi città, Zurigo e Gine­vra, ma a favore le cit­ta­dine, le zone rurali. Sono popo­la­zioni che non ade­ri­scono alla scelta della mon­dia­liz­za­zione, che non hanno il know how per muo­versi in una società aperta. E in Francia è il Fronte nazio­nale a cap­tare i voti dei gio­vani ope­rai che abi­tano que­sti ter­ri­tori. Che modello rein­ven­tare per que­ste aree? La rispo­sta deve pas­sare dalla politica.

Ma lei afferma che i grandi par­titi, anche a sini­stra, hanno scelto la mondializzazione.

Il Ps ha abban­do­nato le classi popo­lari. Da 10–20 fa una poli­tica di destra. Gli elet­tori del Ps sono fun­zio­nari, cate­go­rie supe­riori delle grandi città. C’è stata una tra­sfor­ma­zione socio­lo­gica dell’elettorato di sini­stra. Il Ps vince a Parigi, dove non c’è più popolo. Sono i vin­centi della mon­dia­liz­za­zione. Credo sia una ten­denza irre­ver­si­bile, non tor­ne­remo indie­tro. Per­ché un ope­raio disoc­cu­pato di Hénin Bau­mont nel Pas-de-Calais, che gua­da­gna 500 euro al mese, pre­fe­ri­sce votare Fronte nazio­nale invece che Mélen­chon che gli pro­mette uno Smic (salaire mini­mum inter­pro­fes­sion­nel de crois­sance, ndr) a 1.500 euro? Que­ste popo­la­zioni si sono rifu­giate nella que­stione iden­ti­ta­ria. Le scelte eco­no­mi­che della sini­stra, com­presa l’immigrazione, non sono andate nel senso a loro favo­re­vole. In que­sto senso, il voto per il Fronte nazio­nale trova una sua razionalità”.

La sua visione delle ban­lieues fa discutere.

Le ban­lieues sono con­cen­trate attorno alle grandi città. Sono situate nei ter­ri­tori più ric­chi di Fran­cia e que­sta loca­liz­za­zione alla fine va a van­tag­gio di una parte dei loro abi­tanti. La ban­lieue pari­gina è al cen­tro di un mer­cato del lavoro attivo, l’integrazione eco­no­mica e sociale è in corso. Ma l’assimilazione non fun­ziona più: di qui un motivo in più di ansia per le popo­la­zioni peri­fe­ri­che, tagliate fuori, che ave­vano cre­duto nella mito­lo­gia repub­bli­cana della lai­cità. La Francia, invece, è diven­tata una società mul­ti­cul­tu­rale, come quella bri­tan­nica o olan­dese, i musul­mani di inte­grano senza abban­do­nare la loro reli­gione, senza assi­mi­larsi. Le classi popo­lari della peri­fe­ria hanno così paura di diven­tare mino­ranza. E la sini­stra ha abban­do­nato al Fronte nazio­nale tutte que­ste inquietudini.



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