La grande riforma se ne va in ferie

La grande riforma se ne va in ferie

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«Rifor­me­remo la giu­sti­zia dalle fon­da­menta senza guar­dare in fac­cia nes­suno. Alla fine dei mille giorni l’Italia sarà con tempi certi di meno di un anno per il primo grado di giu­di­zio nel pro­cesso civile e con il dimez­za­mento dell’arretrato»: così il pre­si­dente del Con­si­glio Renzi nella con­fe­renza stampa dopo il con­si­glio dei mini­stri del 29 ago­sto. Le parole sono più o meno le stesse di quelle di tutti i capi di governo e mini­stri della giu­sti­zia che si sono alter­nati negli ultimi vent’anni (e che hanno lasciato l’incarico con la situa­zione inal­te­rata quando non peggiorata…).

Cam­bia solo il tono, che in Renzi è asser­tivo e trion­fa­li­sta. Ma non c’è biso­gno di essere esperti per cogliere che, para­fra­sando il titolo di un vec­chio film, sotto le pro­messe non c’è niente.

Rias­su­miamo. Nel con­si­glio dei mini­stri del 29 ago­sto – quello, per inten­derci, che avrebbe dovuto stu­pire il mondo per i cam­bia­menti intro­dotti nella scuola ita­liana – sono stati appro­vati, secondo il sito del Mini­stero della giu­sti­zia, sette prov­ve­di­menti pre­sen­tati dal mini­stro Orlando.

In realtà a tutt’oggi, dopo oltre dieci giorni, del con­te­nuto di quei prov­ve­di­menti si cono­scono solo indi­scre­zioni e non è stato dif­fuso alcun testo. Quel che si sa è che uno solo è un decreto legge, desti­nato per defi­ni­zione ad entrare subito in vigore, men­tre gli altri sono dei dise­gni di legge che segui­ranno un iter par­la­men­tare da defi­nire e il cui con­te­nuto sarà oggetto di modi­fi­che e con­trat­ta­zioni (come i par­titi che sosten­gono, in modo palese o di fatto, il governo si affan­nano a pre­ci­sare prima ancora che ne sia noto il testo…).

Uscendo dal poli­ti­chese: nes­suno – nep­pure nella mag­gio­ranza di governo – sa come sarà modi­fi­cato e velo­ciz­zato il pro­cesso civile, quale sarà l’assetto della magi­stra­tura ono­ra­ria (da cui dipende gran parte del futuro della giu­sti­zia civile), come si atteg­gerà la respon­sa­bi­lità civile dei magi­strati, quali modi­fi­che saranno intro­dotte nella giu­sti­zia penale (in tema di pre­scri­zione, inter­cet­ta­zioni, falso in bilan­cio etc.). Non basta.

Nep­pure dell’unico decreto legge appro­vato, con­te­nente «misure urgenti di degiu­ri­sdi­zio­na­liz­za­zione ed altri inter­venti per la defi­ni­zione dell’arretrato in mate­ria di pro­cesso civile» è noto il testo. È stato dif­fuso uno schema non uffi­ciale, che viene con­ti­nua­mente aggior­nato a dimo­stra­zione che in con­si­glio dei mini­stri sono state appro­vate alcune indi­ca­zioni di mas­sima e poco più.

Anzi, lo slo­gan in cui mag­gior­mente si esi­bi­sce il pre­si­dente del Con­si­glio nel salotto di Vespa (da lui scam­biato per il Par­la­mento della repub­blica) non è stato nep­pure discusso né, tan­to­meno, appro­vato. Nello schema (o forse sarebbe meglio dire nella “pro­messa” o “minac­cia”) di decreto legge, infatti, nulla si dice sulla ridu­zione delle ferie dei magi­strati – vera chiave di volta del pen­siero ren­ziano – e viene preso in esame solo il diverso pro­blema della sospen­sione dei pro­cessi nel periodo feriale (ridotto al periodo 6–31 ago­sto).
Quanto poi al con­te­nuto dello schema, gli accor­gi­menti adot­tati per «dimez­zare l’arretrato» con­si­stono essen­zial­mente nel tra­sfe­ri­mento dei pro­ce­di­menti pen­denti, con alcune limi­ta­zioni e solo su richie­sta delle parti, alla sede arbi­trale e nella nego­zia­zione assi­stita da un avvo­cato. Accor­gi­menti la cui effet­tiva con­si­stenza e uti­lità potrà apprez­zarsi solo una volta cono­sciuto il testo defi­ni­tivo ma che cer­ta­mente, anche a detta dei soste­ni­tori del pro­getto, potranno por­tare alcuni signi­fi­ca­tivi bene­fici ma non certo modi­fi­care in modo sostan­ziale la situa­zione attuale. Dun­que, nella migliore delle ipo­tesi, la mon­ta­gna ha par­to­rito il clas­sico topolino…

Del resto, lo stesso pre­si­dente del con­si­glio sin­te­tizza la sua riforma epo­cale nello slo­gan: «Dimi­nui­remo le ferie dei magi­strati». Deci­sione fors’anche con­di­vi­si­bile ma ido­nea a risol­vere i pro­blemi della giu­sti­zia tanto quanto la revi­sione delle ferie degli impie­gati delle impo­ste ser­vi­rebbe ad azze­rare l’evasione fiscale! Intanto il novello «governo del fare» si gon­fia a tutti i livelli di magi­strati sot­tratti al lavoro ordi­na­rio e non rie­sce nep­pure a tro­vare un accordo sul nuovo diret­tore dell’Amministrazione peni­ten­zia­ria, vacante da mesi (e magari da indi­vi­duare con nuovi cri­teri dato che l’ultimo vero cono­sci­tore di car­ce­rati e car­ce­rieri è stato San­dro Mar­gara, licen­ziato nel lon­tano 1999 per la sua scarsa dut­ti­lità politica).

Evi­den­te­mente, anche per la giu­sti­zia, l’importante è dare spet­ta­colo e ven­dere fumo. I risul­tati pro­messi non ci saranno ma gli ita­liani dimen­ti­cano facil­mente le pro­messe. E, poi, si potrà sem­pre dire che la colpa dell’insuccesso è dei «gufi», degli intel­let­tuali disfat­ti­sti, dei pro­fes­so­roni che «remano con­tro», per ripren­dere l’espressione del Ber­lu­sconi dei tempi d’oro (di cui l’ex sin­daco di Firenze si mostra ogni giorno di più disce­polo dili­gente anche nel metodo).



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