L’offerta del Cremlino per la pace in Ucraina

by redazione | 4 Settembre 2014 11:25

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MOSCA — L’intesa ci sarebbe, ma solo sul percorso per arrivare al cessate il fuoco e, magari, a una pace duratura. L’annuncio di un vero e proprio accordo di pace che era stato fatto in un primo momento dal presidente ucraino Petro Poroshenko, aveva rilanciato tutte le borse mondiali. Poi sono arrivate le precisazioni e le cautele: «Solo un primo passo», «Una via verso una intesa». La Russia, inoltre, ha subito chiarito di non essere una delle parti in causa nella guerra che «non» sta combattendo. Quindi non può concordare alcuna intesa: sta a Kiev e ai ribelli parlarsi e mettersi d’accordo.
Poco più tardi però Vladimir Putin ha tirato fuori dalla manica, come un prestigiatore, un piano in sette punti. «L’ho buttato giù in aereo a mano, mentre venivo qui», ha spiegato ai giornalisti increduli che lo aspettavano in Mongolia, dove è giunto in visita. Per dimostrare che si trattava di una cosuccia non preordinata, si è poi rivolto al portavoce Peskov, allungando la mano: «Dmitrij Sergeyevich, mi dia…» Ricevuto il quadernetto sul quale aveva appuntato le sue idee, le ha elencate. 1) Fine dell’avanzata dei ribelli; 2) Ritiro dell’esercito regolare a una distanza da dove non potrà più bombardare i centri abitati; 3) Scambio senza condizioni dei prigionieri; 4) Intervento di osservatori internazionali per monitorare il cessate il fuoco e creare una zona cuscinetto di sicurezza; 5) Apertura di corridoi umanitari per civili e feriti; 6) Consegna di aiuti umanitari a Donetsk e Luhansk; 7) Invio di squadre di riparazione per ripristinare le infrastrutture distrutte. Non un piano da prendere o lasciare, ha precisato più tardi Peskov, ma un’idea da discutere, sulla quale il Cremlino attende i commenti delle parti in causa. Il primo «no» secco è arrivato dal primo ministro ucraino Arsenij Yatsenyuk, su posizioni molto più rigide del suo Presidente: «Il vero piano di Putin è distruggere l’Ucraina e restaurare l’Unione Sovietica».
Difficile che l’idea possa comunque piacere a Kiev perché, in pratica, creerebbe una condizione di separazione del sud-est ucraino, il cosiddetto Donbass (bacino del fiume Don). I precedenti, in Abkhazia, Ossezia del Sud, Transdnistria, fanno pensare a separazioni provvisorie che poi diventano permanenti. Oggi, vista la situazione militare sul terreno, sembra che il governo ucraino abbia ceduto invece sulla trasformazione del paese in uno Stato federale con ampia autonomia per il Donbass, ma nulla di più.
Certamente questi venti di pace arrivano in un momento cruciale, visto che l’Ue si appresta a varare contro Mosca nuove sanzioni che sono già state definite dalla Commissione. Non ci sarebbe il boicottaggio dei mondiali di calcio del 2018 (è troppo presto per parlarne) e del Gran premio di Formula uno del 12 ottobre a Sochi (è troppo tardi), ma misure economiche e finanziarie.
I due campi, intanto, flettono i muscoli, dopo l’annuncio Nato di creare infrastrutture nell’Est (quasi certamente in Polonia, Romania e nei paesi baltici) e una forza di reazione rapida. Mosca ha risposto con la decisione di rivedere la dottrina militare del 2010 che prevede l’uso di armi nucleari solo in risposta a un attacco. Il generale Yakubov, coordinatore degli ispettori del ministero della Difesa, ha affermato che sarà necessario stabilire in quali circostanze «la Russia potrebbe assestare colpi preventivi con le sue forze strategiche». E nei prossimi giorni i reparti missilistici effettueranno grandi manovre in Siberia, per «difendersi da attacchi di forze non convenzionali e ad alta precisione».
Anche in Ucraina ci saranno manovre il 16 settembre, assieme a diversi paesi Nato: parteciperanno anche 200 paracadutisti americani. Si tratta di un progetto che va avanti da tempo nel quadro del Partenariato per la Pace. Il premier Yatsneyuk ha poi annunciato che il suo paese inizia a costruire una specie di muro lungo la frontiera russa: filo spinato elettrificato e fossati minati. Come se tutto ciò potesse servire a qualche cosa nel caso che Mosca decidesse una invasione.
Fabrizio Dragosei

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