Mille Occupy per la terra

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Il fan­ta­sma che si aggira per l’America da un po’ di anni è quello della coscienza sociale. Oggi a New York si tiene quella che nelle inten­zioni degli orga­niz­za­tori dovrà essere la più grossa mani­fe­sta­zione della sto­ria sul tema del cam­bia­mento cli­ma­tico. Par­te­ci­pano più di mil­le­quat­tro­cento orga­niz­za­zioni, sono attese cen­ti­naia di auto­bus da tutti gli Stati Uniti mobi­li­tati da una coa­li­zione di atti­vi­sti, ambien­ta­li­sti, sindacati.

L’idea nasce da un Ong, 350?.org, attiva in oltre 188 paesi ma con base in Ame­rica, e sta costruendo un movi­mento glo­bale sul tema dell’ambiente. Di que­sta mani­fe­sta­zione a New York se ne parla da luglio, prima online, tra­mite twit­ter, poi sono ini­ziati a com­pa­rire dei volan­tini, poi a fine ago­sto hanno affit­tato gli spazi pub­bli­ci­tari di un intero vagone della metro­po­li­tana per pub­bli­ciz­zare l’evento di oggi.

A seguire, il 7 set­tem­bre è uscito un docu­men­ta­rio che mira ad ispi­rare il movi­mento glo­bale, Disrup­tion, dispo­ni­bile online e distri­buito in cen­ti­naia di sale in giro per gli Stati Uniti e per il mondo. Pro­iet­tato a New York, tra gli altri luo­ghi anche alla New School, la famosa facoltà di scienze sociali dove inse­gnano molte delle menti meno orto­dosse del campo accademico.

La mani­fe­sta­zione di oggi si tiene in con­co­mi­tanza con l’inizio dell’assem­blea gene­rale dell’Onu sul clima. Ma il cor­teo, con­tra­ria­mente alle aspet­ta­tive, non ter­mi­nerà nei pressi del palazzo di vetro. Il per­corso invece è stato stu­diato per evi­tare gli annosi pro­blemi con la poli­zia di NY che anche con un nuovo sin­daco come De Bla­sio non rea­gi­sce con entu­sia­smo alle grandi mani­fe­sta­zioni cittadine.

Nelle piazze migliaia di persone, per far rinascere un’azione globale «contro il razzismo ambientale e per la giustizia climatica»

«Il cor­teo non ha il fine di bloc­care l’Onu o para­liz­zare New York City – spiega Paul, uno degli atti­vi­sti — que­sta mani­fe­sta­zione è in realtà la prima uscita di un movi­mento più ampio, una coa­li­zione che com­prende non solo i soliti ambien­ta­li­sti bian­chi ma i sin­da­cati e i rap­pre­sen­tanti delle comu­nità (spesso povere e delle mino­ranze) più col­pite dagli effetti del cam­bia­mento cli­ma­tico. Que­sto non è il vec­chio tipo di mar­cia per il clima in cui si parla solo di orsi polari. È più di que­sto. Stiamo par­lando di raz­zi­smo ambien­tale e di giu­sti­zia climatica».

Per avere il per­messo di scen­dere in strada sono occorse set­ti­mane, la poli­zia non era pro­prio in vena di nego­ziare e l’ha dimo­strato tem­po­reg­giando e per­dendo tempo.

«So che molti si aspet­ta­vano da noi una serie di flash mob ed altri tipi di mobi­li­ta­zioni – dice Sam, anche lui parte dell’organizzazione — ma la radi­ca­lità qui non è nelle tat­ti­che, è nel costruire una coa­li­zione più ampia, poten­zial­mente enorme, non ignorabile».

E que­sto è pro­prio il punto, il costruire una massa cri­tica che si pro­pone come inter­lo­cu­tore e che mette insieme ingiu­sti­zia socio-economica e temi ambien­tali, mostrando quanto siano cor­re­lati. Quanto, in realtà siano la stessa cosa.

Non è un caso che l’esordio di 350?.org ricordi molto le stra­te­gie comu­ni­ca­tive di Occupy Wall Street: se ne ini­zia a par­lare online mesi prima, si fanno tra­pe­lare nel main­stream le noti­zie che qual­cosa di epo­cale sta avve­nendo, anzi, è già avve­nuta, biso­gna solo fare atten­zione. «Non è un caso, in quanto molte sono le stesse per­sone – dice Libor, arti­sta, atti­vi­sta e parte di Occupy – 350?.org ha con­tat­tato molti di quelli che cura­vano la comu­ni­ca­zione di Ows. Il cor­teo sarà un suc­cesso, te lo garan­ti­sco anche per que­sta ragione».
Il cor­teo di oggi non è un epi­so­dio iso­lato ma la mani­fe­sta­zione più visi­bile di una serie di azioni, con­fe­renze, eventi, alcuni dei quali potreb­bero diven­tare più conflittuali.

21desk1clima

A par­tire da domani mat­tina, le strade saranno di nuovo riem­pite da ex par­te­ci­panti di Occupy Wall Street che sotto la ban­diera Flood Wall Street, pro­met­tono un mas­sic­cio sit-in mirato a col­pire le isti­tu­zioni che trag­gono pro­fitto dalla crisi climatica.Ci sarà Naomi Klein, il cui nuovo libro (leggi la recen­sione qui) si basa sulla tesi già pub­bli­cata da lei in un arti­colo del 2011, per cui inver­tire il cam­bia­mento cli­ma­tico è incon­ce­pi­bile senza sfi­dare il capi­ta­li­smo glo­bale; ci sarà il pre­mio Puli­tzer Chris Hod­ges e dopo i loro inter­venti comin­ce­ranno le azioni dirette riguardo le quali, ovvia­mente, non ven­gono dati par­ti­co­lari det­ta­gli. «L’idea è quella di met­tere in evi­denza la con­nes­sione tra la crisi cli­ma­tica, il capi­ta­li­smo estrat­tivo, e le isti­tu­zioni finan­zia­rie che ne trag­gono pro­fitto», dicono gli organizzatori.

«Ho fatto parte di Occupy Wall Street e di Occupy Sandy – con­ti­nua Libor – quanto tutto sia un grande con­ca­te­na­mento poli­tico per noi è evi­dente e non si ferma qua. Io sono vegano e non è un capric­cio, è un’azione poli­tica. Man­giare carne, soste­nere non solo tutta una catena di ser­vizi e mec­ca­ni­smi col­le­gati all’industria del cibo ma anche una cul­tura della supre­ma­zia è incon­ci­lia­bile col mio pen­siero poli­tico. Chi non ne vede la con­trad­di­zione ha un pro­blema. Comun­que, in que­sto periodo sto­rico è tutto molto facile, si capi­sce chi sono i cat­tivi, qual è la parte sba­gliata della sto­ria. Ed è facile stare con i buoni, basta indi­vi­duare il ban­dolo della matassa: sono le stesse per­sone a cau­sare pro­blemi solo super­fi­cial­mente non connessi».

In molti par­te­ci­pe­ranno ad entrambi gli eventi, quello di oggi e di domani. Da mesi molti atti­vi­sti si stanno pro­di­gando per la riu­scita delle due gior­nate e gli orga­niz­za­tori sono attenti a ripe­tere che le tat­ti­che sono diverse ma com­ple­men­tari. «Non stiamo pun­tando il dito con­tro quello che potrebbe essere sba­gliato – rac­conta Susan, che par­te­cipa all’organizzazione di entrambe le gior­nate, par­tendo daFlood Wal Street – Molti di 350?.org stanno lavo­rando con noi e vice­versa. Ora abbiamo una incre­di­bile oppor­tu­nità di orga­niz­zare qual­cosa e non ha dav­vero senso per­dersi nelle dif­fe­renze quando abbiamo dei nemici comuni così potenti».



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