Con Music For Peace cento tonnellate di aiuti a Gaza

Con Music For Peace cento tonnellate di aiuti a Gaza

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Cento ton­nel­late di medi­cine, ali­menti e mate­riale sco­la­stico, 2 ambu­lanze e 7 con­tai­ner: è il carico con cui Music for Peace è entrata a Gaza il 16 Set­tem­bre. Al momento siamo il primo e l’unico con­vo­glio uma­ni­ta­rio pro­ve­niente dall’Italia per la Striscia.

È sem­pre stato dif­fi­cile arri­vare in que­sta terra mar­to­riata da guerra e asse­dio, quest’anno più che mai. Siamo stati bloc­cati 50 giorni in Ita­lia in attesa dei per­messi di tran­sito e valico dei con­fini. Nel frat­tempo c’è stata l’Operazione Mar­gine Pro­tet­tivo, i morti, i feriti, gli sfol­lati, la bru­ta­lità di una guerra feroce. Durante gli ultimi giorni di attac­chi alla Stri­scia ci sono stati rila­sciati i per­messi di tran­sito sul suolo egi­ziano. Abbiamo dun­que lasciato l’Italia il 26 agosto.

Per le pro­ce­dure del mini­stero degli esteri egi­ziano il con­vo­glio sarebbe dovuto entrare a Gaza dopo appena 72 ore. Ma la ten­sione nel Sinai, le atti­vità mili­tari nel nord della regione e la mac­chi­nosa buro­cra­zia egi­ziana hanno bloc­cato la caro­vana per altri 22 giorni. Ma il 16 Set­tem­bre, dopo 72 gironi di stop, il primo con­vo­glio uma­ni­ta­rio ita­liano è entrato a Gaza. Si tratta della sesta mis­sione nella Stri­scia di Gaza. La prima fu nel 2009, con un grande amico ad atten­derci oltre il valico: Vit­to­rio Arrigoni.

In que­sti giorni stiamo distri­buendo per­so­nal­mente il mate­riale agli ospe­dali e alle fami­glie più col­pite dall’ultimo attacco, per­cor­rendo in lungo e in largo tutta la Stri­scia. Ci imbat­tiamo così nel quar­tiere di She­jaya, dove la gente è tor­nata a vivere nelle pro­prie case sven­trate oppure nelle tende mon­tate sopra le mace­rie (nella foto reu­ters). È un quar­tiere raso al suolo: la moschea, l’ospedale Al Wafa, il cen­tro per ragazzi down, non c’è più nulla.

Lì cono­sciamo Ahmed, due grandi cica­trici sol­cano il suo ven­tre in lungo e in oriz­zon­tale. È stato ferito da un bom­bar­da­mento, ha atteso i soc­corsi per circa tre ore. I fami­liari lo cre­de­vano morto, atten­de­vano il suo corpo nel cimi­tero. Invece ha resi­stito, hanno dovuto aspor­tar­gli un pol­mone e ope­rarlo altre 4 volte a Geru­sa­lemme. Cono­sciamo anche Somud, una ragazza dagli occhi grandi che ter­ro­riz­zata ci dice «Il 25 ter­mi­nerà la tre­gua, forse la guerra rico­min­cerà». Que­sta è Gaza. Si ha cer­tezza del qui e adesso, non del futuro, non del domani. La situa­zione è appena meno grave, ma ugual­mente ter­ri­bile a Khan You­nis, Nusei­rat, Jaba­lya, Rafah, Zytoon: mace­rie. Case, vite, esi­stenze che non tor­ne­ranno. Le scuole dell’Unrwa pul­lu­lano di fami­glie sfol­late, men­tre non ci sono piani per la ricostruzione.

Distri­buiamo ali­menti, kit sco­la­stici, mate­rassi, coperte, gio­cat­toli, le medi­cine solo agli ospe­dali. Sap­piamo che cento caro­vane non ser­vi­ranno a risol­vere i pro­blemi dei Gazawi. Infatti, ancor più del mate­riale è impor­tante il mes­sag­gio con­te­nuto in esso. Non rac­co­gliamo denaro, ma diret­ta­mente mate­riale, sen­si­bi­liz­ziamo gli stu­denti e pun­tiamo a coin­vol­gere le per­sone: quando saremo in tanti a cam­mi­nare verso la giu­sta dire­zione, potremmo cam­biare le cose. 100 ton­nel­late di aiuti uma­ni­tari non sono solo un carico uma­ni­ta­rio, ma con­ten­gono il cuore e la soli­da­rietà di 100.000 per­sone. È neces­sa­rio smet­terla con le parole e la filo­so­fia fine a se stessa, è impor­tante con­ti­nuare a par­lare di Pale­stina, ma com­bi­nare le parole ai fatti, per­ché que­sto è quello che la gente ci chiede, in Ita­lia come a Gaza. Vi invi­tiamo a seguire il dia­rio di bordo della mis­sione sulla pagina Face­book Music for Peace Crea­tivi della Notte.



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