Scozia, la corsa dei leader per scongiurare la secessione La regina: “Non mi schiero”

Scozia, la corsa dei leader per scongiurare la secessione La regina: “Non mi schiero”

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LONDRA . Il conto alla rovescia verso il referendum del 18 settembre sull’indipendenza della Scozia inizia a somigliare a un film comico. C’è qualcosa di surreale, per non dire di ridicolo, nell’improvvisa corsa dell’establishment britannico ad abbracciare gli scozzesi, offrendo loro di tutto, purché restino parte del Regno Unito. I leader dei tre maggiori partiti nazionali, il conservatore (e primo ministro) David Cameron, il liberaldemocratico Nick Clegg, il laburista Ed Miliband, stamane voleranno a Edimburgo, disertando il settimanale dibattito in parlamento, per fare campagna elettorale per il “no” alla secessione, uniti dalla comune paura di passare alla storia come i politici che hanno smembrato la Gran Bretagna.
Come se non bastasse, Cameron ha fatto issare sul pennone di Downing Street la bandiera scozzese e annunciato che sventolerà lì, al posto dell’Union Jack britannica, fino al referendum. Miliband, per non essere da meno, ha rilanciato proponendo che la bandiera di Scozia sventoli su tutti gli edifici pubblici del paese. E secondo il Telegraph il partito conservatore sta premendo sulla regina Elisabetta affinché la sovrana, violando la sua costituzionale neutralità, scongiuri gli scozzesi di votare “no” e restare nell’unione. Secca, in serata, la risposta di Buckingham Palace: «La regina è sopra le parti. Ogni indicazione che la sovrana possa voler influenzare la campagna referendaria è categoricamente sbagliata. Sua Maestà è ferma nell’avviso che la questione riguardi il popolo della Scozia».
Londra, insomma, ha perso la testa. Dopo il sondaggio che domenica ha dato per la prima volta in vantaggio i “sì” all’indipendenza, 51 a 49 per cento, ieri altri due hanno confermato una sostanziale parità fra i due campi: 39 a 38 per i “no”, secondo uno, 41 a 41 secondo l’altro (con un 20 per cento di indecisi). L’incertezza sull’esito della consultazione, che fino a un mese fa il governo britannico (avvalorato dai sondaggi) era sicuro di vincere, sta suscitando il panico lungo il Tamigi. «Non facciamo già piani per una secessione della Scozia», dice Cameron, ma gli credono in pochi: quei piani li fanno tutti, dai giornali alla Bbc .
Le conseguenze di un’indipendenza scozzese sarebbero epocali. Per il governo britannico, con Cameron probabilmente costretto a dimettersi, forse sostituito dal sindaco di Londra, Boris Johnson. Per l’opposizione: senza il sostegno della Scozia, che ha sempre votato massicciamente a sinistra, i laburisti rischiano di non vincere più un’elezione. Per il parlamento nazionale: pur votando sì all’indipendenza fra otto giorni, la Scozia non diventerebbe stato sovrano prima del 2016, per cui i suoi elettori voterebbero per le elezioni britanniche del 2015 ma i deputati da essi eletti dovrebbero dimettersi l’anno seguente, un bel rompicapo per chiunque dovrà formare una maggioranza. Per i mercati: la Scozia vuole conservare la sterlina come valuta, ma la Gran Bretagna minaccia per ora di rifiutargliela, e nel dubbio c’è il pericolo di un crollo della moneta e della borsa, oltre a un fuggi fuggi di banche da Edimburgo a Londra. Per il petrolio, principale risorsa economica scozzese, che andrà diviso (la Scozia dovrebbe tenersene il 91 per cento). Per i sottomarini armati di missili nucleari, che la Scozia non vuole più sul suo territorio ma che Londra non ha i soldi per spostare altrove. Per l’Unione Europea: la Scozia vuole farne parte, ma il veto di anche un solo paese membro la bloccherebbe; e il referendum sulla Ue che Cameron intende fare nel 2017 ha ancora più chances di finire, senza i voti degli scozzesi, con un divorzio dall’Europa. Infine l’indipendenza avrebbe conseguenze per il nome del paese, che non potrebbe più essere Gran Bretagna, denominazione scelta 300 anni fa quando l’Inghilterra inglobò la Scozia: forse diventerebbe Regno Unito di Inghilterra, Galles e Irlanda del Nord. Con la possibilità che anche quest’ultima, a quel punto, faccia un referendum secessionista per ricongiungersi con la repubblica d’Irlanda, e il regno si disunisca sempre di più.



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