by redazione | 19 Settembre 2014 8:49
ROMA . La Commissione lavoro del Senato approva l’emendamento del governo sul contratto a tutele crescenti per i nuovi assunti, testo che di fatto apre la strada alla modifica dell’articolo 18. Il Jobs Act sbarcherà in aula martedì. Si tratta della riforma che Renzi vuole approvare entro dicembre, anche a costo di bypassare le Camere con un decreto in caso di palude, per placare l’Europa pronta a mettere sotto tutela l’Italia per il mancato risanamento dei conti. In commissione, per quanto spaccato al suo interno, il Pd vota compatto, con i suoi otto rappresentanti tutti a favore della delega. Si astiene Forza Italia mentre abbandonano la seduta Sel e M5S. Il ministro Poletti si dice «soddisfatto» per l’approvazione della delega che giudica «migliorata nei suoi punti più significativi». Ma i democratici sono divisi sull’epocale riforma dello Stato dei lavoratori. Dopo le critiche a Renzi pronunciate da Stefano Fassina, anche Bersani dice che il governo ha «intenzioni surreali». Il presidente dell’Assemblea nazionale del Pd Matteo Orfini affida il suo pensiero a Twitter: «I titoli del Jobs Act sono condivisibili, lo svolgimento meno. Ne discuteremo in direzione ma servono correzioni importanti al testo». Anche Pippo Civati, leader della minoranza del partito, attacca, chiede un referendum tra gli elettori del Pd e parla di «una proposta alternativa che non prevede di scannarsi sui diritti dei lavoratori che si potrebbe approvare domani mattina accontentando non solo l’Europa, ma anche chi l’emergenza la vive in prima persona perché il lavoro non ce l’ha». Cesare Damiano, presidente della commissione Lavoro di Montecitorio, afferma che «è necessario convocare tutti i parlamentari del Pd in una riunione con il governo per svolgere una approfondita riflessione». Mercoledì vertice dei critici per le contromosse contro il governo, nel mirino anche per legge elettorale e gestione del partito. Ma i renziani fanno quadrato. Per il vicesegretario Lorenzo Guerini «è giusto che se ne discuta, poi il partito si troverà unito». Debora Serracchiani riconosce: «Può darsi che non saremo tutti d’accordo, ma questo non significa che non siamo in di dare agli italiani il cambiamento che aspettano. Arriveremo fino in fondo». Spinge sull’acceleratore il Nuovo Centrodestra che con Sacconi dopo il voto della commissione parla di «una pagina storica» e auspica che il Jobs Act diventi legge entro novembre.
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