Sicurezza tra (poche) risorse e disfunzioni

by redazione | 6 Settembre 2014 9:09

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ROMA — Al «niente ricatti» di Matteo Renzi, la risposta più gettonata che si raccoglie tra questure e caserme dei carabinieri è: «Ma da dove viene la minaccia quando un capo del governo replica che cinque forze di polizia sono troppe? Che fa, ne chiude qualcuna? E non è un ricatto?». A parlare così non sono (solo) i sindacalisti più esagitati, ma funzionari e militari abituati a lavorare senza curarsi di orari e buste paga, consapevoli di svolgere un servizio importante che non si più paragonare a quelli di altri funzionari pubblici. Ma, appunto, adesso chiedono che la differenza della loro «missione» sia tenuta in qualche considerazione.
Una razionalizzazione dell’organizzazione del comparto sicurezza non è tabù, nemmeno all’interno delle stesse forze dell’ordine. Anzi, tra i sindacati di categoria c’è persino che ne ha fatto una specie bandiera. Come per esempio il Sap, il sindacato autonomo che gode del maggior consenso (sono quelli dell’applauso ai condannati per l’omicidio Aldrovandi, al loro congresso in primavera). Il segretario Gianni Tonelli ne conta addirittura sette (includendo anche polizia provinciale e municipale) e sostiene che «sono un carrozzone troppo pesante per le buste paga degli operatori e le tasche dei contribuenti». È lo stesso Sap che denuncia come a Firenze ci siano ben 11 centrali operative, di cui addirittura quattro per la Polizia di Stato (il 113, due per la Stradale e una per la ferroviaria). Nella stessa città ci sarebbero anche quattro mense della polizia, due dei carabinieri e una a testa per i pompieri e i vigili urbani.
È possibile che su queste voci si possa risparmiare, ma per adesso si procede soprattutto a slogan. Gli autonomi, ad esempio, propongono di accorpare il Dipartimento del Soccorso Pubblico, che comprende i Vigili del fuoco, a quello della Pubblica sicurezza visto che entrambi dipendono dal ministro dell’Interno: «Si risparmierebbero decine di milioni con la riduzione di uffici, impiegati, funzionari e prefetti». Un’operazione che avrebbe bisogno di maggiori approfondimenti, per valutarne la realizzabilità.
A fronte dei presunti sprechi, lo stesso sindacato autonomo punta il dito su revisioni di spesa e accorpamenti che — viceversa — secondo la denuncia precluderebbero la funzionalità degli uffici, finendo per mettere a rischio la sicurezza dei cittadini: «Il governo, e il ministro Alfano in particolare, taglieranno da fine settembre 267 presidi di polizia; colpite in particolare Polfer e Stradale. Per la Polfer, basti pensare che si pensa di chiudere i principali posti sulla linea Roma-Firenze, lasciando i viaggiatori in balia di furti e problemi, mentre a Roma vogliono chiudere l’ufficio Polfer di Tiburtina, la seconda stazione della capitale». E ancora, sempre a proposito di risorse che scarseggiano: «A Roma, con una questura e 38 commissariati, si riescono a garantire appena 15 volanti per turno, una macchina ogni 150.000 persone, impossibile garantire la sicurezza».
Sono numeri che altri contesteranno, o che possono essere spiegati diversamente. Tuttavia il problema di una diversa organizzazione di uffici, uomini e mezzi è all’ordine del giorno. Sul piano della presenza sul territorio, ma anche per quanto riguarda la gestione dei fondi a disposizione. A marzo scorso il Dipartimento della pubblica sicurezza aveva inviato a Palazzo Chigi un documento condiviso dal capo delle polizia Pansa e dai generali Gallitelli e Capolupo, comandanti generali di carabinieri e Guardia di finanza, in cui si metteva in guardia da ulteriori interventi sugli stipendi dei loro uomini. Sui soldi destinati al personale, avvertivano, «non è più assolutamente possibile immaginare ulteriori compressioni senza determinare impatti fortemente critici sulla funzionalità minima della struttura, già sensibilmente intaccata da blocchi di turn over che hanno innalzato l’età media del personale e da blocchi contrattuali e di progressioni economiche che, protratti negli anni, cominciano a determinare difficoltà di gestione degli organici e della necessaria motivazione del personale».
In quell’elaborato — proprio per evitare la situazione che s’è determinata ora — i tre capi indicavano la via del risparmio sugli affitti («l’unico versante disponibile di azione resta ancora quello delle spese per locazioni passive»), nonché la «realizzazione della Centrale unica di spesa per gli acquisti, interna al Dipartimento». E oggi i rappresentanti di altri sindacati, come l’Associazione nazionale dei funzionari di polizia, rimandano proprio all’elaborato della scorsa primavera. A dimostrazione che non c’è troppa differenza di posizioni tra vertici e base.
«Nel contesto attuale — spiega Lorena La Spina, segretario dell’Anfp — più che di unificazione dei Corpi si può discutere da un lato dell’accorpamento di funzioni organizzative e gestionali, per evitare inutili duplicazioni e comprimere i costi di acquisti, e dall’altro di un maggiore ed effettivo impulso al coordinamento tra le varie forze di polizia». Ognuna di esse mantiene, infatti, competenze specifiche che non possono sparire: dal controllo del territorio a quello delle carceri, dalla tutela dell’ambiente alla lotta all’evasione fiscale, e all’interno delle singole specializzazioni nascono le operazioni legate all’attività giudiziaria. Anche l’antica questione dell’unificazione dei numeri d’emergenza può essere affrontata ma senza enfatizzazioni perché, spiega La Spina, «non potrebbe certo implicare una riduzione delle risorse destinate alla delicatissima funzione di ricezione, smistamento e filtro delle migliaia di segnalazioni e richieste che quotidianamente riceviamo in un settore già in grave sofferenza».
Dunque i risparmi sarebbero relativi. E comunque relativi rispetto a quelli realizzabili intervenendo su una razionalizzazione dei mezzi ad alta tecnologia, come elicotteri e natanti moderni che potrebbe essere riservati al Corpo che più li utilizza e richiesti dagli altri in caso di necessità. Importante sarebbe anche un più concreto e rapido utilizzo dei beni confiscati alla criminalità organizzata che dovrebbero andare a rimpinguare, a costi limitati, quelli a disposizione della sicurezza.
Giovanni Bianconi

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