Ucraina: oligarchi, Putin e Kiev. Chi vuole la guerra civile?

by redazione | 9 Settembre 2014 10:23

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Nono­stante la tre­gua for­male la guerra civile ucraina non sem­bra avere fine. Per­ché? Chi la vuole?
Sull’ultimo numero di Foreign Affairs John J. Mearsh­meier, l’impeccabile stu­dioso di rela­zioni inter­na­zio­nali, dedica un’accurata ana­lisi all’Ucraina: Why the Ukraine Cri­sis Is the West’s Fault. Il sag­gio dovrebbe essere gene­ro­sa­mente inviato ai nostri media che, salvo ecce­zioni, da mesi stanno pro­pi­nando non i fatti ma la solita ideo­lo­gia anti­so­vie­tica con il solito piz­zico di anti­co­mu­ni­smo. Mearsh­meier riper­corre gli eventi che dal 1989 hanno segnato i rap­porti tra la Rus­sia, gli Stati Uniti e l’Europa: sem­pre pes­simi salvo gli anni di Yel­tsin quando a Mosca erano di casa eco­no­mi­sti ame­ri­cani per inse­gnare il capi­ta­li­smo. Vero è che i rob­ber baron ex sovie­tici misero pre­sto in chiaro di non aver biso­gno di mae­stri per l’economia men­tre per la poli­tica dopo una tumul­tuosa età di tor­bidi, si affermò Putin, «l’uomo più odiato del West».

In accordo con Kis­sin­ger, Mearsh­meier lo defi­ni­sce uno stra­tega di prima classe e spiega per­chè Washing­ton, Lon­dra e Parigi si con­fron­tano con lui den­tro una visione da guerra fredda con ven­dette ancora da sod­di­sfare. Le ven­dette le chie­dono i paesi euro­pei, grandi e pic­coli che erano nell’orbita sovie­tica e che in Ame­rica hanno influenti gruppi di pres­sione: ame­ri­cani di ori­gine polacca, ucraina, bal­tica. Tutti den­tro un pas­sato che non c’è più e che fol­le­mente è stato rie­su­mato con l’affaire Ucraina. Che è comin­ciato con il colpo di stato a Kiev, quando mem­bri del partito/movimento “Set­tore Destra” hanno cac­ciato dal par­la­mento chi era stato appena legit­ti­ma­mente eletto. È allora esploso il con­flitto tra chi vuole chiu­dere i rap­porti con Mosca, che durano dal 1654 e chi non vuole.

Die­tro agli uni e a agli altri vi sono spinte esterne e interne. C’è Putin che appa­ren­te­mente ha in mano pedine vin­centi. Vi sono l’America di Obama, la Ger­ma­nia della Mer­kel, la Fran­cia di Hol­lande che non hanno azzec­cato una mossa e anzi hanno desta­bi­liz­zato ancor più le ten­sioni inte­stine. Che sono la realtà di cui pre­oc­cu­parsi. Sono gli oli­gar­chi a volere e finan­ziare la guerra civile. Lo scon­tro in corso è per il con­trollo del ter­ri­to­rio e della sua eco­no­mia e dura dal 2004 quando hanno tolto di mezzo Leo­nid Kucma, l’oligarca salito al rango di pre­si­dente dell’Ucraina indi­pen­dente. Kucma, nato con­ta­dino sovie­tico e diven­tato diret­tore di una sofi­sti­cata fab­brica di mis­sili, è il vec­chietto che appare come padre della patria, nella foto di Minsk sull’accordo per la tregua.

Accanto a lui vi è il rap­pre­sen­tante di una fazione filo russa men­tre non sono pre­senti i mili­tanti di «Set­tore Destro» che con­te­stano l’accordo. Al momento il con­trollo sui com­bat­tenti «volon­tari» pro Nato o pro Rus­sia dipende dall’intesa tra gli oli­gar­chi della finanza e quelli dell’economia reale. Il nodo è lì. Il cioc­co­la­taio Poro­shenko è debole ed è per que­sto che vuole l’accordo con Putin. Ma Putin è bravo a gio­care con Obama e la Mer­kel, e forse molto meno con le mili­zie degli oli­gar­chi che non inten­dono cedere pezzi di ter­ri­to­rio appena conquistati.

Sui limiti della Rus­sia di Putin, pun­tuale è l’analisi di Mearsh­meier che valuta medio­cre l’esercito e debole l’economia. I viaggi di Putin nelle ex repub­bli­che asia­ti­che, le rela­zioni con la Cina sareb­bero non prove di espan­sio­ni­smo «imperial-sovietico» ma ricerca di alleati e di affari giac­chè le porte dell’Europa sono chiuse. E anzi nemi­che. Il fatto è che ancor più di Kiev, la Rus­sia ha biso­gno che quelle porte si aprano. È un paese capi­ta­li­stico in affari con gli uomini dell’economia di tutta l’Europa, ha un governo sta­bile con un’opinione pub­blica che l’appoggia, ha una poli­tica estera orien­tata a risol­vere le crisi in atto e non a fomentarle.

Lo testi­mo­niano l’approccio sulla Siria e l’Iran. Certo non è un lim­pido stato di diritto kan­tiano ma oggi chi lo è? L’Egitto cui si per­dona di tenere in galera il legit­timo vin­ci­tore delle ultime ele­zioni? Oppure i paesi bal­tici dove vivono milioni di russi in perenne disgra­zia, col­pe­voli per i loro padri che arri­va­rono «dall’Impero del male»? Per­ché è il pas­sato che non si per­dona alla Rus­sia, è il 1917 bol­sce­vico che torna come un incubo non appena un poli­tico russo si azzarda ad alzare gli occhi, senza il capo coperto di cenere, senza chie­dere perdono.

Per rimet­terlo in riga molte sono state le ini­zia­tive decise dall’America, dall’Europa e dalla Nato. Solo che in que­stione non è «l’uomo più odiato del West» ma la legit­ti­ma­zione della Rus­sia in Europa. Poi­ché allora potrebbe aversi un accordo dura­turo tra Mosca e Kiev (sem­pre che lo vogliano gli oligarchi).

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