Apolidi, 10 milioni di “senza patria” nel mondo

Apolidi, 10 milioni di “senza patria” nel mondo

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ROMA – Sono 10 milioni gli apolidi nel mondo, di questi dai 3 ai 5 sono bambini. In Europa se ne contano 600mila, mentre in Italia la cifra stimata da Sant’Egidio è di 15mila persone in maggioranza rom. Stranieri tra gli stranieri, gli apolidi, sono persone vulnerabili che non esistono giuridicamente e “colpite nel quotidiano da continui ostacoli per ottenere quello che per gli altri è normale”. A sottolinearlo è Helena Behr di Unhcr, nel corso di un convegno organizzato oggi al Senato in occasione dei 60 anni della Convenzione sullo status di apolide. L’iniziativa organizzata da Cir e Unhcr, è stata l’occasione anche per lanciare la campagna dell’Alto commissariato, che partità il prossimo 4 novembre e ha come obiettivo quello di sradicare entro 10 anni il problema dell’apolidia.
“E’ un obiettivo ambizioso ma realizzabile, sia in Europa che in Italia – spiega Behr –l’apolide è una persona che non esiste giuridicamente. E ogni volta resto molto colpita dalla sofferenza nel quotidiano e dagli ostacoli, che queste persone devono affrontare per ottenere quello che per noi è normale. I bambini apolidi nel mondo sono da 3 a 5 milioni, e si stima che i figli dei rifugiati siriani oggi siano a rischio di apolidia”.
L’Italia sessant’anni fa ha ratificato la convenzione 54 sullo status di apolidia. “In Italia ci sono due procedure, una amministrativa e una giudiziaria per il riconoscimento dello status – sottolinea Daniela Di Rado del Cir – che funzionano abbastanza bene ma nessuna delle due procedura delinea quali sono i diritti delle persone”.
Secondo Angelo Di Caprio, funzionario del ministero dell’Interno oggi a fronte di 230mila procedimenti amministrati vi per la richiesta di cittadinanza si contano 30-40 domande per il riconoscimento dell’apolidia, mentre i procedimenti pendenti sempre per apolidia ad oggi sono 358. “Il riguarda soprattuto i figli dei rom della ex Jugoslavia – spiega – che sono nati e cresciuti in Italia ma non hanno ancora ottenuto la cittadinanza. Questi problemi non potranno risolversi se non con un intervento di tipo legislativo”. (ec)

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