Asem, l’Europa gioca la carta asiatica

by redazione | 17 Ottobre 2014 9:16

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Occhi puntati sul premier cinese Li Keqiang: così Pechino approfitta della crisi per espandersi da noi È stata una fiera dei biglietti da visita, finora, la riunione dell’Asem iniziata ieri a Milano. Gli incontri tra le donne e gli uomini d’affari di Asia ed Europa, anzi, ne sono forse l’aspetto più rilevante per quel che riguarda il lato economico del summit. «Sono presenti 400 imprenditori e manager asiatici che ne incontrano altrettanti europei — considerava ieri Gianfelice Rocca, presidente di Assolombarda —. Si tratta di scambi importanti per discutere ma anche per creare e consolidare contatti: agende parallele. Il fatto che l’Italia e Milano siano al centro di questa contaminazione combinatoria è decisamente positivo».
In effetti, misurarsi con l’Asia alle economie dell’Europa e dell’Italia farà bene. Innanzitutto, può aiutare la Ue ad alzare lo sguardo dalle diatribe, tutte interne a se stessa, su crescita contrapposta ad austerità: un dibattito che raggela il resto del mondo, che non capisce. Non è detto che succeda. Ieri, sia Matto Renzi che il presidente francese François Hollande hanno ancora sollevato, nei loro discorsi, la bandiera della crescita (che in realtà nessun governo snobba, in nessuna parte del mondo). E, prima di arrivare a Milano, Angela Merkel ha d’altra parte ribadito che tutti i Paesi devono rispettare i limiti di deficit pubblico fissati dal Patto di stabilità europeo. L’Asia-Europe Meeting ha però anche sviluppato un discorso meno eurocentrico.
Il presidente della Commissione Ue José Manuel Barroso e quello del Consiglio europeo Herman Van Rompuy hanno parlato degli accordi di liberalizzazione commerciale che la Ue ha firmato con Singapore e Corea del Sud, di quelli che sta negoziando con altri Paesi asiatici e del trattato sugli investimenti con la Cina. Durante un incontro parallelo al Politecnico di Milano, presente Renzi, il primo ministro cinese Li Keqiang ha sottolineato l’importanza della tutela della proprietà intellettuale — questione sulla quale Pechino in effetti dovrebbe fare passi avanti — per favorire l’incontro della creatività italiana e cinese. Il premier giapponese Shinzo Abe ha svolto un intervento davanti agli imprenditori riuniti nell’Asia-Europe Business Forum che è stato uno spot a favore degli investimenti nel Sol Levante. Qualcosa di simile, ma con l’aggiunta dell’invito ai Paesi della Ue a uscire dalla loro mentalità eurocentrica, lo ha fatto il presidente della camera delle Miniere filippine Benjamin Romualdez. E via dicendo.
Se sul lato geopolitico tutti gli occhi sono su Vladimir Putin e sulle sue intenzioni in Ucraina, sul versante politico il pivot è stato Li Keqiang. Arrivato a Milano dopo avere firmato accordi di business a Berlino, Mosca e Roma, ha inevitabilmente indossato il cappello di rappresentante della prima economia del mondo (quest’anno la Cina supererà gli Stati Uniti per Pil misurato in termini di parità di potere d’acquisto). Guardato con concupiscenza, vista la ricchezza del mercato cinese, ma anche con timore.
La Cina, infatti, sta approfittando della crisi europea per acquisire basi d’affari nel Vecchio Continente, in cui i prezzi delle aziende sono scesi e dove più di un governo ha chiesto aiuto a Pechino a sostegno della propria economia. Secondo un’analisi di Deutsche Bank, tra il 2008 e oggi la Cina ha realizzato più di 200 tra acquisizioni e joint-venture nella Ue, con un interesse crescente in Italia, Grecia, Portogallo e Spagna dal 2012 in poi.
Il confronto con l’Asia è per l’Europa e per l’Italia positivo anche perché mette sul tavolo i problemi veri della competitività internazionale del tutto cambiata da quando i Paesi asiatici hanno iniziato la loro straordinaria crescita economica. Si tratta di economie che in genere hanno messo l’impresa al centro del loro sviluppo, hanno mantenuto basse le tasse e da più di un decennio puntano sulla stabilità finanziaria. In questo clima, Renzi ha per esempio detto che l’Italia deve «abbassare le tasse e restituire libertà ai cittadini». Cosa sulla quale ha trovato pieno consenso, in particolare tra gli imprenditori. «Il mondo è entrato in un universo in cui i termini degli scambi e della concorrenza sono in variazione continua — ha sottolineato Rocca —. Per competere serve dunque avere dimensione sufficiente ma anche grande flessibilità. È un cambio di paradigma». Che la contaminazione asiatica può aiutare.
Danilo Taino

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