Cgil da sola in trincea Camusso: “Noi in piazza e non finirà certo lì”

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ROMA . La Cgil resta da sola all’opposizione del governo. Cisl e Uil si staccano e decidono di “andare a vedere” le carte di Renzi. I sindacati si dividono al primo incontro con il governo nella Sala Verde del terzo piano di Palazzo Chigi. Susanna Camusso conferma la manifestazione contro le politiche del governo per il 25 ottobre a piazza San Giovanni. Preannuncia al premier «che non finirà lì» e riceve come replica l’ormai classico renziano: «Ce ne faremo una ragione ».
Quella di ieri non è certo stata la giornata della ripresa della concertazione. Nulla di questo era ed è nella strategia del premier. Però qualcosa è successo. Ha detto Renzi ai sindacati: «Se evitate di ripetere le solite cantilene qui potrete aver voce in capitolo. Per troppi anni non avete compreso il cambiamento che si stava producendo nella società. Ora vi do l’opportunità di cambiare insieme a noi».
E dunque dopo le polemiche sferzanti dei mesi scorsi, Renzi ha scelto di imboccare una strada diversa. Ha scelto la via del dialogo sul modello europeo con le parti sociali. O almeno qualcosa che a quell’idea di ispira. Ha illustrato a tutti (associazioni delle imprese e organizzazioni sindacali) gli interventi sul lavoro, le ipotesi per anticipare il Tfr ai lavoratori che lo vorranno con l’obiettivo di provare a stimolare la domanda interna, ha aperto al confronto (lo sosterrà il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti) sui decreti attuativi del Jobs Act, ha fissato per il 27 ottobre un nuovo appuntamento sulla legge di Stabilità (ci sarà il titolare dell’Economia, Pier Carlo Padoan), anche se per quella data sarà già stata varata dal governo. Più avanti toccherà anche alla pubblica amministrazione con il ministro Marianna Madia. In tutto questo la Cisl, che oggi eleggerà Annamaria Furlan («Sono Furlan Annamaria della Cisl», si è presentata ai giornalisti nella sala stampa di Palazzo Chigi) segretario generale al posto di Raffaele Bonanni, ha visto gli elementi di «una svolta» nei rapporti tra il governo e le organizzazioni sindacali. E anche la Uil, per quanto più cauta, non ha escluso «l’inizio di un nuovo corso». «Perché l’idea che si possa cambiare l’Italia dall’alto a colpi di voti di fiducia e di leggi delega comincia a mostrare la corda», ha detto Luigi Angeletti con accanto il suo successore designato Carmelo Barbagallo il quale quando intorno al tavolo della Sala Verde ha provato a prendere la parola è stato più o meno zittito da Renzi con l’invito: «Lei chi è? La prossima volta dia la delega e si faccia rappresentare dal suo segretario generale Angeletti».
Inflessibile è rimasta invece la Cgil, ormai proiettata verso la manifestazione del 25 ottobre a Roma («Sono sicuro che porterete tre milioni in piazza — ha detto Renzi alla Camusso — diremo al sindaco Marino di accoglierli con il dovuto riguardo… »). Di fronte al premier, Susanna Camusso, ha sostenuto che bisognerebbe «discutere di investimenti anziché impelagarsi in questa discussione demenziale sull’articolo 18 che avete aperto». Renzi ha replicato sulla stessa linea di dialogo difficile: «Io vi dico: svegliatevi. Vi offro una serie di temi sui potete dare un contributo con proposte concrete. Si possono fare dei passi avanti insieme». Poi, in sala stampa, il segretario della Cgil ha in tutti i modi marcato le differenze con la Cisl e la Uil: «Oggi nessuno può dire che si è aperta una stagione di contrattazione. Non c’è stato nessun passo avanti. E la scelta fatta dal governo di porre al fiducia radicalizza ancor di più il fatto che non c’è un confronto con le parti sociali».
Ma forse a Renzi serve proprio una Cgil così, alleata nei fatti con la minoranza del Pd e con l’opposizione di Sel, sulla stessa linea dei duri della Fiom di Maurizio Landini, per dimostrare agli organismi europei (oggi a Milano ci sarà il vertice Ue proprio sul lavoro) e a quelli internazionali (ieri l’Fmi ha espresso apprezzamento sullo «spirito» del Jobs Act) l’efficacia della riforma del lavoro e la discontinuità, in particolare con l’intervento sull’articolo 18 e l’introduzione del contratto a tutele crescenti, rispetto alle misure del passato.
Nemmeno le imprese hanno alzato le barricate sull’operazione anticipo del Tfr. Confindustria, Rete Imprese, Cooperative non muovono obiezioni se l’intervento sarà fatto a costo zero per le aziende. Renzi ha ribadito che non si farà nulla se le piccole imprese (che utilizzano il Tfr dei lavoratori per autofinanziarsi a costi bassi) dovessero essere contrarie. D’altra parte il governo sta lavorando proprio su un’ipotesi che non avrebbe alcun impatto sulle imprese. Piuttosto i “piccoli” temono che la riforma degli ammortizzatori sociali comporti per loro maggiori oneri mentre oggi la cassa integrazione in deroga che utilizzano è finanziata dalla fiscalità generale. E temono pure la legge sulla rappresentanza sindacale perché loro i sindacati in azienda continuano a non volerli. Ma d’altra parte la legge sulla rappresentanza non la vogliono nemmeno Cisl e Uil. Su questo gli alleati di Renzi si chiamano Camusso e Landini. Alleanza senza prospettiva.



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