Grillo: basta col Parlamento, meglio le piazze

Grillo: basta col Parlamento, meglio le piazze

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ROMA Sarà la giornata di sole tropicale, sarà il sabato prefestivo, sarà un Beppe Grillo acrobatico che vola a 25 metri (lui dice 70) sotto il cielo, sarà la voglia di rivincita, fatto sta che questa volta il Circo Massimo (almeno l’area vicina al palco) lentamente si riempie. Una giornata di festa che alterna messaggi politici a momenti da festa popolare, con un finale in duetto con Edoardo Bennato e un minicomizio dei cari leader, i numi tutelari, Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo. Che rafforza un concetto già espresso nei giorni scorsi e che fa già discutere: «Il Parlamento è una dimensione che non ci appartiene. Ai ragazzi ho detto: da domani uscite, ricostruiamo gli scranni del Parlamento davanti ai cittadini. Verrò anch’io».
Preannuncio di dimissioni di massa? Alcuni non gradiscono, come il capogruppo al Senato Vito Petrocelli: «Siamo stati eletti per stare in Parlamento e dobbiamo starci a lavorare. Uscire per fare cosa?». Il Movimento mostra qualche crepa, più o meno fisiologica. Come la salita sul palco degli «attivisti critici», che contestano la mancata trasparenza del voto online. E come il duello a (breve) distanza con Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma. Che, escluso dal palco principale, prova (invano) a parlare in un palchetto posteriore.
Grillo imperversa per tutto il giorno. Comincia alle 11, con un’intemerata contro i cronisti, rei di intervistarlo mentre scorrazza tra gli stand. Gli organizzatori, troppo liberali, hanno lasciato a briglie sciolte i giornalisti. Il risultato sono domande. E irritazione. Di Grillo, ma anche di Casaleggio. Che si stufa e sbotta in un «levatevi dai…».
Grillo annuncia un referendum sull’euro, sul quale non è neutro: «Dobbiamo uscire il prima possibile. Entro maggio raccoglieremo un milione di firme per una legge di iniziativa popolare». Poi lancia un grido di dolore per Genova: «Lunedì vado al casello e voglio che l’Esercito italiano arrivi prima di Renzi». Anzi, già che c’è lancia un appello: «Questi cialtroni vanno fermati con l’esercito, perché l’esercito deve stare con gli italiani». Il Pd parla di «invito alla sovversione delirante». Il ministero della Difesa fa sapere che «i genieri dell’esercito sono già al lavoro». E Palazzo Chigi di essere concentrato nello «Sblocca Italia». Nel pomeriggio, Grillo si inerpica a sorpresa su una gru e minaccia (scherzando): «Se non riusciamo a dare una svolta, mi butto giù». Poi nuovi attacchi al Jobs act, che «creerà milioni di nuovi schiavi», alla Germania e ai «titolini dei giornalini».
Sul palco la scaletta viene cambiata per la rivolta di alcuni deputati esclusi. Ma anche tra gli stand si parla di politica. I parlamentari spiegano, ascoltano, si confrontano con i cittadini. Un dialogo mai visto. Per loro conta poco o nulla la sfida della leadership, che pure c’è. Luigi Di Maio smentisce di essere il «delfino», ma oggi chiuderà l’evento. Pizzarotti, stizzito per essere stato escluso dal palco, ironizza su Grillo: «Quando parlava dei sindaci meno buoni si riferiva a Filippo Nogarin». Ovvero il primo cittadino di Livorno, astro nascente tra i sindaci a 5 Stelle. Si vede anche Antonio Di Pietro, vecchio amico di Grillo. Che in serata introduce Casaleggio. Il «guru» esordisce attaccando i giornali, Renzi, Draghi e i politici, «portaordini della Bce». Quanto all’Europa: «Il mio bisnonno è morto sul Piave, mio nonno era partigiano: la mia sovranità nazionale non la regalo a nessuno. Devono venirsela a prendere, non con una lettera della Bce, ma con le armi».
Conclude Grillo, che cita il Buzzati dei Sette piani «Scendi un piano ogni giorno e nell’ultimo c’è l’obitorio». Attacca Renzi: «Deve andare subito aff…». Poi conclude: «Tanta gente non è venuta, la capisco. Non c’erano musicisti famosi, a parte Bennato. Ho chiamato tutti i grossi, ma non sono venuti. Rischiavano la carriera».
Alessandro Trocino



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