Grillo ora marcia su Genova “Cacciamo la peste rossa Poi chiudiamo il Parlamento ”

by redazione | 13 Ottobre 2014 10:11

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ROMA . La festa si chiude con Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista che a favore di telecamere raccolgono a mani nude i rifiuti del Circo Massimo. Li stringe, quasi a soffocarli, una folla adorante che chiede baci, scatta selfie e dà buffetti sulle guance. «Bello di mamma», dice una signora al vicepresidente della Camera. Lui sorride rilassato. Subito prima, dietro le quinte, il lungo abbraccio con Beppe Grillo ha sciolto la grande paura di queste settimane: che ci fossero poche persone, che qualcosa andasse storto, che i malumori su chi era sul palco e chi no potessero danneggiare la tre giorni stellata. «Siamo così tanti – ha detto Grillo dopo aver chiuso il suo discorso – che mi è venuta un’idea: potremmo andare a fare i testimoni da Napolitano, una bella marcetta…». «Sì, sì», urlano dal prato, prima che lui corregga: «Scherzo, siamo gandhiani… ma non siamo coglioni».
Non è l’unica provocazione: «Quando saremo maggioranza il Parlamento lo facciamo chiudere e andiamo a governare», dice il capo politico a fine comizio. I cronisti si consultano prima di scriverla sul taccuino. Chiede ai parlamentari di andare a Genova a spalare il fango, Grillo. Non lo faranno oggi per l’allerta 2, ma saranno lì domani, a chiedere le dimissioni del sindaco Marco Doria («La peste rossa ci sta sommergendo»).
Più in generale, quel che chiede agli eletti è di lasciar perdere le Camere per tornare in mezzo alla gente («Mai stato così sicuro che ci stiamo riappropriando della nostra anima»).
Com’è ovvio, non ci sono incoronazione ufficiali. E però: «Abbiamo creato dei mostri…Di Maio era un ragazzo napoletano che diceva poche parole in un paesino della Campania, ora è un mostro di bravura…e anche Di Battista», dice il comico afferrando il testimone da quel Lu-i-gi Lu-i-gi di cui la folla scandisce il nome senza sosta. «Sono così bravi che io e Casaleggio finiremo in Europa con Mastella», scherza ancora. Perché non è un discorso da fare sul serio, quello dell’investitura. Non ufficialmente. Non in un Movimento che si pretende orizzontale. Lo dice anche il vicepresidente della Camera: «Se volete un leader andate alle feste dell’Unità. Qui siamo una comunità». Ma è l’unico a fare un discorso tutto politico su come sarebbe un governo a 5 stelle (nonostante l’organizzazione avesse tentato un diplomatico cambio di tema in «terra dei fuochi»). Il dissenso resta isolato. Sul palchetto dei parlamentari a una militante che lamenta decisioni «prese dall’alto» strappano il microfono di mano. Il confronto tra sindaci salta. Federico Pizzarotti va via dicendo: «Peccato». E in Emilia il capogruppo alla Regione Andrea Defranceschi viene cacciato dopo la condanna dalla Corte dei Conti per l’utilizzo dei fondi assegnati ai gruppi.

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