I cristiani in mano ad Al Qaeda

I cristiani in mano ad Al Qaeda

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GERUSALEMME «Verso mezzogiorno padre Hanna mi ha telefonato. Per la prima volta mi accorgo dalla sua voce di quanto sia triste e agitato». È il 19 aprile del 2013, la guerra in Siria, la rivolta pacifica diventata scontro militare, va avanti da due anni. I frati di Knayeh, a nord-ovest del Paese, sono rimasti. Anche quando i proiettili hanno centrato il monastero — le vetrate infrante, l’acqua che cola sui pavimenti di pietra —, anche quando padre Hanna confida le sue preoccupazioni alla Custodia di Terra Santa. Sono presenti tra i cristiani della valle dell’Oronte da oltre 125 anni e non se ne sono andati fino a domenica: nella notte un gruppo di miliziani ha portato via il parroco Hanna Jallouf e venti abitanti del villaggio, tra loro ragazzi e ragazze. Suor Patrizia Guarino, originaria della provincia di Avellino, è riuscita assieme alle consorelle a scappare ed è protetta da una famiglia locale. Ieri il Papa ha convocato un Concistoro sul Medio Oriente per il prossimo 20 ottobre.
I sequestratori apparterrebbero al Fronte Al Nusra, legato ad Al Qaeda, in queste settimane si sta avvicinando all’esercito del Califfo che combatte tra Siria e Iraq. Gli estremisti avrebbero chiesto a padre Hanna — che si è rifiutato — di pagare una tassa, un tributo estorto ai cristiani. Lo Stato islamico lo ha imposto nelle zone sotto il suo dominio, come la provincia di Raqqa, dove un editto ha anche stabilito che i credenti non possono mostrare le croci davanti ai musulmani.
Monsignor Georges Abu Khazen, responsabile anche delle comunità di rito latino nell’area del fiume Oronte, spiega all’agenzia Fides che è difficile ricostruire la situazione: «Non riusciamo a contattare nessuno e non siamo stati contattati da nessuno. Sappiamo solo che anche lunedì il convento è stato saccheggiato e altre persone del villaggio si sono nascoste».
Cinque anni fa Eco di Terra Santa , la rivista pubblicata dalla Custodia, ha raccontato il lavoro di Hanna Jallouf. Da direttore del collegio ad Amman, era tornato tra le montagne della sua Siria.
«La mia famiglia proviene da queste valli, ho ritrovato le mie terre e una nuova sfida: i villaggi dell’Oronte, un tempo il centro del cattolicesimo di Siria, stanno conoscendo una pesante diaspora. I giovani se ne vanno in cerca di lavoro e di fortuna, questo indebolisce le comunità, mette in pericolo l’esistenza stessa delle nostre chiese. Di fronte a questa situazione, bisogna scommettere sul futuro». Spiegava ed esaltava le origini: «Secondo la tradizione, san Paolo, dopo aver avuto la gioia di poter convertire gli elleni al cristianesimo, si recò da Gerusalemme verso Antiochia. Allora c’erano tre strade che collegavano Apamea ad Antiochia: una era quella militare verso Aleppo, un’altra si snodava vicino al corso dell’Oronte — per sei mesi impraticabile a causa delle piene —, una terza correva proprio dietro a questa collina. Senz’altro san Paolo è passato di qua, evangelizzando queste terre. Siamo i discendenti dei primi convertiti dall’apostolo missionario».
I cristiani di Siria sono rimasti vicini al regime di Bashar Assad, che si è presentato come il difensore delle minoranze fin dall’inizio delle proteste nel marzo del 2011 e ha alimentato le divisioni etniche o religiose: il clan al potere è aluita, setta islamica che rappresenta il 12 per cento della popolazione, e i rivoltosi per la maggior parte sunniti.
Nel dicembre dell’anno scorso, i fondamentalisti di Al Nusra hanno assaltato la città di Maalula, dove si parla ancora l’aramaico, e i miliziani con le croci e i rosari al collo hanno affiancato l’esercito regolare negli scontri per riprenderne il controllo. Le montagne della zona erano finite al centro dell’offensiva delle forze di Assad che volevano tagliare le linee dei ribelli attraverso la frontiera con il Libano.
Davide Frattini



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