La kamikaze curda che si è immolata contro i terroristi

La kamikaze curda che si è immolata contro i terroristi

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MURSITPINAR Donna, curda, kamikaze contro i fanatici jihadisti che vendono le donne come schiave sessuali e si sentono umiliati se devono combatterle. E’ già diventata una leggenda Arin Merkan. La prima miliziana curda «martire» volontaria nel conflitto che da oltre tre anni insanguina la Siria. Ieri pomeriggio verso le quattro e mezza si è staccata dalla sua unità alla periferia della cittadina di Kobane, si è battuta da sola per raggiungere uno dei fortini dei nemici, quindi, una volta circondata, si è fatta saltare in aria. «Merkan non aveva la cintura esplosiva dei fanatici islamici. Lei è una donna soldato. Ha usato le bombe a mano che aveva nel tascapane», ci dicono per telefono i compagni. «Sappiamo che alcuni jihadisti sono morti con lei, non è chiaro però quanti».
La notizia sta già facendo il giro del mondo. Dalla periferia di Kobane il collaboratore del Corriere spiega che la giovane ragazza inquadrata nelle Ypj (le «Unità di Protezione delle Donne») stava partecipando alla battaglia per fermare le colonne dei jihadisti attorno alla collina di Mishtanur. E’ una zona difficile: il terreno è accidentato tra gli edifici sparsi. Se lo Stato Islamico riuscisse a piazzarsi sulla sommità potrebbe puntare con facilità i suoi mortai verso il cuore di questa cittadina a ridosso del confine con la Turchia accerchiata ormai da tre settimane. «Gli scontri sono diventati vera e propria guerriglia urbana. In alcuni punti i nostri uomini sono a pochi metri dai nemici», dice la fonte. Si combatte strada per strada, casa per casa.
Pare che le Ypg (le «Unità di Protezione Popolare» che sono il corpo combattente dei curdi siriani legati al Pkk, il «Partito dei Lavoratori Curdi» in Turchia) contino a Kobane circa 3.000 effettivi, di questi quasi 1.000 sarebbero donne. In tutto i miliziani curdi in Siria sono circa 40.000 (con loro ci sono anche volontari yazidi e cristiani), circa un terzo donne: combattenti a tutti gli effetti. Negli ultimi giorni il ruolo di queste ultime è diventato sempre più visibile. Sembra che la loro presenza sia di grande fastidio per i jihadisti. Due settimane fa si sarebbero sentiti umiliati dal fatto che proprio un drappello di donne curde aveva avuto la meglio in uno scontro a fuoco centro le loro pattuglie avanzate. Da qui la scelta inusuale la settimana scorsa di decapitare tre delle loro prigioniere ed esporle pubblicamente sulla piazza di Jarablus, un paesino non lontano da Aleppo. Non era mai avvenuto sino ad allora. Le combattenti curde sanno ormai che, se catturate, non avranno scampo. Si spiega così la scelta del suicidio di Ceylan Ozalp, una 19enne che, rimasta isolata durante la battaglia pochi giorni fa, preferì spararsi un colpo alla testa piuttosto che essere fatta prigioniera. Tuttavia, Kobane rischia in ogni memento di cadere nelle mani dello Stato Islamico. Circa 180.000 abitanti sono fuggiti in territorio curdo. E i raid alleati paiono non riuscire a fermare l’avanzata jihadista. Potrebbero invece fare una notevole differenza i circa 300 volontari militanti nel Pkk che ieri pare abbiano ottenuto il permesso delle autorità turche di raggiungere armati Kobane. Sino ad ora infatti Ankara aveva impedito in tutti i modi la cooperazione tra Ypg e Pkk. Se confermata, la notizia potrebbe significare che la Turchia è ora pronta a combattere seriamente i jihadisti.
La situazione si fa intanto drammatica nelle regioni sunnite di Al Anbar, a ovest di Bagdad. Lo Stato Islamico ha conquistato l’intera zona della città di Ramadi e ieri sembra che gli elicotteri americani siano dovuti intervenire per difendere l’aeroporto della capitale.
Lorenzo Cremonesi



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