Manovra, la rivolta dei governatori delle Regioni

Manovra, la rivolta dei governatori delle Regioni

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«Que­sta mano­vra non è soste­ni­bile». I pre­si­denti delle Regioni ieri hanno con­vo­cato una con­fe­renza stampa a Roma, all’indomani della legge di sta­bi­lità pre­sen­tata da Mat­teo Renzi, per lan­ciare l’allarme: i 4 miliardi di tagli pre­vi­sti, che diven­tano secondo i gover­na­tori 5,7 per­ché som­mati alle pre­ce­denti finan­zia­rie Monti e Letta, fal­ci­die­ranno i ser­vizi o si tra­dur­ranno in nuove impo­ste. Altro che «nes­sun aumento delle tasse», come aveva pro­pa­gan­dato il pre­mier uscendo dall’ultimo con­si­glio dei ministri.

La rispo­sta del pre­si­dente del con­si­glio non si è fatta atten­dere. Renzi ha twit­tato: «Non ci pren­diamo in giro. Se vogliamo ridurre le tasse, tutti devono ridurre spese e pre­tese». Quindi la contro-risposta, molto dura (sep­pure sia un “ren­ziano”), del pre­si­dente dei gover­na­tori, Ser­gio Chiam­pa­rino: «Ritengo offen­sive le parole di Renzi – ha repli­cato – per­ché ognuno deve guar­dare ai suoi spre­chi, e mi chiedo: nei mini­steri forse non ce ne sono?».

D’altronde, più rea­li­sti­ca­mente, nel corso della gior­nata sia il mini­stro dell’Economia Pier Carlo Padoan, che il Com­mis­sa­rio alla spen­ding review, Carlo Cot­ta­relli, ave­vano ammesso che è «pos­si­bile che le regioni alzino le impo­ste». Invi­tando però, come ha fatto lo stesso Renzi, a optare per un «effi­cien­ta­mento» dei ser­vizi, eli­mi­nando pri­vi­legi e spre­chi (che pure nello sti­pen­di­fi­cio o negli appalti sani­tari ai pri­vati, ci sono, eccome: que­sto non si può negare).

Nella pole­mica sui tagli non è man­cato l’apporto della Cgil, che facendo mon­tare l’onda della mani­fe­sta­zione di San Gio­vanni (pre­vi­sta il 25 otto­bre) ha rilan­ciato l’allarme: «Il governo impone tagli per 4 miliardi alle Regioni, e sic­come il 75% delle spese regio­nali riguar­dano la sanità i tagli ci saranno: si cal­co­lano almeno in 2 miliardi», dice Vera Lamo­nica. «Se poi la ridu­zione dell’Irap non sarà com­pen­sata – aggiunge la segre­ta­ria – rischia di crol­lare il finan­zia­mento per i Livelli essen­ziali di assistenza».

Il pre­mier comun­que è apparso più che deciso nel con­fer­mare la sua linea, e ha attac­cato: «Le regioni oggi si stanno lamen­tando di un taglio ecces­sivo, 4 miliardi invece di 3. Comin­cino a tagliare i loro spre­chi anzi­ché minac­ciare di alzare le tasse. Come è inac­cet­ta­bile che i tagli riguar­dino i ser­vizi sani­tari. Ma quanti sono i mana­ger Asl o i pri­mari di troppo? È dav­vero impos­si­bile rispar­miare su acqui­sti o i con­si­gli regionali?».

I gover­na­tori chie­dono un incon­tro all’esecutivo, e insieme a loro vor­reb­bero essere rice­vuti anche Anci (Comuni) e Upi (Pro­vince). E men­tre il sot­to­se­gre­ta­rio Gra­ziano Del­rio in mat­ti­nata aveva assi­cu­rato che «con­ti­nuano i tavoli con le regioni», lo stesso Renzi, pur nella durezza del suo tweet, aveva aggiunto che è «pronto a incon­trare i presidenti».

D’altronde regioni come Lazio e Toscana, hanno spie­gato Nicola Zin­ga­retti e Enrico Rossi (entrambi Pd), sareb­bero costrette a tagli per 400 milioni di euro. Chiam­pa­rino ha riba­dito di essere pronto a dimet­tersi piut­to­sto che aumen­tare le tasse regio­nali. Per Ste­fano Cal­doro (Cam­pa­nia, cen­tro­de­stra) «non si può fare la spesa con i soldi degli altri». Dura anche Catiu­scia Marini (gover­na­trice umbra, Pd): «Io non met­terò nes­suna tassa per conto di altri: si sap­pia però che con que­ste deci­sioni ridu­ciamo tan­tis­simo wel­fare, sanità, diritto allo stu­dio, tra­sporti, poli­ti­che sociali».

A stem­pe­rare sol­tanto due gover­na­tori: Debora Ser­rac­chiani (Friuli Vene­zia Giu­lia, vice­se­gre­ta­ria Pd e fede­lis­sima di Renzi): «C’è anche una parte posi­tiva da valu­tare nella mano­vra: siamo chia­mati tutti alla respon­sa­bi­lità»; e Gian Mario Spacca (Mar­che, Pd): «Come i cit­ta­dini, anche gli enti locali devono tirare la cinghia».

Mau­ri­zio Lan­dini (Fiom), che oggi par­lerà durante lo scio­pero del Pie­monte, chiama allo scio­pero gene­rale: «Dopo la mani­fe­sta­zione del 25 otto­bre ci si arri­verà sicu­ra­mente – dice – anche per­ché la mano­vra ha con­fer­mato le nostre ragioni. Non si capi­sce come farà a creare nuovi posti, senza gli inve­sti­menti, e costrin­gerà regioni e comuni ad aumen­tare le tasse».

Ugual­mente allar­mata Susanna Camusso, segre­ta­ria Cgil. Ieri peral­tro la con­fe­de­ra­zione ha mobi­li­tato decine di migliaia di per­sone alle 8 ore di scio­pero emi­liano, riem­piendo Piazza Mag­giore. «Nella mano­vra manca una rispo­sta per creare lavoro: noi abbiamo pro­po­sto una patri­mo­niale sulle grandi ric­chezze per finan­ziare gli inve­sti­menti». male anche il Jobs Act: «Con l’abolizione dell’articolo 18 si tra­sfor­mano i lavo­ra­tori in merce. E manca l’universalità degli ammor­tiz­za­tori». Infine, il nodo Tfr: «Abbiamo solo capito che aumen­te­ranno le tasse per i lavo­ra­tori, per­ché non viene con­fer­mata la fisca­lità separata».



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