La protesta degli studenti per la riforma

La protesta degli studenti per la riforma

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È, per ora, soprattutto una sfida a colpi di hashtag. E di proposte. Da una parte #labuonascuola. Dall’altra #entrainscena e #10o. In mezzo, gli studenti. Tutti in posa, preferibilmente in piedi. Da soli o in gruppo. Tutti con lo sguardo fisso in camera. Tutti sui banchi di scuola. Come nel film L’attimo fuggente .
Facebook e Twitter fanno il resto. In attesa del vero appuntamento, quello del 10 ottobre, quando da Nord a Sud migliaia di studenti italiani scenderanno nelle strade delle grandi città per chiedere al governo Renzi due cose: un maggiore coinvolgimento nella riforma della scuola e in quella del lavoro. Perché, è il ragionamento, «queste due piattaforme determineranno il nostro futuro».
La consultazione online sulla «Buona scuola» (e l’hashtag #labuonascuola) lanciata dal governo e dal ministero dell’Istruzione non è sufficiente secondo l’Unione degli studenti (Uds), la principale sigla che ha promosso l’appuntamento di venerdì prossimo. «Non ci accontentiamo di essere chiamati a rispondere per soli due mesi a temi calati dall’alto», accusano i rappresentanti. «Crediamo sia necessaria una rivoluzione “copernicana” che ridia dignità e centralità al mondo della formazione, là dove si gioca una partita fondamentale per il futuro non solo di migliaia di giovani ma anche per quello del Paese intero».
E allora via, con i tre slogan da rilanciare in questi giorni sui social network e da urlare venerdì. Il prim: «Istruzione libera e gratuita per tutti». Il secondo: «Diritti di cittadinanza e welfare universale». Il terzo: «Stop alla precarietà». Nel frattempo ci si fa fotografare sui banchi. Una sorta di nuova iconografia della contestazione dopo quella del novembre 2010, quando centinaia di studenti universitari occuparono gli atenei e salirono sui tetti degli edifici assieme a diversi politici dell’allora opposizione di centrosinistra per fermare l’approvazione del «ddl Gelmini».
Tra i punti del piano «alternativo» dell’Unione degli studenti compaiono, a dire il vero, anche altre proposte. Ad esempio: l’«abolizione della bocciatura», «l’apertura pomeridiana» degli istituti, un «reddito di formazione» per chi va a scuola e di «reinserimento per combattere il fenomeno dei Neet», quelli che non studiano né lavorano che in Italia, secondo Eurostat, sono circa 2,4 milioni.
La protesta degli studenti raccoglie il consenso di Flc-Cgil e dei Cobas. I primi saranno in piazza con i ragazzi «per ridare valore sociale all’istruzione pubblica». I secondi, oltre a proclamare lo sciopero il 10 ottobre, chiederanno che «le promesse fatte a una parte dei precari diventino realtà con l’inserimento nella Finanziaria delle somme occorrenti per l’assunzione stabile».
Il ministro dell’Istruzione Stefania Giannini continua a confidare nel dialogo. «Per la prima volta è possibile cambiare veramente», ha detto venerdì scorso a Roma di fronte a centinaia di studenti. «Ce la possiamo fare, noi e voi. E tutto sarà possibile con il vostro contributo, attraverso i commenti e le consultazioni web sulla “Buona scuola”». «Vi prego: riempite il questionario — ha scritto il premier Matteo Renzi nella sua ultima newsletter —. Visitate il sito labuonascuola.gov.it. Stiamo scrivendo il futuro dei nostri figli, facciamolo insieme».
Leonard Berberi



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