Stabilità: fondi sociali ampiamente ridotti, fa il pieno solo il 5 per mille

Stabilità: fondi sociali ampiamente ridotti, fa il pieno solo il 5 per mille

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ROMA – Più soldi per il cinque per mille, ma cifre più basse rispetto a quelle dello scorso anno per i principali fondi sociali, da quello per le politiche sociali a quello per la non autosufficienza. La legge di stabilità 2015, approvata ieri dal Consiglio dei ministri, non contiene lo sperato incremento dei fondi destinati al sociale: il testo al momento contiene infatti un finanziamento di 300 milioni di euro per il Fondo per le politiche sociali, di 250 milioni per il Fondo per la non autosufficienza, di 187 milioni per il Fondo Sprar destinato ai richiedenti asilo, di 12,5 milioni di euro per gli stranieri non accompagnati. Per la “social card” sono destinati 250 milioni di euro e altri 50 milioni sono riferiti alla legge delega di riforma del terzo settore, destinati a imprese sociali e servizio civile. Nota positiva il cinque per mille: il testo prevede ancora un tetto di spesa, ma fino a 500 milioni di euro, una cifra che dovrebbe consentire di elargirlo interamente. Come noto dalle cronache, poi, il testo destina anche altri 500 milioni per interventi a favore delle famiglie (anche sotto forma di detrazioni fiscali).
A parte la novità del cinque per mille, con un tetto massimo di 500 milioni e la possibilità, espressamente prevista dal testo, di conservare le risorse eventualmente non spese per l’anno successivo, il resto del quadro è particolarmente negativo. Si tratta infatti di cifre sensibilmente inferiori rispetto a quelle dei fondi decisi dalla legge di stabilità assunta dal governo Letta a fine 2013 e riferita all’anno 2014.
Il Fondo Politiche sociali 2014 ammontava a 317 milioni, quello previsto dalla bozza attuale è di 300 milioni: come se non bastasse, il testo afferma che nei 400 milioni sono compresi anche quelli destinati al fondo per l’infanzia e l’adolescenza, che nel 2014 valeva – da solo – circa 30 milioni di euro. Non va meglio al Fondo per la non autosufficienza: la legge di stabilità 2014 era arrivata alla cifra di 350 milioni complessivi (275 milioni + 75 vincolati agli interventi per disabilità gravi e gravissime), quella per il 2015 al momento non va oltre quota 250 milioni.
Anche i 250 milioni destinati alla social card – e bisognerà vedere nel testo definitivo se riferite alla card ordinaria o alla sperimentazione del cosiddetto sostegno per l’inclusione attiva (Sia) – ricalcano esattamente la cifra inserita nella prima versione della legge di bilancio di dodici mesi fa. C’è una novità sul versante dell’accoglienza ai minori stranieri non accompagnati, sui quali le regioni e i comuni avevano chiesto di modificare la procedura amministrativa ricalcando il più agile sistema adottato con gli adulti: richiesta accolta, ma la cifra stanziata (12,5 milioni) è minore rispetto ai 20 milioni di euro ripartiti nel corso di quest’anno. Saldo positivo invece per il cinque per mille, che passa da 400 a 500 milioni (in pratica, anche se formalmente il tetto resta, si liberano quelle risorse che negli anni passati sono mancate), e novità assoluta i 500 milioni destinati a sgravi per le famiglie numerose. Un importo pari a 50 milioni dovrebbe poi finanziare i provvedimenti attuativi della riforma del terzo settore: potrebbe andare, con grande probabilità, al servizio civile o al fondo imprese sociali.
“In pratica ci troviamo di fronte – commenta Lorena Rambaudi, assessore al Welfare della Liguria e coordinatrice delle politiche sociali in Conferenza delle Regioni – alle stesse cifre che erano inserite nella prima versione della finanziaria dello scorso anno: questa volta avevamo chiesto subito un impegno maggiore, anche per evitare le proteste di piazza e il tira e molla che ne consegue, ma non è successo”. Fra l’altro, aggiunge, “si tratterà pure di fondi finalizzati, ma se le regioni devono restituire 4 miliardi di spending review e se si esclude la sanità, è chiaro che anche questi fondi sono a rischio. Considerando le spese fisse, quelle del personale, gli affitti, i mutui, gli interessi, non rimane molto da tagliare: e sul sociale, quindi, non solo non possiamo mettere più fondi di quelli che ci trasferisce lo Stato, ma rischiamo di non poter utilizzare neppure quelli”. A questo punto che succede? “Inizia la battaglia”, risponde laconica la coordinatrice Politiche sociali della Conferenza delle regioni. (ska)
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