Ucraina al voto. Verso un Parlamento di clan e oligarchi

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Il 15 otto­bre scorso l’Onu aveva fis­sato in 3.707 il numero di civili morti e 9.075 feriti per il con­flitto nel Don­bass; ma il numero com­ples­sivo delle vit­time, com­presi i com­bat­tenti, è più alto. E ieri si sono regi­strati altri tiri delle arti­glie­rie di Kiev su Done­tsk, men­tre Pëtr Poro­shenko annun­ciava il terzo accordo con le mili­zie sul «regime del silen­zio», che però, dallo scorso 5 set­tem­bre (il primo ces­sate il fuoco), è costato la vita ad altri 300 civili. Qua­lun­que valore e legit­ti­mità voglia attri­buirsi a delle ele­zioni par­la­men­tari che si svol­gono nelle con­di­zioni per cui una parte non mar­gi­nale del ter­ri­to­rio ne rimarrà esclusa, dome­nica pros­sima si cal­cola che non più del 35% degli ucraini si recherà alle urne per eleg­gere la nuova Rada. Un par­la­mento che molti osser­va­tori pro­no­sti­cano «di clan e oli­gar­chico», espres­sione ancora di più dei rag­grup­pa­menti finan­ziari che fanno capo a pochi magnati. Già durante la cam­pa­gna elet­to­rale sono stati avviati 141 pro­ce­di­menti penali per «com­pra­ven­dita» (offerte fino a 500 gri­vne, con­tro entrate medie men­sili di 3500, pari a circa 210 euro) di voti in varie città e pro­vince ucraine.

Tra i 3114 can­di­dati, per 29 par­titi (il Pc ucraino e il Par­tito delle Regioni non hanno avuto pra­ti­ca­mente pos­si­bi­lità di svol­gere cam­pa­gna elet­to­rale; ma anche can­di­dati di par­titi gover­na­tivi non sono rima­sti immuni da inti­mi­da­zioni e atten­tati) anche nomi noti dei bat­ta­glioni neo­fa­sci­sti: Andrej Bile­tskij di «Azov», Semën Semën­cenko di «Don­bass», Juruj Berezu di «Dnepr-1» e delle frange ultra­na­zio­na­li­ste. I son­daggi danno per favo­rito il «Blocco Petro Poro­shenko» col 30%, seguito dal «Fronte popo­lare» del pre­mier Arse­nij Yatse­n­juk (9%). Se dun­que nella nuova Rada saranno rap­pre­sen­tati anche espo­nenti delle «fami­glie per­denti», ma ancora forti, dei Kuchma, Yushenko e Yanu­ko­vic, sem­bra che la mossa di Poro­shenko di andare alle ele­zioni possa avere suc­cesso. Resta da vedere quanto a lungo. Secondo l’Istituto inter­na­zio­nale per i nuovi Stati, la nuova Rada sarà ancora più radi­cale della pre­ce­dente: il ten­ta­tivo (tar­divo e in gran parte di fac­ciata) di Poro­shenko di pren­dere le distanze dai bat­ta­glioni che, forag­giati dai vari oli­gar­chi, fanno strage di civili nel Don­bass, può risol­versi in un par­la­mento «bivacco» degli espo­nenti di que­gli stessi battaglioni.

L’omaggio tri­bu­tato dal Pre­si­dente alle frange ultra­na­zio­na­li­ste è sfo­ciato in que­sti giorni nel decreto che fissa due nuove ricor­renze, di per sé signi­fi­ca­tive: le date di nascita dell’Upa filo­na­zi­sta (lo scorso 14 otto­bre) e del suo lea­der Ste­pan Ban­dera (il pros­simo 1 gen­naio). Rosti­slav Ish­chenko è con­vinto della pros­sima tra­gica fine di Poro­shenko: «Nel mag­gio scorso, allor­ché divenne Pre­si­dente, Poro­shenko era la figura più debole nella poli­tica ucraina, che doveva assu­mersi la respon­sa­bi­lità di tutti gli orrori della guerra civile. Se gli ame­ri­cani aves­sero voluto sal­varlo, lo avreb­bero con­si­gliato di arre­trare le truppe e avviare nego­ziati. Alla caduta di Poro­shenko sono inte­res­sati tutti; alla sua eli­mi­na­zione fisica, quasi tutti». Una pro­spet­tiva, que­sta di un pros­simo ulte­riore colpo di Stato, non esclusa nem­meno in Occidente.

Comun­que vadano le cose, secondo un son­dag­gio dell’Accademia delle scienze ucraina, oltre il 40% degli ucraini ritiene di tro­varsi al di sotto della soglia di povertà e a fine 2014 il red­dito reale dimi­nuirà pro­ba­bil­mente del 20%. Ciò, a parere del lea­der del par­tito «Scelta ucraina» Vik­tor Med­ve­d­chuk, gra­zie alla «rot­tura dei legami eco­no­mici con la Rus­sia e il con­se­guente fermo di molte imprese, alle misure di auste­rità det­tate dal Fmi, con i mas­sicci licen­zia­menti nel set­tore pub­blico e l’aumento dei prezzi dei pro­dotti pri­mari: tutte poli­ti­che anti-sociali impo­ste dagli usu­rai internazionali».

E Diana Gor­shec­ni­kova scrive su Ria Novo­sti che per unirsi alla Ue l’Ucraina dovrebbe innan­zi­tutto ria­dat­tare tutta l’economia agli stan­dard euro­pei: il fatto è che l’Europa, sul cui aiuto fa così conto Kiev, dif­fi­cil­mente ha inten­zione di soste­nere seria­mente l’economia ucraina. Anche per­ché, i pochi set­tori di punta ucraini (soprat­tutto avia­zione civile o agroa­li­men­tare) rischie­reb­bero di fare con­cor­renza ad alcuni mono­poli europei.

In que­sto qua­dro, men­tre a Bru­xel­les sono ini­ziati ieri i col­lo­qui tra Rus­sia, Ucraina e Ue sul gas, secondo la linea in gran parte con­cor­data a Milano il 17 otto­bre (Mosca sarebbe pronta ad accor­dare uno sconto sul prezzo del gas già for­nito), da regi­strare la tele­fo­nata di Putin a Poro­shenko che ha toc­cato, oltre il tema del gas, anche quello della ricerca di una via d’uscita comune dalla crisi nel Donbass.



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