Vandana Shiva: «Il Ttip? La fine della democrazia»
L’hanno accusata di parlare di Ogm come fossero il diavolo, e di non avere i titoli per poter sostenere, da un punto di vista scientifico, la dannosità di quella biotecnologia. Facciamo chiarezza: lei è contraria gli Ogm principalmente perché li reputa genericamente nocivi, oppure perché diffida delle multinazionali che attualmente li producono e ne finanziano la ricerca, oppure ancora perché è profondamente contraria alla brevettibilità dei semi?
Sono critica contro gli Ogm perché essi sono parte integrante del sistema dell’agroindustria e noi già sappiamo che quello è un sistema nocivo. Sappiamo già che gli agenti chimici sono un problema mondiale per la salute: il disastro di Bophal è stato, 30 anni fa, una chiamata d’allarme per tutta l’umanità, per dirci che quella era una strada nociva. E quella stessa industria, responsabile allora di quel disastro, oggi ci propone gli Ogm. Io nel 1987 ho partecipato a un incontro in cui dicevano serenamente che la ragione per cui bisognava introdurre gli Ogm era la possibilità di brevettare i semi. Allora lo dicevano pacificamente, oggi adducono altre ragioni e parlano di necessità di sfamare il mondo. Ma noi sappiamo che il cibo per sfamare il mondo viene dalla terra e dalla presenza di terreno fertile, dal lavoro dei piccoli agricoltori. Ce lo dicono i dati delle Nazioni unite, quelli che noi stessi del movimento Navdanya abbiamo raccolto, e quelli dell’Iaastd (la Valutazione internazionale delle conoscenze agricole, scientifiche e tecnologiche per lo sviluppo) che nel 2002 con un pool di 400 scienziati riuniti da tutte le agenzie Onu arrivò a questa conclusione: si può sfamare anche più dell’intero pianeta con il ricorso ad agricolture di piccola scala non intensive. E non c’è alcun bisogno degli Ogm per farlo. Quindi la questione dei brevetti e quella della sicurezza non sono separabili.
Può anche non convincere del tutto, l’indiana Vandana Shiva, guru dell’ambientalismo mondiale e fiera oppositrice della globalizzazione liberista, che in queste settimane gira l’Italia e il sud Europa come portavoce del movimento Navdanya International (nove semi) da lei stessa fondato nel lontano 1987, per dare senso a quel «Nutrire il pianeta, energia per la vita» che rischia di rimanere lo slogan vuoto dell’Expo 2015. Si può non rimanere sensibili al carisma che ne fa una star dell’ecologismo globale e non condividere le sue posizioni estreme sugli Ogm, ma forse non a caso Shiva ha subito recentemente più che in passato violenti attacchi non solo dalle multinazionali che detengono i brevetti dei semi modificati, ma anche da autorevolissime testate come il «New Yorker».Dunque secondo lei il mondo non ha bisogno di Ogm, inutile stabilire se fanno male o meno alla salute?
Guardi, l’incoerenza del modello Ogm e il fatto che sia totalmente non scientifico sono due aspetti che emergono dagli argomenti usati per la propaganda. Perché quando si tratta di stabilire la proprietà intellettuale dei semi, allora gli Ogm vengono rivendicati come un’invenzione, qualcosa di totalmente nuovo. Mentre quando si tratta la sicurezza alimentare di quel seme, allora si dice che stiamo parlando di prodotti naturali, che non si discostano molto da ciò che troviamo in natura. Ecco, questo meccanismo lo chiamo schizofrenia ontologica.
In Italia la sperimentazione è vietata, lei è contraria alla ricerca?
So che in Italia stanno presentando la questione come se quando si parla di biosicurezza e di principio di precauzione allora si sta bloccando la ricerca. Ma non è così, quello che viene bloccato è la commercializzazione irresponsabile di prodotti. Le leggi dell’Italia, dell’Europa e dell’India dicono che non si possono fare ricerche a campo aperto ma questo non vuol dire bloccare la ricerca in laboratorio. Le leggi sulla sicurezza non ostacolano in alcun modo la ricerca e chiunque dica il contrario è parte della commercializzazione degli Ogm, anche se lavora in una università pubblica.
Lei è stata scelta come «ambassador» dell’Expo 2015. Come pensa di sfruttare questa opportunità, quale messaggio vorrà lanciare da quel palcoscenico?
Quando è stata scelta l’Italia come sede dell’Expo è stato subito chiaro che si sarebbe trattato il tema di come sfamare il mondo, a partire dalla conoscenze scientifiche ma anche a partire da quella che è l’esperienza italiana di produzione alimentare sostenibile, attraverso la diversità, e di buona qualità. L’Italia ha dato al mondo occidentale al tempo stesso sostenibilità, gusto, alta qualità dei prodotti, diversità ed economia. La cultura italiana del cibo dà dignità anche al più piccolo caffè, bar o azienda agricola che sono a tutti gli effetti fonte di sostentamento. Il messaggio dell’Expo dovrebbe essere questo. E io sono estremamente grata di avere l’occasione anche perché questo è lo stesso messaggio che io ritengo di aver appreso sulla base del mio lavoro trentennale. Spero che a Milano venga veicolato il modello italiano anziché il modello di agricoltura statunitense che è fatto di Ogm e monoculture a mais e soia, con la Monsanto che controlla la fornitura di semi, altre multinazionali che controllano il commercio del cibo e tutti che mangiamo sempre peggio. E un terzo della popolazione che soffre di obesità. Noi possiamo fare il mondo migliore di così.
Sono in corso i negoziati tra Usa e Ue per siglare il Trattato transatlantico per il commercio e gli investimenti (Ttip). Lei cosa ne pensa?
Il Ttip è un trattato sul libero commercio che dice subito nel preambolo che è un’iniezione al Wto. E cosa ci ha dato il Wto? Ci ha dato la brevettibilità dei semi, la possibilità di imporre royalties sulle sementi, e i suicidi dei contadini indiani. Ci ha dato l’imposizione quasi da bulli di un sistema che ha completamente distrutto le fonti di sostentamento degli agricoltori, e ci ha dato cibo non sicuro. E il Ttip ci darà tutto questo, attraverso tre meccanismi. Il primo è l’eliminazione del principio di precauzione; il secondo sta nel rafforzamento delle leggi sulla proprietà intellettuale fatto in modo da supportare la Monsanto e indebolire gli agricoltori. E il terzo asse portante è l’istituzione di tribunali sovranazionali, diversi da quelli degli Stati, a cui le imprese potranno rivolgersi se le leggi nazionali non rispettano i loro diktat. Questo significherà istituire un vero e proprio potere delle multinazionali che potranno attentare ai diritti stabiliti nelle costituzioni nazionali. Costituzioni nate dall’impegno dei popoli in secoli di battaglie per la conquista delle libertà individuali. Quindi, quello che porterà il Ttip è la fine della democrazia, la fine della sicurezza alimentare e la fine della possibilità per tutti noi di costruirci una vita dignitosa.
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a Vandana Shiva
A colloquio con una delle voci più prestigiose del movimento no-global. Pensando anche a Cosenza. pensando a un futuro. Di pace.
Abbiamo incontrato Vandana Shiva, un punto di riferimento per i no-global a livello mondiale, nei giorni successivi all’arresto di Caruso e compagni. Anche se appena giunta dall’India, Vandana era ben informata sulla vicenda e non ha avuto esitazioni nel condannare il nuovo episodio di repressione e nell’esprimere solidarietà agli arrestati.
Eravamo a Venezia (nell’ennesimo giorno di acqua alta) e all’iniziativa hanno preso parte alcune centinaia di persone tra cui Massimo Cacciari, Gianfranco Bettin, Beppe Caccia, Laura Corradi e l’animalista Consuelo Bianco.
Di Vandana Shiva sono note le battaglie a fianco dei contadini indiani per difendere la biodiversità e contro la deforestazione sull’Himalaya. Tra i suoi libri più noti Terra Madre, Campi di battaglia, Biodiversità e agricoltura industriale, Biopirateria, Il mondo sotto brevetto e l’ancora estremamente attuale Monoculture della mente in cui analizza il rapporto tra sapere e potere; andando oltre le consuete categorie politiche, evidenzia come anche dentro di noi avvengano le medesime degenerazioni che affliggono il pianeta, così come possono anche avvenire le prese di coscienza alternative…
Vandana sembra condividere l’opinione ormai diffusa tra gli ambientalisti autentici che l’idea di “sviluppo sostenibile” (tanto in auge vent’anni orsono negli ambienti della sinistra istituzionale) è giunta ad un punto morto, un ennesimo alibi per coprire le politiche di sempre, in particolare le politiche di potenza basate sul militare. Basti pensare al concetto di “impatto ambientale”: attualmente serve ad aprire la strada alle cosiddette “grandi opere”, devastanti ma con il certificato.
Intanto cosa ne pensi dell’arresto dei compagni della rete no-global del sud Italia?
Da un certo punto di vista quello che sta accadendo in Italia si potrebbe definire “divertente”; hanno arrestato qualche decina di persone ma forse avrebbero dovuto, stando alle accuse, arrestare i tre quarti dell’Umanità. Non posso fare a meno di pensare che proprio negli anni trenta, quando in Italia vennero scritte le leggi fasciste che hanno permesso l’arresto dei nostri amici a Cosenza, in India Ghandi gettava le basi del suo movimento per la giustizia
In effetti, il nesso tra la “disobbedienza civile” ghandiana e l’attuale movimento dei “disobbedienti” appare molto forte. Cosa puoi dirci in proposito sulle strategie di lotta adottate dai movimenti in India?
Fin dal 1991, prima che la globalizzazione si solidificasse, appariva evidente che intendevano brevettare la vita, con la conseguenza di distruggere le economie locali. Già allora in India centinaia di migliaia di persone cominciarono a dimostrare contro tutto ciò, richiamandosi esplicitamente alle lotte di settanta anni fa.
Negli anni trenta gli Inglesi decisero di monopolizzare il sale. Allora Ghandi organizzò una grande marcia per andarsi a prendere il sale direttamente dal mare, sostenendo che una legge ingiusta non deve essere obbedita.
Questo principio Ghandi non l’ha inventato; lo ha appreso viaggiando per l’India dove l’idea della non-collaborazione, della disobbedienza civile è antica quanto la fame di libertà. Il concetto è che fino a quando ci saranno leggi ingiuste continuerà lo sfruttamento, l’oppressione, l’ingiustizia.
Questo naturalmente vale anche ai nostri giorni. Oggi abbiamo due soggetti che definiscono illegali i nostri atti di libertà: il fascismo del potere economico e il fascismo del potere politico. D’altra parte cosa può accadere quando quelli che dovrebbero trovarsi in galera sono al governo…?
Vandana Shiva
Talvolta sembra che oggi le cose siano più complicate. Forse era più semplice comprendere la decolonizzazione, le lotte di liberazione (anche mentre quei processi erano in corso). Oggi che cosa sta accadendo, tra degrado ambientale, manipolazioni genetiche, genocidi in atto e guerre più o meno infinite?
Stiamo assistendo alla legalizzazione dell’illegalità, della corruzione. Tutte le multinazionali che spingono maggiormente verso la globalizzazione sono direttamente coinvolte in forme vergognose di corruzione. Sembra proprio che siano i leader più corrotti quelli che traggono maggior beneficio dalla globalizzazione, alimentando il loro potere sia economico che politico e usando quest’ultimo in modo arbitrario (nel caso dell’Italia gli ultimi arresti sono eloquenti).
Niente accade per caso. Se oggi lo scirocco è fuori stagione e Venezia soffre più a lungo del solito di acqua alta, forse questo ha a che vedere con ciò che sta accadendo in altri luoghi, dove magari ci sono guerre per il petrolio in atto. Allo stesso modo non è casuale che nel Sud dell’India in questo momento si stia importando grano dall’Australia, invece che dal Nord dell’India stessa (dove il surplus viene calcolato in milioni di tonnellate).
Io sono fisica (considerata una delle più brillanti promesse della fisica indiana, Vandana Shiva abbandonò una sicura carriera nel campo dell’energia nucleare, denunciando le ripercussioni sull’ambiente NdA) e mi trovo a disagio quando il falso viene spacciato per vero; in questo caso la cosa più costosa viene fatta passare per quella più economica e vantaggiosa. Lo stesso avviene con gli OGM, spacciati per più economici quando in realtà, se calcoliamo i sussidi, sono più costosi, anche se poi arrivano nei supermercati a un prezzo inferiore.
Il WTO produce accordi in materia di agricoltura e, in teoria, dovrebbe occuparsi anche dell’ambiente: invece niente. L’unica regola è quella del mercato: il diritto per le multinazionali di impadronirsi di ogni mercato, indipendentemente dalle conseguenze per la gente e per l’ambiente.
In India, dove tre quarti della popolazione è costituita da contadini, per introdurre a forza la soia OGM hanno cambiato perfino le leggi.
Lo stesso è avvenuto nel Kerala con le noci di cocco.
Qui il risultato non è stato “soltanto” la distruzione della biodiversità, ma anche il crollo del prezzo del cocco; in questo momento si stanno tagliando le palme, distruggendo quindi l’identità culturale delle popolazioni. Adesso è la volta dello zucchero. Quando i contadini sono scesi in strada per protestare gli hanno sparato contro. I diritti fondamentali (un lavoro, una vita degna…) vengono sistematicamente negati.
Uno degli aspetti più inquietanti è sicuramente quello dei brevetti…
Negli USA la Carbide si è impadronita del WTO e ora le regole di questa multinazionale vengono imposte all’intero pianeta. A mio avviso l’accordo del WTO dovrebbe chiamarsi accordo della Carbide.
Pensiamo all’accordo del WTO sulla proprietà intellettuale, sui brevetti (partito proprio da Venezia, mi pare…) che originariamente aveva lo scopo di tutelare i prodotti dell’artigianato (a proposito: ho appena visto il manifesto no-global dei vetri di Murano…).
Oggi i brevetti sulla proprietà intellettuale appartengono a multinazionali come la Monsanto che ha inventato solo prodotti chimici che distruggono la vita. Risale a circa dieci anni fa la decisione di ottenere immensi profitti nell’agricoltura, attraverso il controllo delle sementi e le biotecnologie e oggi i loro progetti si stanno concretizzando. Quando il trattato sulla proprietà intellettuale è arrivato al WTO, un rappresentante della Monsanto ha commentato: “Noi siamo il medico, la diagnosi, il paziente…” (ma forse avrebbe dovuto dire: “Siamo la malattia…” NdA).
Nel trattato c’è questa idea folle che la Natura, le piante, il riso, il grano… tutto insomma sia stato quasi inventato da loro, sia una loro esclusiva proprietà. Adesso, in base alle leggi sulla proprietà intellettuale, conservare e scambiare i semi è diventato un crimine e i contadini che vogliono mantenere questa tradizione commettono un reato. Esattamente come è diventato un crimine operare per un mondo diverso. Stiamo assistendo al tentativo di privatizzare l’ultima frontiera del mercato, la vita stessa. Vogliono brevettare la vita, ogni forma di vita (piante, animali…). Si pensa addirittura di clonare l’uomo, di brevettarlo. Per me questa è una pazzia. Nella cosmologia indiana la persona umana e la Natura sono complementari, inseparabili l’una dall’altra. Nell’idea “cartesiana” occidentale la Natura è concepita come “ambiente” e “risorsa”, inferiore all’uomo e fatta per essere dominata e sfruttata, in una visione frammentata e meccanicistica.
Ritengo quindi che oggi al potere ci siano dei pazzoidi e che dobbiamo liberarcene.
Un’altra grave questione è quella della privatizzazione dell’acqua…
A Doha (nel Qatar, in pieno deserto; ormai per riunirsi devono rifugiarsi nei deserti o tra le montagne del Canada, in luoghi il più possibile inaccessibili) hanno introdotto una dichiarazione che sancisce la privatizzazione dell’acqua. Pretendono di governare ogni tipo di risorsa, anche la più essenziale e questo proprio nel momento in cui si mostrano incapaci di governare anche se stesse (v. Enron, Vivendi…che si sono letteralmente autoaffondate), altro che il mondo. Un’altra multinazionale sta per privatizzare il sacro fiume Gange; pretende di vendere l’acqua ai ricchi di Delhi, privandone i contadini fin dalle sorgenti. Tentano di far passare l’idea che tutto sia una merce prodotta da loro; l’agricoltura, la vita… l’acqua stessa (come se fosse Coca Cola), anche se in realtà si limitano a imbottigliarla. Privatizzare l’acqua significa rubarla alla Terra e lasciare milioni di persone senza acqua per bere e per irrigare i campi. Io credo profondamente che l’acqua (come del resto la biodiversità) sia un dono della natura con cui convivere, non può essere trattata alla stregua di una merce, di qualcosa di fabbricato…In quanto dono della natura appartiene a tutti, tutti abbiamo diritto all’acqua, al cibo, all’aria pulita…
Oltre a Doha c’è stato anche Johannesburg… Immagino che anche tu sia d’accordo nel considerarlo un fiasco…
Considero il summit di Johannesburg come un tradimento; in questa occasione è stato sancito che le multinazionali possono privarci dei nostri diritti fondamentali ed è stata data dignità ad ogni forma di corruzione. Il WTO aveva già creato altre regole attraverso delle “non regole”. Il sistema creato è tale per cui ogni realtà che dovrebbe essere regolamentata (v. l’inquinamento, v. gli OGM…) non lo è mentre le legittime proteste dei cittadini per una vita sana diventano atti criminali. Quello che ci viene imposto è un sistema corrotto, una democrazia malata…Naturalmente l’imposizione di questa economia di morte non ci impedirà di sognare, di costruire un’altra economia possibile, ecocompatibile. Non dobbiamo quindi disperare, nemmeno quando i nostri compagni di lotta vengono arrestati; dobbiamo continuare a resistere, a lottare contro questi politici corrotti che ci governano.
In questa battaglia per “un mondo diverso”, possibilmente migliore, quali indicazioni ti senti di dare?
Proprio perché la globalizzazione non tocca solo la sfera economica, dobbiamo progettare strategie alternative che riguardano ogni aspetto della nostra vita. Bisogna capire, per esempio, che gli arresti dei compagni sono presumibilmente una conseguenza del grande e pacifico evento di Firenze e anche dei nuovi contatti che si vanno stabilendo tra il movimento no-global e i sindacati. Lottare contro le multinazionali significa difendere la vita, le vite dove siamo: sul posto di lavoro, sul territorio…Il concetto fondamentale è quello di fare le cose concretamente; magari non tutto, ma tutto quello che siamo in grado di fare. Bisogna comprendere che la globalizzazione sta creando un mondo di compratori, di consumatori, non di produttori. Non siamo più umani, cittadini, donne…solo consumatori che devono comprare i prodotti delle multinazionali. Lottare oggi significa reclamare la riproduzione oltre alla produzione. Attraverso la clonazione e le biotecnologie, si vuole trasformare la vita in una forma di profitto. Un’idea di fondo del pensiero di Gandhi (oggi estremamente attuale) era che questo sistema tende a distruggere gli esseri umani, siano essi gli Indiani d’America, gli schiavi africani o i contadini dell’India. Quello che l’industria tessile ha rappresentato per l’India (cioè la distruzione), oggi corrisponde, a livello planetario, all’industria delle biotecnologie, alla biopirateria.
A quell’epoca la strategia adottata dal movimento dei contadini era quella di autoprodursi i vestiti, oggi la strategia diventa la necessità di costituire una comunità di individui liberi che rivendicano il diritto di autogovernarsi, di autogestire l’economia, di avere cibo sano, non geneticamente manipolato. In questo campo voi occidentali potete stare tranquilli, non sentirvi in colpa: dicendo no agli OGM non provocate alcun danno in altre parti del mondo; anzi, ci date un valido aiuto anche contro la fame.
Guardate cosa è successo con la soia. Avevano detto che avrebbero dato circa 50 chilogrammi per acro e invece ne hanno dato soltanto un chilo (di un prodotto geneticamente modificato, sottolineo). Avevano detto che era resistente, ma poi le piante si sono ammalate di malattie diverse (a seconda delle diverse zone climatiche) e hanno dovuto usare enormi quantità di pesticidi…Avevano garantito un guadagno di diecimila rupie in più per acro e invece i contadini ne hanno avute settemila in meno. La quantità di acqua utilizzata per il grano transgenico è decuplicata. Hanno introdotto anche il cosiddetto “riso dorato” (nel senso che avrebbe dovuto portare ricchezza) e invece…
La verità è che la Monsanto e le altre multinazionali raccontano fandonie. Tra i contadini indiani gli OGM hanno prodotto indebitamento, disperazione, molti casi di suicidio: si tratta a mio avviso di una moderna forma di schiavitù.
Rivendicare il diritto alla qualità della vita va di pari passo con il diritto alla non-collaborazione. Tutto ciò si traduce poi in cose diverse, dalla presa di posizione del governo sudafricano contro le multinazionali farmaceutiche alla lotta del nostro movimento contro il monopolio delle sementi.
Concludendo: “Un altro mondo è possibile, senza gli OGM”.
Elena Barbieri e Gianni Sartori (2003)