Vandana Shiva: «Il Ttip? La fine della democrazia»

by redazione | 23 Ottobre 2014 13:41

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L’hanno accu­sata di par­lare di Ogm come fos­sero il dia­volo, e di non avere i titoli per poter soste­nere, da un punto di vista scien­ti­fico, la dan­no­sità di quella bio­tec­no­lo­gia. Fac­ciamo chia­rezza: lei è con­tra­ria gli Ogm prin­ci­pal­mente per­ché li reputa gene­ri­ca­mente nocivi, oppure per­ché dif­fida delle mul­ti­na­zio­nali che attual­mente li pro­du­cono e ne finan­ziano la ricerca, oppure ancora per­ché è pro­fon­da­mente con­tra­ria alla bre­vet­ti­bi­lità dei semi?

Sono cri­tica con­tro gli Ogm per­ché essi sono parte inte­grante del sistema dell’agroindustria e noi già sap­piamo che quello è un sistema nocivo. Sap­piamo già che gli agenti chi­mici sono un pro­blema mon­diale per la salute: il disa­stro di Bophal è stato, 30 anni fa, una chia­mata d’allarme per tutta l’umanità, per dirci che quella era una strada nociva. E quella stessa indu­stria, respon­sa­bile allora di quel disa­stro, oggi ci pro­pone gli Ogm. Io nel 1987 ho par­te­ci­pato a un incon­tro in cui dice­vano sere­na­mente che la ragione per cui biso­gnava intro­durre gli Ogm era la pos­si­bi­lità di bre­vet­tare i semi. Allora lo dice­vano paci­fi­ca­mente, oggi addu­cono altre ragioni e par­lano di neces­sità di sfa­mare il mondo. Ma noi sap­piamo che il cibo per sfa­mare il mondo viene dalla terra e dalla pre­senza di ter­reno fer­tile, dal lavoro dei pic­coli agri­col­tori. Ce lo dicono i dati delle Nazioni unite, quelli che noi stessi del movi­mento Nav­da­nya abbiamo rac­colto, e quelli dell’Iaastd (la Valu­ta­zione inter­na­zio­nale delle cono­scenze agri­cole, scien­ti­fi­che e tec­no­lo­gi­che per lo svi­luppo) che nel 2002 con un pool di 400 scien­ziati riu­niti da tutte le agen­zie Onu arrivò a que­sta con­clu­sione: si può sfa­mare anche più dell’intero pia­neta con il ricorso ad agri­col­ture di pic­cola scala non inten­sive. E non c’è alcun biso­gno degli Ogm per farlo. Quindi la que­stione dei bre­vetti e quella della sicu­rezza non sono separabili.

inserto cibo vandana shiva

Può anche non con­vin­cere del tutto, l’indiana Van­dana Shiva, guru dell’ambientalismo mon­diale e fiera oppo­si­trice della glo­ba­liz­za­zione libe­ri­sta, che in que­ste set­ti­mane gira l’Italia e il sud Europa come por­ta­voce del movi­mento Nav­da­nya Inter­na­tio­nal (nove semi) da lei stessa fon­dato nel lon­tano 1987, per dare senso a quel «Nutrire il pia­neta, ener­gia per la vita» che rischia di rima­nere lo slo­gan vuoto dell’Expo 2015. Si può non rima­nere sen­si­bili al cari­sma che ne fa una star dell’ecologismo glo­bale e non con­di­vi­dere le sue posi­zioni estreme sugli Ogm, ma forse non a caso Shiva ha subito recen­te­mente più che in pas­sato vio­lenti attac­chi non solo dalle mul­ti­na­zio­nali che deten­gono i bre­vetti dei semi modi­fi­cati, ma anche da auto­re­vo­lis­sime testate come il «New Yor­ker».Dun­que secondo lei il mondo non ha biso­gno di Ogm, inu­tile sta­bi­lire se fanno male o meno alla salute?

Guardi, l’incoerenza del modello Ogm e il fatto che sia total­mente non scien­ti­fico sono due aspetti che emer­gono dagli argo­menti usati per la pro­pa­ganda. Per­ché quando si tratta di sta­bi­lire la pro­prietà intel­let­tuale dei semi, allora gli Ogm ven­gono riven­di­cati come un’invenzione, qual­cosa di total­mente nuovo. Men­tre quando si tratta la sicu­rezza ali­men­tare di quel seme, allora si dice che stiamo par­lando di pro­dotti natu­rali, che non si disco­stano molto da ciò che tro­viamo in natura. Ecco, que­sto mec­ca­ni­smo lo chiamo schi­zo­fre­nia ontologica.

In Ita­lia la spe­ri­men­ta­zione è vie­tata, lei è con­tra­ria alla ricerca?

So che in Ita­lia stanno pre­sen­tando la que­stione come se quando si parla di bio­si­cu­rezza e di prin­ci­pio di pre­cau­zione allora si sta bloc­cando la ricerca. Ma non è così, quello che viene bloc­cato è la com­mer­cia­liz­za­zione irre­spon­sa­bile di pro­dotti. Le leggi dell’Italia, dell’Europa e dell’India dicono che non si pos­sono fare ricer­che a campo aperto ma que­sto non vuol dire bloc­care la ricerca in labo­ra­to­rio. Le leggi sulla sicu­rezza non osta­co­lano in alcun modo la ricerca e chiun­que dica il con­tra­rio è parte della com­mer­cia­liz­za­zione degli Ogm, anche se lavora in una uni­ver­sità pubblica.

Lei è stata scelta come «ambas­sa­dor» dell’Expo 2015. Come pensa di sfrut­tare que­sta oppor­tu­nità, quale mes­sag­gio vorrà lan­ciare da quel palcoscenico?

Quando è stata scelta l’Italia come sede dell’Expo è stato subito chiaro che si sarebbe trat­tato il tema di come sfa­mare il mondo, a par­tire dalla cono­scenze scien­ti­fi­che ma anche a par­tire da quella che è l’esperienza ita­liana di pro­du­zione ali­men­tare soste­ni­bile, attra­verso la diver­sità, e di buona qua­lità. L’Italia ha dato al mondo occi­den­tale al tempo stesso soste­ni­bi­lità, gusto, alta qua­lità dei pro­dotti, diver­sità ed eco­no­mia. La cul­tura ita­liana del cibo dà dignità anche al più pic­colo caffè, bar o azienda agri­cola che sono a tutti gli effetti fonte di sosten­ta­mento. Il mes­sag­gio dell’Expo dovrebbe essere que­sto. E io sono estre­ma­mente grata di avere l’occasione anche per­ché que­sto è lo stesso mes­sag­gio che io ritengo di aver appreso sulla base del mio lavoro tren­ten­nale. Spero che a Milano venga vei­co­lato il modello ita­liano anzi­ché il modello di agri­col­tura sta­tu­ni­tense che è fatto di Ogm e mono­cul­ture a mais e soia, con la Mon­santo che con­trolla la for­ni­tura di semi, altre mul­ti­na­zio­nali che con­trol­lano il com­mer­cio del cibo e tutti che man­giamo sem­pre peg­gio. E un terzo della popo­la­zione che sof­fre di obe­sità. Noi pos­siamo fare il mondo migliore di così.

Sono in corso i nego­ziati tra Usa e Ue per siglare il Trat­tato tran­sa­tlan­tico per il com­mer­cio e gli inve­sti­menti (Ttip). Lei cosa ne pensa?

Il Ttip è un trat­tato sul libero com­mer­cio che dice subito nel pre­am­bolo che è un’iniezione al Wto. E cosa ci ha dato il Wto? Ci ha dato la bre­vet­ti­bi­lità dei semi, la pos­si­bi­lità di imporre royal­ties sulle sementi, e i sui­cidi dei con­ta­dini indiani. Ci ha dato l’imposizione quasi da bulli di un sistema che ha com­ple­ta­mente distrutto le fonti di sosten­ta­mento degli agri­col­tori, e ci ha dato cibo non sicuro. E il Ttip ci darà tutto que­sto, attra­verso tre mec­ca­ni­smi. Il primo è l’eliminazione del prin­ci­pio di pre­cau­zione; il secondo sta nel raf­for­za­mento delle leggi sulla pro­prietà intel­let­tuale fatto in modo da sup­por­tare la Mon­santo e inde­bo­lire gli agri­col­tori. E il terzo asse por­tante è l’istituzione di tri­bu­nali sovra­na­zio­nali, diversi da quelli degli Stati, a cui le imprese potranno rivol­gersi se le leggi nazio­nali non rispet­tano i loro dik­tat. Que­sto signi­fi­cherà isti­tuire un vero e pro­prio potere delle mul­ti­na­zio­nali che potranno atten­tare ai diritti sta­bi­liti nelle costi­tu­zioni nazio­nali. Costi­tu­zioni nate dall’impegno dei popoli in secoli di bat­ta­glie per la con­qui­sta delle libertà indi­vi­duali. Quindi, quello che por­terà il Ttip è la fine della demo­cra­zia, la fine della sicu­rezza ali­men­tare e la fine della pos­si­bi­lità per tutti noi di costruirci una vita dignitosa.

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