CasaPound ferma i bimbi rom a scuola

CasaPound ferma i bimbi rom a scuola

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ROMA . Lo schema è collaudato: la “voce” di un’aggressione più o meno verificata che si diffonde in un quartiere con tutti i problemi della periferia, un gruppo di stranieri (di solito nomadi, romeni o richiedenti asilo) indicato come responsabile della violenza, l’estrema destra e Casa-Pound (con o senza il leghista Mario Borghezio) che manifestano contro «il degrado delle nostre città». Accade a Roma, a scadenze regolari, da almeno due mesi.
Dopo Corcolle, Tor Sapienza e Infernetto, ora tocca a Torrevecchia, periferia nord ovest della capitale poco lontano da Monte Mario, dove ieri una manifestazione del Blocco studentesco, “braccio” di CasaPound nelle scuole, ha di fatto impedito che 90 ragazzini e ragazzine del vicino campo nomadi di via Cesare Lombroso potessero andare chi alle materne, chi alle elementari e chi alle medie. Un episodio denunciato da due cooperative, Arci Solidarietà e Eureka, che lavorano con i 200 abitanti di un insediamento che esiste in quella zona da oltre trent’anni. I giovani di CasaPound reggono uno striscione con su scritto «No alle violenze dei rom. Alcuni italiani non si arrendono», lo slogan delle manifestazioni dei Forconi di un anno fa. Sono circa 500, accendono qualche fumogeno, sventolano i tricolori, scandiscono cori contro i nomadi.
La situazione diventa tesa, arrivano la municipale e le forze dell’ordine, i 90 ragazzi, accompagnati dai genitori, decidono di restare nel campo e rinunciare a un giorno di scuola. Replica il Blocco studentesco: «Non è stato impedito a nessuno di uscire dal campo nomadi. La ricostruzione fornita è del tutto priva di fondamento. La manifestazione si è svolta davanti agli istituti, non davanti al campo rom che sfortunatamente, per miope scelta non nostra né degli studenti, dista qualche centinaio di metri». E anche la questura, in serata, spiega che «il sit-in non ha creato pericolo o intralcio al traffico né tantomeno ha impedito agli studenti di accedere all’interno delle aule, né risulta che sia stato impedito il passaggio di alcuni bambini rom che stavano andando a scuola». «Ma con 500 persone lì fuori, i genitori dei bambini non si sono sentiti sicuri di uscire. Erano intimiditi», ribattono dall’Arci Solidarietà. «E ora sono sotto shock», aggiungono i dirigenti scolastici.
Anche perché, da qualche giorno, in quella zona la convivenza si è fatta più complicata, dopo la denuncia di un vero e proprio assalto all’istituto, con sassi e bottiglie, da parte di un gruppo di nomadi contro gli studenti di tre scuole. Lo ricorda anche CasaPound, scesa in piazza ieri proprio dopo la presunta aggressione. «Presunta» perché già due giorni fa l’episodio è stato smentito con nettezza sia dal Municipio sia dai dirigenti scolastici che hanno stigmatizzato «questo clima di allarme intorno alla scuola». In realtà, nel quartiere si racconta di una bravata di due sedicenni abitanti del campo che sarebbero entrati nel cortile della scuola a bordo di un motorino creando un po’ di scompiglio e sarebbero poi stati allontanati. Un episodio a cui si aggiungono le denunce dei residenti contro «i roghi tossici» all’interno del villaggio dove verrebbero bruciati rifiuti di vario tipo. L’episodio di ieri, però, si mette in scia alle proteste delle periferie romane ed evidenzia il nuovo protagonismo di CasaPound nella capitale. Numerose le prese di posizione dal mondo politico e istituzionale contro la manifestazione del movimento di estrema destra. Per il Campidoglio intervengono il vicesindaco Luigi Nieri e l’assessore alla Scuola Alessandra Cattoi: parlano di «un gesto meschino, un atto di razzismo che va contro ogni principio democratico». La comunità di Sant’Egidio, poi, sollecita maggiora attenzione: «Occorre vigilare ed impedire che un clima di violenza e sopraffazione calpesti il primo luogo di crescita e libertà per i nostri ragazzi, il primo loro diritto, quello allo studio».


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