Gentiloni, un ministro «indolore»

by redazione | 1 Novembre 2014 10:10

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Un mini­stro degli esteri a sor­presa. Men­tre si aspet­ta­vano in quota rosa, la «pro­messa» Quar­ta­pelle, Marta Dassù di com­pro­vata fede atlan­tica, l’abile par­la­men­tare Marina Sereni, ecco che la scelta è finita in quota gri­gia, in forse fino all’ultimo sul «mul­ti­cul­tu­rale» Lapo Pistelli.

Alla fine l’ha spun­tata Paolo Gentiloni. Uomo dell’establishment, ex Mar­ghe­rita, legato fin dalla prima ora a Mat­teo Renzi ma senza, finora, la sua arro­ganza. Dopo l’avventura della Moghe­rini finita nel vuoto di Mister Pesc dell’Unione euro­pea — che non ha poli­tica estera per­ché la fa la Nato, men­tre si appros­sima il Ttip, il cape­stro del Trat­tato tran­sa­tlan­tico sul com­mer­cio — tanto ha voluto e otte­nuto il pre­si­dente Napo­li­tano, in piena sin­to­nia con il pre­si­dente del con­si­glio. Altro che «Stop di Napo­li­tano, non vuole ’ren­zate’» (il titolo sba­gliato del Fatto quo­ti­diano).

Scelta dun­que quasi indo­lore, ma il Pd di governo è solo tar­do­de­mo­cri­stiano (addio Ds). Comun­que, ci piace imma­gi­nare che Napo­li­tano abbia scelto Paolo Gentiloni per­ché all’inizio degli anni ’80 era respon­sa­bile esteri della rivi­sta Pace e Guerra, che si batté con­tro i mis­sili Usa a Comiso.

Mac­ché.

In realtà biso­gnava nomi­nare, in un governo del Pre­si­dente, un mini­stro di con­ti­nuità, che ancor più oggi signi­fica soste­gno a guerre, più o meno «uma­ni­ta­rie», come prova di gover­nance. Fino a diven­tare «guerra costi­tuente» in Ita­lia (dove nascon­diamo 70 bombe ato­mi­che tra Aviano e Ghedi). Con il pre­si­dente Gior­gio Napo­li­tano soste­ni­tore di ogni scel­le­rato inter­vento mili­tare — guar­date il risul­tato disa­stroso in Libia -, mano­met­tendo l’articolo 11 della Costi­tu­zione che ban­di­sce la guerra come mezzo di riso­lu­zione delle crisi inter­na­zio­nali. Che pre­ci­pi­tano ovun­que e ormai appro­dano in carne ed ossa sulle nostre coste.

«Le vit­time pale­sti­nesi di Hamas, i sol­dati ucraini alla pub­blica gogna, gli yazidi costretti a con­ver­tirsi. Un mondo infame»: è il gen­ti­lo­ni­pen­siero sprez­zante sin­te­tiz­zato in un suo recente mes­sag­gio su web. Certo, ha ragione, è un mondo infame.

Ma con troppe men­zo­gne e amne­sie. Per­ché Gen­ti­loni dimen­tica le più di 2.200 vit­time pale­sti­nesi dei bom­bar­da­menti israe­liani e, anzi, ritiene respon­sa­bile Hamas di que­ste morti per­ché i bom­bar­dieri con la stella di David sareb­bero la giu­sta e ine­so­ra­bile puni­zione, la legge del taglione con­tro i civili.

Oppure il neo­mi­ni­stro dimen­tica che i «sol­dati» ucraini in ope­ra­zioni mili­tari nel Don­bass spesso sono mili­zie d’estrema destra inte­grate nella Guar­dia nazio­nale ucraina che ha otte­nuto dal governo filoc­ci­den­tale di Kiev e dal pre­si­dente Poro­shenko bene­detto da Ue e Usa, la cele­bra­zione di Stato della nascita della mili­zia fasci­sta Upa e del lea­der Ban­dera, filo­na­zi­sta e depor­ta­tore di ebrei; e dimen­tica altresì che i cri­mi­nali jiha­di­sti dell’Isis sono stati forag­giati e adde­strati, con i qae­di­sti di Al Nusra e le truppe della coa­li­zione anti-Assad, dagli «Amici della Siria» (Ara­bia sau­dita, Tur­chia, Stati uniti, Gran Bre­ta­gna e Italia).

Oggi i kurdi scen­dono in piazza in Ita­lia a soste­gno della resi­stenza di Kobane, e chie­dono di ripa­rare al torto di avere ban­dito come «ter­ro­ri­sta» il Pkk, che com­batte con­tro l’Isis e la Tur­chia, e la libe­ra­zione di Abdul­lah Oca­lan, che l’Italia ha con­se­gnato alle galere turche.

Solo accenni di un’agenda pos­si­bile, prima fra tutte la que­stione palestinese.

Baste­rebbe che il neo­mi­ni­stro non dimen­ti­casse che la Pale­stina è occu­pata mili­tar­mente da 47 anni, secondo due Riso­lu­zioni Onu. Ora la Camera dei Comuni a Lon­dra e più con­cre­ta­mente il governo sve­dese hanno rico­no­sciuto lo Stato di Pale­stina. È l’ultima occa­sione per la pace, men­tre Neta­nyahu rilan­cia ogni giorno nuove colo­nie che can­cel­lano i palestinesi.

Che farà il neoministro, visto il silenzio assordante della diplomazia italiana sui massacri a Gaza di questa estate?

E che farà per la crisi ucraina pro­dotta dalla stra­te­gia d’allargamento della Nato a Est, ai con­fini russi, ben prima della rivolta di Maj­dan? Che farà il poli­tico Paolo Gen­ti­loni di fronte alle migra­zioni di massa dei dispe­rati in fuga anche dalle nostre guerre, che la nuova mis­sione Ue Tri­ton vuole affron­tare come in una ope­ra­zione mili­tare di con­te­ni­mento nono­stante le tante bare di Lampedusa?

Allora, pace o guerra?

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