Luxleaks. Lussemburgo, ecco le carte italiane

by redazione | 8 Novembre 2014 11:45

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LO SCANDALO LUXLEAKS
I NUOVI grattacieli di Milano. I palazzi della Regione Sicilia. Le grandi banche italiane. L’industria statale delle armi. C’è un pezzo d’Italia nelle 28 mila pagine di documenti fiscali lussemburghesi scoperti dall’International Consortium of Investigative Journalists e pubblicati da l’Espresso in esclusiva nazionale.
Sono i patti segreti con il fisco del Granducato. Grazie a questi accordi, chiamati “ruling”, migliaia di investitori e società multinazionali hanno potuto ridurre al minimo le tasse su affari miliardari. I documenti disponibili riguardano solo ruling siglati con la consulenza di Pricewaterhouse Coopers (Pwc): tra i beneficiari vengono citate, in totale, 31 società con basi o interessi in Italia. Un nome su tutti: il colosso immobiliare Hines, che con i capitali raccolti in Lussemburgo ha ridisegnato, tra grattacieli e nuove strade, quattro quartieri di Milano. Hines è guidata in Italia da Manfredi Catella, a lungo finanziato da Salvatore Ligresti, poi uscito di scena causa dissesto.
L’accordo del 2010 riguarda la tassazione delle società-cassaforte lussemburghesi, finanziate con speciali strumenti chiamati “bond ibridi”, simili alle obbligazioni. Il ruling però prevede di considerarli come quote di capitale, rendendo così applicabile un regime di favore, chiamato Pex: nessuna tassa sulle plusvalenze.
In questo e in altri casi, i ruling hanno legalizzato anche un’anomala applicazione di una direttiva europea (chiamata “madre- figlia”), nata per evitare casi di “doppia tassazione”: una società-figlia è esentata dalle imposte, se a pagarle è la società-madre con sede in un altro Stato. Con i bond ibridi, però, spesso il risultato è una “doppia non tassazione”: niente imposte in Italia né in Lussemburgo. Hines Italia, interpellata da l’Espresso, ha dichiarato di «occuparsi solo dei fondi italiani». Mentre il gruppo Catella precisa di «non aver preso parte» ai ruling.
Gli accordi lussemburghesi riguardano anche un affare siglato tra Deutsche Bank e la Regione Sicilia negli anni dell’ex governatore Salvatore Cuffaro, poi condannato. Al centro c’è il fondo Global Opportunities, sotto il cui ombrello è finito un gran numero di palazzi messi in vendita dalla Regione Sicilia, che poi se li riprendeva in affitto pagando canoni milionari. Tra gli investitori compare Prelios, all’epoca controllata da Pirelli. Ora i ruling svelano le imposte sui profitti dell’affare siciliano: le società lussemburghesi pagano appena l’uno per cento.
Il gruppo Pirelli ha precisato che «nessun ruling è mai stato chiesto» da alcuna sua società, per cui «eventuali benefici fiscali» riguarderebbero altri. Nessun commento da Deutsche Bank.
Anche gruppi come Intesa San Paolo, Unicredit, Sella e Banca delle Marche hanno stretto accordi in Lussemburgo tra il 2008 e il 2010. E nei ruling spunta anche Finmeccanica: perfino l’azienda statale ha utilizzato il Granducato per pagare meno tasse. Allo stesso Stato italiano che la controlla.
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