Nella mirabolante città dell’Expo caccia aperta a chi occupa le case
Questa è una storia di miseria. Politica e sociale. Nel paese con il record dei proprietari di case (85%) si sta scatenando la caccia agli occupanti abusivi di case. Un marchio di infamia per centinaia di migliaia di poveri che non possono permettersi di esistere a prezzi d mercato. Sulla loro pelle, a Milano, il centrodestra sta impostando la campagna elettorale. Non solo per insidiare la giunta di Giuliano Pisapia.
Hanno cominciato le reti Mediaset, poi il Corriere della Sera. Morale: Milano sarebbe sotto assedio. Su 1.278 occupazioni dall’inizio dell’anno, tre su quattro hanno un colpevole: gli stranieri. Si tratta di «tentativi», ma il dettaglio interessa poco i ministri Maurizio Lupi (futuro candidato sindaco?) e Angelino Alfano. Il primo staccherebbe gas e luce anche ai bambini, il secondo ha già l’elmetto in testa: «Interverremo». Le cronache raccontano di donne straniere con figli e di «zingari» che occupano le case delle vecchiette uscite a fare la spesa.
La storia si ripete, ma non sono vaccinati nemmeno gli amministratori più avveduti. L’assessore alle politiche sociali Pierfrancesco Majorino, di solito vicino agli ultimi della terra, si lascia sfuggire un’argomentazione alla De Corato: «Smettiamola con il sociologismo d’accatto. Chi occupa va sgomberato e gli edifici vanno difesi anche sperimentando forme di sorveglianza privata» (Matteo Salvini, proprio a Milano, aveva chiesto l’intervento dell’esercito).
A Milano le occupazioni abusive sono 4.850 — tra case popolari della Regione (Aler) e del Comune. Ma per la stragrande maggioranza si tratta di occupazioni storiche (l’80%). Ci sono famiglie «abusive» che hanno occupato 25 anni fa, dopo l’ultima sanatoria. Mario T., 47 anni, disoccupato, dal 1999 suo malgrado ingrossa le statistiche. Eppure versa regolarmente l’affitto. «Pago un’indennità di occupazione — spiega — di 300 euro al mese per 45 metri quadrati. L’Aler dopo dieci anni di pagamenti regolari me ne ha chiesti 700 ma non posso pagare una cifra così». Cinque anni fa la Regione ha istituito una commissione per valutare le occupazioni caso per caso: Mario T. ci sperava, ma la commissione non è mai partita.
La situazione è sempre stata drammatica. Dopo cinque anni di crisi, lo è ancora di più. A Milano ci sono 23.500 famiglie in lista di attesa per un alloggio popolare e 1.000 sfratti esecutivi per morosità. Però Regione e Comune dispongono di 8.000 alloggi sfitti. Come si spiega? «Su circa 58 mila inquilini — dice Ermanno Ronda del Sicet Milano — c’è un turnover fisiologico, ma quando gli alloggi si svuotano nessuno se ne fa carico per ristrutturarli e riassegnarli. La Regione mette pochi soldi, lo Stato non ha ancora stanziato quelli promessi e il Comune si impegna per l’Expo ma destina pochi fondi per le case popolari». Per evitare nuove occupazioni molti appartamenti vengono distrutti. Una follia: così facendo, per essere assegnati avranno bisogno di interventi molto più costosi. Soldi che non ci sono.
Secondo Ermanno Ronda la giunta Pisapia non è esente da colpe: «L’offerta di case viene fatta col contagocce, la conoscenza del patrimonio abitativo è scarsa, la macchina operativa è lenta e questa debolezza presta il fianco a strumentalizzazioni politiche mentre la situazione è sempre più esplosiva». Ronda è perplesso anche sulla «rivoluzione» annunciata da Palazzo Marino, che dal primo dicembre assegnerà la gestione delle sue case popolari alla società Metropolitana Milanese (di sua proprietà) dopo la gestione fallimentare dell’Aler: «Non c’è chiarezza».
Chi parla di escalation strumentalizza l’aspetto più drammatico della crisi, ancora più del lavoro che manca. Alcune situazioni al limite ci sono, in quartieri dove la pressione è reale (San Siro, Giambellino, Lorenteggio). Ma è sempre stato così. Quanto alle donne rom che occupano, che altro potrebbero fare visto che la giunta ha continuato a sgomberare senza offrire soluzioni? Anche se complicata, la quotidianità nelle periferie non somiglia al far west.
Simona Fregoni, presidente della commissione case popolari di zona 9, parla di una situazione sotto controllo (nell’ultima settimana hanno evitato due nuove occupazioni). Ma è preoccupata: «Il clima è cambiato, la guerra tra poveri è dietro l’angolo, se gruppi di estrema destra aprissero sedi nelle periferie la situazione diventerebbe esplosiva».
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