Onorevole Damiano, non ci deluda

Onorevole Damiano, non ci deluda

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La vicenda del «Jobs Act», dram­ma­tica per il valore enorme della posta in gioco, si sta avvi­ci­nando al momento decisivo.

È in atto, infatti, in que­ste ore, un ten­ta­tivo di media­zione che ha per pro­ta­go­ni­sti da un lato il Mini­stro Poletti, e, dall’altro, dalla parte, cioè, della difesa dei diritti dei lavo­ra­tori, l’onorevole Cesare Damiano, espo­nente di primo piano della cd. «sini­stra» del Par­tito Demo­cra­tico, ed esper­tis­simo Pre­si­dente della Com­mis­sione Lavoro della Camera dei deputati.

La que­stione è sem­plice, e, nello stesso tempo, quanto mai insi­diosa, come subito qui sotto spiegheremo.

Va subito ricor­dato, in pro­po­sito, che il testo della legge delega («Jobs Act») uscito dal Senato è, con riguardo, anzi­tutto, alla mate­ria dei licen­zia­menti, una «delega in bianco», e, quindi, sicu­ra­mente, inco­sti­tu­zio­nale, per vio­la­zione addi­rit­tura smac­cata dell’art. 76 della Costituzione.

Infatti, nel testo della legge delega appro­vato dal Senato, la parola «licen­zia­mento» addi­rit­tura non com­pare, e lo stesso Mini­stro Poletti ha cla­mo­ro­sa­mente con­fes­sato la vio­la­zione costi­tu­zio­nale, quando al Senato ha detto che si poteva andare avanti ponendo la fidu­cia su quel testo («in bianco»), per­ché, tanto, la mate­ria dei licen­zia­menti la si sarebbe potuta rego­lare, poi, diret­ta­mente nei decreti delegati.

È stata una «gaffe» sto­rica, per­ché, appunto, ai sensi dell’art. 76 Cost, non si può disci­pli­nare nei decreti dele­gati un argo­mento che non sia già stato prima trat­tato, con la fis­sa­zione dei «cri­teri diret­tivi», nella legge di delega.

Dun­que, la cosa migliore dal punto di vista degli inte­ressi dei lavo­ra­tori, è lasciare le cose come stanno: Renzi chieda pure ed ottenga una seconda fidu­cia alla Camera dei Depu­tati, sul suo testo di legge delega «in bianco», e con­ti­nui così a «cuo­cere nel suo brodo», por­tan­dosi die­tro l’incostituzionalità della stessa legge delega, ma, soprat­tutto, poi, dei decreti nei quali la mate­ria fon­da­men­tale dei licen­zia­menti sarà final­mente disciplinata.

Invece, la media­zione di Cesare Damiano può sal­varlo, anzi, è l’unica strada che può pro­vare, quanto meno, a sanare quella inco­sti­tu­zio­na­lità, pre­giu­di­cando, per con­verso, gra­vis­si­ma­mente inte­ressi e diritti dei lavoratori.

Vediamo, allora, ancora una volta, in cosa con­si­ste la («falsa») media­zione in cui è impe­gnato l’On. Damiano, e con­tro la quale già, in altra occa­sione, abbiamo, sulle colonne de «il mani­fe­sto», azio­nato un cam­pa­nello d’allarme: il pro­getto è di intro­durre nel testo della legge delega (che, così, non potrebbe essere più «in bianco») la pre­vi­sione di man­te­ni­mento dell’art. 18 per i licen­zia­menti discri­mi­na­tori, e, per alcuni casi gra­vis­simi, di licen­zia­menti disci­pli­nari del tutto infon­dati, ma, in cam­bio, per tutti gli altri licen­zia­menti disci­pli­nari ille­git­timi, ridurre la san­zione solo ad un inden­nizzo, e, per i licen­zia­menti per motivo ogget­tivo, ovvero eco­no­mico – pro­dut­tivo, ren­derli addi­rit­tura inop­pu­gna­bili, con impos­si­bi­lità o divieto di ricor­rere al giudice.

Dopo di che baste­rebbe al datore di lavoro «eti­chet­tare» tutti i licen­zia­menti come dovuti a motivo «ogget­tivo», per avere una piena libertà di licen­zia­mento, come era più di 50 anni fa, prima della Legge n. 604/1966.

Que­sta, dun­que, non sarebbe una media­zione, On. Damiano, ma, al di là di fra­gili appa­renze, una resa com­pleta — e ver­go­gnosa per­ché velata di ipo­cri­sia — alle posi­zioni dato­riali più oltranziste.

Sarebbe un tra­di­mento, gra­vis­simo e imper­do­na­bile, dei diritti dei lavoratori.

Spe­riamo arden­te­mente che l’onorevole Damiano non cada nel tra­nello, ma i suoi pre­ce­denti non lasciano affatto tran­quilli, se si pensa, ad esem­pio, alle altre disa­strose «media­zioni» che favorì ed accettò, nel feb­braio di que­sto anno, in occa­sione del «Decreto Poletti», ossia del cosi­detto «Jobs Act 1».

Ricor­dia­mole: fece pas­sare la regola, scon­vol­gente, dell’«acausalità» dei con­tratti a ter­mine, in cam­bio di un’insignificante limi­ta­zione nume­rica dei pos­si­bili rin­novi del con­tratto; con­sentì che fos­sero tolti dal con­teg­gio del limite mas­simo del 20% di con­tratti a ter­mine sull’insieme degli occu­pati di un’azienda, i con­tratti di lavoro som­mi­ni­strato (che, quindi, pos­sono aggiun­gersi a quelli a ter­mine «diretti» senza for­mal­mente pas­sare il limite); tornò, cla­mo­ro­sa­mente, indie­tro rispetto alla stessa giu­ri­spru­denza di Cas­sa­zione, che pre­ve­deva, per il supe­ra­mento di quei limiti del 20%, la logica tra­sfor­ma­zione dei rap­porti ecce­denti in rap­porti a tempo inde­ter­mi­nato tra­sfor­mando que­ste san­zioni in una sem­plice multa.

Ono­re­vole Damiano, le rivol­giamo, dun­que, a nome di tutti i lavo­ra­tori, un’esortazione: sia, come, scher­zo­sa­mente si dice, «amico nostro e non del gia­guaro», non svenda, con false media­zioni, i diritti dei lavo­ra­tori, non lanci dei sal­va­gente al Governo Renzi, ma lo lasci con­ti­nuare la sua corsa insen­sata verso il muro dell’incostituzionalità di una legge delega «in bianco».

Spe­riamo ancora in Lei, ono­re­vole Damiano, non ci deluda.



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