Strasburgo vieta alla Svizzera di respingere i rifugiati in Italia
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«I richiedenti asilo politico rischiano di restare senza un luogo in cui abitare o di essere alloggiati in strutture insalubri». È una sentenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo, è un verdetto che condanna la Svizzera ma che al tempo stesso muove pesanti moniti all’Italia. Il 4 novembre scorso i giudici di Strasburgo con il provvedimento 326 del 2014, hanno ordinato allo stato elvetico di non rimandare in Italia una famiglia di afghani (genitori e quattro figli minorenni) arrivata in Europa dopo un’odissea su barconi, camion e treni proprio perché quei profughi, nel caso venissero restituiti all’Italia, rischiano di non avere un’adeguata assistenza umanitaria.
Il verdetto suona sicuramente ingeneroso nei confronti di quanti, da Lampedusa e su fino a Milano si occupano quotidianamente di soccorrere i disperati giunti a centinaia di migliaia dalle aree più tribolate del pianeta; ma contemporaneamente si inserisce in una diatriba sempre più accesa tra Roma e Berna. Come è noto, i migranti che approdano sulle coste italiane solo in minima parte scelgono di fermarsi nel nostro paese; quasi tutti decidono di proseguire la fuga fino a paesi del Nord o centro Europa dove possono chiedere asilo politico. La Svizzera è una delle mete e la vicenda di Golajan Tarakhel , di sua moglie Maryam e della loro prole di cui si è occupata la Corte di Strasburgo rientra in pieno in questa casistica. Di più: Tarakhel potrebbe diventare simbolo di una svolta nel trattamento dei migranti in Europa. Approdato in Calabria con la famiglia il 16 luglio 2011 dopo tappe in Pakistan, Iran e Turchia, viene alloggiato a Bari; pochi giorni dopo il gruppo, scappa e cerca di entrare in Austria; tentativo fallito che li induce a provare il passaggio in Svizzera. Qui viene avanzata la richiesta di asilo politico.
La risposta delle autorità locali è però negativa e per i migranti, ospitati in un centro di accoglienza di Losanna, si prospetta l’espulsione verso l’Italia. Lo stop arriva grazie al ricorso alla Corte Europea, secondo la quale Tarakhel e i suoi hanno diritto a restare in Svizzera. Motivo? «Tenuto conto della situazione attuale del sistema di accoglienza in Italia — è scritto nella sentenza — non è infondato che i richiedenti asilo corrano il rischio di restare senza un luogo dove abitare o che siano alloggiati in strutture insalubri o dove si verificano episodi di violenza». Perché non vengano violati i diritti degli individui dei rifugiati, sanciti dal trattato di Dublino, in pratica, la Svizzera dovrebbe accertare che i profughi possano ricevere adeguata assistenza e solo a quel punto procedere all’espulsione. Ma Berna da tempo accusa l’Italia di non controllare a sufficienza le sue frontiere e di favorire la fuga dei migranti oltreconfine. L’ufficio immigrazione elvetico, dal canto suo, ha annunciato che non terrà conto di Strasburgo e che continuerà a rinviare gli immigrati in l’Italia, limitandosi a chiedere garanzie per l’accoglienza dei minori.
Sorpreso da alcuni passaggi del verdetto si dice invece in un comunicato Christopher Hein, del Consiglio italiano dei rifugiati (Cir): «È importante comunque che la Corte riconosca che i richiedenti asilo appartengono a una popolazione svantaggiata e vulnerabile. Sappiamo che il sistema di accoglienza in Italia, nonostante i passi avanti degli ultimi mesi, presenta ancora lacune molto gravi. Speriamo che la sentenza dia l’impulso a ulteriori sforzi per l’adeguamento del sistema agli standard europei».
Claudio Del Frate
La risposta delle autorità locali è però negativa e per i migranti, ospitati in un centro di accoglienza di Losanna, si prospetta l’espulsione verso l’Italia. Lo stop arriva grazie al ricorso alla Corte Europea, secondo la quale Tarakhel e i suoi hanno diritto a restare in Svizzera. Motivo? «Tenuto conto della situazione attuale del sistema di accoglienza in Italia — è scritto nella sentenza — non è infondato che i richiedenti asilo corrano il rischio di restare senza un luogo dove abitare o che siano alloggiati in strutture insalubri o dove si verificano episodi di violenza». Perché non vengano violati i diritti degli individui dei rifugiati, sanciti dal trattato di Dublino, in pratica, la Svizzera dovrebbe accertare che i profughi possano ricevere adeguata assistenza e solo a quel punto procedere all’espulsione. Ma Berna da tempo accusa l’Italia di non controllare a sufficienza le sue frontiere e di favorire la fuga dei migranti oltreconfine. L’ufficio immigrazione elvetico, dal canto suo, ha annunciato che non terrà conto di Strasburgo e che continuerà a rinviare gli immigrati in l’Italia, limitandosi a chiedere garanzie per l’accoglienza dei minori.
Sorpreso da alcuni passaggi del verdetto si dice invece in un comunicato Christopher Hein, del Consiglio italiano dei rifugiati (Cir): «È importante comunque che la Corte riconosca che i richiedenti asilo appartengono a una popolazione svantaggiata e vulnerabile. Sappiamo che il sistema di accoglienza in Italia, nonostante i passi avanti degli ultimi mesi, presenta ancora lacune molto gravi. Speriamo che la sentenza dia l’impulso a ulteriori sforzi per l’adeguamento del sistema agli standard europei».
Claudio Del Frate
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