La svolta arriva sul clima Raggiunta un’intesa storica

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PECHINO « Vedete che bel cielo blu? Purtroppo è blu Apec: è provvisorio, svanirà dopo il vertice». È lo stesso presidente Xi Jinping a fare dell’amara ironia sull’inquinamento ormai soffocante prodotto dalla rapida industrializzazione cinese: smog solo momentaneamente svanito perché una settimana prima del vertice Asia-Pacifico il governo ha ordinato il blocco di fabbriche e centrali elettriche nel raggio di 200 chilometri da Pechino e ha ridotto drasticamente il traffico chiudendo scuole e uffici pubblici. Così ieri — oltre a discutere di sviluppo dei commerci, del ruolo geopolitico degli Stati Uniti in Estremo Oriente e delle cose da fare per evitare che le frizioni tra la superpotenza americana e la nuova potenza cinese sfocino in un’altra guerra fredda — Barack Obama e Xi Jinping hanno parlato a lungo proprio di inquinamento e mutamenti climatici arrivando a un accordo «storico» che sarà quasi certamente annunciato oggi. Lo hanno fatto prima nella passeggiata fuori programma nella Città Proibita, accompagnati solo dai loro interpreti, poi nella cena di Stato, nella residenza presidenziale di Zhongnanhai.
Ieri a Pechino è stata la giornata delle intese commerciali: le promesse di ampliare gli accordi di libero scambio più volte formulate in questi anni in sede Apec e ribadite ieri con enfasi dalla presidenza cinese, ma soprattutto l’accordo Usa-Cina per la cancellazione dei dazi che gravano sui prodotti di tecnologia digitale avanzata: dai sistemi basati sul Gps ai semiconduttori, alle apparecchiature biomedicali come Tac, risonanze magnetiche e macchine per la radioterapia anticancro. Oggi — insieme agli approfondimenti delle questioni politiche come il ruolo della Cina sul nucleare iraniano, il suo impegno nella lotta contro i terroristi dell’Isis, la mobilitazione contro Ebola — sarà il giorno dei patti sull’ambiente tra i due Paesi che di gran lunga producono più emissioni inquinanti al mondo. Per anni la firma di un nuovo protocollo paragonabile a quello siglato a Kyoto ormai 17 anni fa è stata resa impossibile dai veti incrociati: agli Usa contrari ad assumere impegni non condivisi anche dalle nuove potenze emergenti (e assai inquinanti), Pechino replicava che un Paese ancora in via di sviluppo, con grosse sacche di povertà, non può essere assoggettato agli stessi vincoli imposti alle nazioni industrializzate della parte più ricca del mondo.
Una rigidità che si è attenuata di recente: la Cina ha capito che deve cambiare modello di sviluppo non per fare un favore al mondo industrializzato ma perché l’intero Paese sta diventando una camera a gas, mentre Obama — che sull’ambiente ha un nervo scoperto fin dal fallimento della conferenza di Copenaghen del 2009, il suo primo insuccesso a livello internazionale — vorrebbe chiudere la sua esperienza alla Casa Bianca firmando un nuovo protocollo sul clima alla conferenza mondiale che l’Onu terrà l’anno prossimo a Parigi.
L’incontro bilaterale a sorpresa di ieri alla Città Proibita e la cena-fiume durata due ore più del previsto fanno ben sperare per intese tra le due grandi potenze più ampie di quelle ipotizzate alla vigilia. Accordi in campo militare per evitare che incidenti isolati nei territori contesi tra Pechino e altri Paesi dell’area possano sfociare in conflitti. Ma anche un maggior coinvolgimento del governo di Pechino nella gestione delle grandi questioni mondiali, dall’emergenza per Ebola alla lotta contro i terroristi dell’Isis, alla pressione sull’Iran perché rinunci a ogni programma nucleare militare. Un rasserenamento dei rapporti tra le due capitali annunciato ieri mattina dall’accordo per l’eliminazione delle barriere tariffarie sull’hi-tech. L’ultima intesa in sede Wto risale a 16 anni fa, quando molte delle tecnologie oggi più diffuse nemmeno esistevano. Ma tutti i tentativi di aggiornarne i contenuti erano fin qui naufragati. Poi, nei giorni scorsi, la svolta che ora dovrebbe rendere possibile un nuovo accordo nell’ambito dell’Organizzazione mondiale del Commercio.
Mentre sul libero scambio gli Usa, pur andando avanti col loro progetto (l’alleanza Tpp che esclude la Cina) hanno deciso di non ostacolare il progetto «alternativo» sostenuto da Pechino, il Ftaap, che, dopo otto anni di negoziati, è ancora a livello di studio di fattibilità .


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«Lo spread è sceso e scenderà  ancora», ha ripetuto Monti a più riprese. E, anche ieri, il differenziale dei tassi tra i Btp italiani e i Bund tedeschi ha fatto un nuovo passettino indietro scendendo poco sopra i 360 punti base, ovvero il 3,6%. Ovvero oltre 210 punti in meno rispetto ai massimi del duo Berlusconi/Tremonti.

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