Tobin tax: l’Europa non decide

Tobin tax: l’Europa non decide

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Nuova riu­nione con­clusa con un nulla di fatto a Bru­xel­les per la tassa sulle tran­sa­zioni finan­zia­rie (Ttf), tra i mini­stri delle finanze dei 28. “Si gira in tondo” ha rias­sunto un diplo­ma­tico, su una tassa che in linea di prin­ci­pio dovrebbe venire decisa entro l’anno per entrare in vigore nel 2016. Solo 11 paesi su 28 sono d’accordo per imporre la Tobin tax in Europa (Ger­ma­nia, Austria, Bel­gio, Esto­nia, Fran­cia, Gre­cia, Ita­lia, Por­to­gallo, Slo­vac­chia, Slo­ve­nia e Spa­gna). Gli altri sono all’attacco, minac­ciano un blocco e hanno già pre­sen­tato un ricorso alla Corte di giu­sti­zia. Joe­ren Dijs­sel­bloem, mini­stro delle finanze olan­dese, spiega che è “dif­fi­cile imma­gi­nare una Ttf che non abbia un impatto sulla Ue nel suo insieme”. Del resto, non c’è nep­pure accordo tra gli 11 che, sulla carta, sareb­bero d’accordo per appli­carla. Ogni paese guarda prima di tutto ai pro­pri inte­ressi. C’è accordo su un’imposizione dello 0,1% sugli scambi di azioni, rag­giunto nel mag­gio scorso. Ma la Fran­cia adesso frena sulla tas­sa­zione dei pro­dotti deri­vati, che avreb­bero dovuto essere tas­sati allo 0,01%. Il pro­blema per Parigi è che le grandi ban­che fran­cesi, Bnp e Société Géné­rale in testa, sono i cam­pioni euro­pei dei pro­dotti deri­vati e adesso minac­ciano il governo di delo­ca­liz­zare l’attività in paesi senza tassa. Il mini­stro delle finanze, Michel Sapin, ha cosi’ timore di pena­liz­zare uno dei set­tori dove la Fran­cia è più attiva. La Ger­ma­nia, al con­tra­rio, vor­rebbe una Ttf più bassa, ma appli­cata a tutti i pro­dotti finan­ziari. La Tobin tax fa parte dell’accordo di governo con­cluso tra Cdu e Spd. Il mini­stro delle finanze, Wol­fgang Shäu­ble, pre­oc­cu­pato dallo scan­dalo Lux­leaks, ha affer­mato ieri che “l’Europa deve avan­zare anche in mate­ria fiscale, in caso con­tra­rio distrug­ge­remo il soste­gno pub­blico all’integrazione euro­pea e anche alla demo­cra­zia”. I pic­coli paesi, invece, temono di rimet­terci in ter­mini di entrate fiscali.

Le ong gri­dano allo scan­dalo. Una parte dei pro­venti della Ttf avrebbe, difatti, dovuto essere ver­sata all’aiuto allo svi­luppo. Secondo Oxfam France, l’indecisione dei mini­stri delle finanze “è la prova di quello che diciamo da mesi: la rinun­cia da parte della Fran­cia a una Ttf ambi­ziosa, capace con­tem­po­ra­nea­mente di rego­lare la finanza e di gene­rare entrate fiscale mas­sicce”. Il mer­cato dei deri­vati, difatti, è quello più impo­nente (ed è quello che più rischia di tra­sfor­marsi in bolla finan­zia­ria). E’ cre­sciuto del 10% negli ultimi due anni, supe­rano il mezzo milione di miliardi di euro. Secondo i dati della Com­mis­sione, avrebbe dovuto por­tare nelle casse degli stati 21 miliardi di euro (con­tro solo 4,6 miliardi per il mer­cato azio­na­rio). E’ facile imma­gi­nare che il grosso topo nel for­mag­gio che gli euro­pei hanno eletto alla testa della Com­mis­sione, il lus­sem­bur­ghese Jean-Claude Junc­ker, non farà nulla per andare con­tro l’opposizione del suo paese alla Ttf.



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