USA. Dietro i numeri della crescita restano le disuguaglianze

USA. Dietro i numeri della crescita restano le disuguaglianze

Loading

Si sostiene che le ele­zioni negli Stati Uniti dipen­dano dallo stato dell’economia, secondo il famoso ada­gio «it’s the eco­nomy, stu­pid» con il quale Clin­ton vinse l’elezione alla Casa Bianca con­tro George Bush, troppo impe­gnato a cele­brare i suoi suc­cessi in poli­tica estera.

Obama viene eletto il 4 novem­bre 2008, poche set­ti­mane dopo il crack di Leh­man Bro­thers. È l’anno della Grande Reces­sione, la disoc­cu­pa­zione si impenna dal 5% al 10% nel giro di pochi mesi. Il numero di disoc­cu­pati passa da 7 milioni a 15 milioni. Il potere di acqui­sto del red­dito medio di un lavo­ra­tore nel 2010 scende allo stesso livello del 1968.

Obama di fatto ere­dita un’economia sull’orlo del col­lasso. Eppure sei anni dopo i numeri sem­brano dar­gli ragione. Diver­sa­mente dal caso dell’Europa, inges­sata dal patto di sta­bi­lità, negli Usa viene pro­mosso un incre­mento di spesa pub­blica per soste­nere l’economia. Lo sforzo è enorme, e si vede dai numeri del debito pub­blico, che dal 66% in rap­porto al Pil del 2008, sale al 103% alla fine del 2012. Tec­ni­ca­mente la reces­sione negli Stati Uniti ter­mina nel secondo seme­stre del 2009 e dura solo dodici mesi. Dal primo seme­stre del 2010 l’economia rico­min­cia a cre­scere a tassi oltre il 2% fino al 2014. Anche i dati sull’occupazione sem­brano dare ragione alle poli­ti­che di sti­molo di Obama. Dal picco della disoc­cu­pa­zione regi­strato nell’ottobre del 2009, pari a 15,4 milioni di indi­vi­dui, si è scesi a 9,4 milioni nello scorso mese di set­tem­bre. Per effetto della crisi si stima siano stati persi quasi 9 milioni di posti di lavoro. Tut­ta­via il tasso di disoc­cu­pa­zione nell’estate 2014 ha rag­giunto livelli pre-crisi. Il con­fronto con l’Europa è impietoso.

Ma allora per­ché gli elet­tori hanno boc­ciato l’operato di Obama? Il pro­blema è che die­tro i numeri inco­rag­gianti di cre­scita eco­no­mica e occu­pa­zione restano dei nodi irri­solti. Due in par­ti­co­lare: la disu­gua­glianza e il mer­cato del lavoro.

Dalla fine degli anni ’70 alla fine del 2012 la quota di red­dito pos­se­duta dal più ricco 1% della popo­la­zione è rad­dop­piata: dal 10% al 20%. Dal 1980 la quota di red­dito dete­nuta dalla classe media è dimi­nuita dram­ma­ti­ca­mente: nel 2012 il 90% meno ricco della popo­la­zione detiene il 23% della ric­chezza, circa la stessa quota che si regi­strava nel 1940.

Se l’economia ame­ri­cana è comun­que tra le più dina­mi­che dei paesi avan­zati, resta però il nodo di come la cre­scita viene distri­buita nella società. Se la cre­scita pro­duce ulte­riore disu­gua­glianze, e i salari della wor­king class riman­gono fermi ai livelli di venti anni fa, allora i risul­tati usciti dalle urne non sono poi tanto sor­pren­denti. Non è un caso che da alcuni son­daggi molti cit­ta­dini ame­ri­cani riten­gono che gli Stati Uniti siano ancora in recessione.

Il secondo nodo riguarda il mer­cato del lavoro, ed in par­ti­co­lare due fat­tori: la par­te­ci­pa­zione della forza lavoro e il lavoro part-time. La par­te­ci­pa­zione della forza lavoro riflette la misura in cui i cit­ta­dini cer­cano atti­va­mente lavoro. La disoc­cu­pa­zione si cal­cola infatti come rap­porto tra disoc­cu­pati e forza lavoro, men­tre non entrano nel com­puto coloro che non cer­cano atti­va­mente lavoro. La ricerca attiva di lavoro è dimi­nuita in modo sostan­ziale dalla fine della reces­sione anche se il tasso di disoc­cu­pa­zione è sceso. L’appiattimento del tasso di par­te­ci­pa­zione della forza lavoro dalla fine dell’anno scorso potrebbe in parte riflet­tere indi­vi­dui sco­rag­giati. Non tro­vando lavoro, molti escono dal mer­cato e smet­tono di cercarlo.

Il secondo fat­tore che porta a stime di fra­gi­lità del mer­cato del lavoro è l’elevato numero di lavo­ra­tori che sono occu­pati a tempo par­ziale, ma desi­de­rano lavo­rare a tempo pieno. Per que­ste due ragioni, di recente, il pre­si­dente della Fede­ral Reserve Janet Yel­len ha dichia­rato espres­sa­mente che «il calo del tasso di disoc­cu­pa­zione in que­sto periodo esa­gera il miglio­ra­mento delle con­di­zioni com­ples­sive del mer­cato del lavoro».



Related Articles

Droghe, resta il dubbio sul decreto in Gazzetta

Loading

Il ministero della Giustizia (non) puntualizza sul nuovo testo relativo alla legge sulle droghe pubblicato in Gazzetta ufficiale

Banche e utili privati, costi pubblici

Loading

Nei giorni scorsi Le Monde titolava sconsolato in prima pagina «La finanza mondiale ritorna agli eccessi di prima»

Barriera anti-profughi Il (nuovo) piano Ue

Loading

Dal confine macedone sono transitati circa 38 mila migranti dall’inizio dell’anno Un muro per sigillare il confine Grecia-Macedonia La proposta slovena piace a Bruxelles e agita Atene che resterebbe isolata

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment